«La Clinica Santa Chiara sta assumendo»

«La Santa Chiara all’inizio dell’anno rischiava di fallire. Abbiamo garantito la gestione corrente almeno fino al 2022, iniettando nuovi capitali, con l’obiettivo di riportare la clinica in una situazione di tranquillità finanziaria. Resta una fase delicata, ma non stiamo licenziando, anzi assumiamo nuovo personale». Così il direttore della Clinica Luganese Moncucco, Christian Camponovo, parla del presente e del futuro dopo l’acquisto contrastato della struttura sanitaria locarnese.
Un’operazione, quella dell’acquisizione da parte della Clinica Luganese Moncucco, che non è proprio filata liscia...
«Si era cominciato a parlarne alla fine del 2020, poi, all’ultimo momento, poco prima dell’assemblea dello scorso mese di maggio, che doveva sancire il passaggio di proprietà, si è inserito il gruppo Swiss Medical Network a cui in seguito qualche medico azionista della clinica ha ceduto le quote. Mi pare che l’ultima assemblea del 21 luglio abbia chiarito come stanno le cose: la Moncucco è l’azionista di maggioranza della Santa Chiara, dunque può portare avanti un progetto di risanamento e rilancio che conta su importanti sinergie con la nostra Clinica di Lugano».
E quali sono queste sinergie con la Clinica Moncucco?
«Premetto che Moncucco e Santa Chiara collaboravano già da tempo con trasferimenti di pazienti e sinergie sulle cure stazionarie per alcuni interventi specialistici ad esempio nel campo della medicina del tratto gastrointestinale. Ricordo, tra l’altro, come cliniche private, davanti al Tribunale amministrativo federale nel 2019 avevamo vinto insieme il ricorso contro la pianificazione ospedaliera cantonale, con una sentenza che ribadì che le decisioni sulle attribuzioni dei mandati sanitari non potevano basarsi su considerazioni estranee alla determinazione oggettiva del fabbisogno, al confronto dell’economicità e alla verifica dei requisiti di qualità».
In che reparti?
«Oggi la situazione della clinica locarnese è critica, ma ci sono settori come la ginecologia/ostetricia e la chirurgia spinale, non presenti alla Moncucco, che stiamo sviluppando alla Santa Chiara. Poi ci sono collaborazioni nei servizi di supporto come radiologia e anestesia. E naturalmente l’integrazione della gestione amministrativa, il rapporto con i fornitori, sono altri settori che devono correre in parallelo. Il concetto di fondo è che a nostro parere nel Locarnese e in tutto il Sopraceneri ci sia bisogno di un’offerta sanitaria alternativa a quella dell’EOC e la Santa Chiara, con le possibilità che insieme possiamo sviluppare, possa egregiamente tornare ai buoni livelli di quattro o cinque anni or sono, dunque un punto d’eccellenza della sanità locarnese».
Durante la fase critica del passaggio di proprietà il personale della Santa Chiara era preoccupato. Ora com’è la situazione occupazionale?
«È pur vero che non abbiamo rinnovato i contratti di alcuni dipendenti assunti provvisoriamente per far fronte all’emergenza COVID e che abbiamo dovuto concludere due o tre collaborazioni che la precedente proprietà aveva iniziato per progetti che non sono mai stati avviati, ma altrimenti non abbiamo licenziato nessuno. Abbiamo ancora un paio di situazioni da sistemare, ma non abbiamo fatto e non abbiamo in previsione tagli. Anzi, stiamo assumendo tramite concorsi per il personale sanitario. A breve poi assumeremo anche quattro o cinque medici specialisti per il Pronto Soccorso per uniformare gli standard dell’emergenza della Santa Chiara a quelli della Moncucco».


E i rapporti con il gruppo Swiss Medical Network, l’azionista di minoranza?
«È l’azionista di minoranza e come tale deve adeguarsi alle decisioni della maggioranza che è saldamente in mano alla Clinica Moncucco. Ultimamente ha reclamato la restituzione del prestito di 1,5 milioni che aveva permesso il pagamento degli onorari medici, di alcune fatture arretrate e degli onorari degli amministratori. Forse si deve interpretare come un segnale di disinvestimento o forse vi sono altri motivi che ci sfuggono».
Sul piano degli investimenti avete qualche asso nella manica?
«Ogni struttura sanitaria deve investire e ammodernarsi. Sulla parte immobiliare, la clinica ha bisogno con una certa urgenza di essere ammodernata e soprattutto riordinata perché gli interventi sono stati solo puntuali e non sempre hanno permesso di ottimizzare la logistica. Pensiamo di destinare circa 20-25 milioni nei prossimi cinque anni».
E considerando la «fame» di spazi e di macchinari, sarebbe azzardato pensare ad una costruzione ex novo della Santa Chiara? Magari con un Pronto Soccorso al piano terra e non al quarto piano come l’attuale?
«L’infrastruttura ha i suoi anni e le sue «pecche» dettate dal tempo e da scelte non sempre azzeccate e per questo necessita di una radicale ristrutturazione. La precedente gestione aveva elaborato un interessante progetto di costruzione ex novo della clinica che richiedeva però uno spostamento che oggi non mi sembra proponibile. Alternative ci sono sicuramente, ma come detto le priorità sono la riorganizzazione di alcuni reparti, il recupero di attrattività come struttura sanitaria di base e la «ripartenza» di alcuni reparti con le sinergie da mettere in campo con la Moncucco. L’investimento immobiliare necessario alla costruzione di una nuova clinica, pur percorribile anche se si parla di una quarantina di milioni, o un risanamento pressoché totale, con un investimento comunque consistente, sono le due strade che stiamo approfondendo. Nel corso di quest’anno arriveremo a definire un «masterplan» della parte immobiliare e della logistica, che comprenderà il trasferimento del Pronto Soccorso al piano terra, così come una diversa sistemazione della radiologia».
Facendo i dovuti scongiuri, la Santa Chiara, come la Moncucco, rientra nelle strutture per la gestione dell’emergenza COVID?
«Sì, possiamo allestire in breve tempo un reparto COVID e siamo disposti a dare il nostro contributo al Locarnese».
E la percentuale di vaccinati tra il personale?
«Viaggia intorno al 90%, mentre il resto usufruisce dei controlli tramite tamponi salivari».