«La guerra è cominciata»
Questa è una lettera scritta da Teresa Mkhitaryan, donna armena che vive in Svizzera, fondatrice dell’associazione Il Germoglio, con sede a Lugano, che si occupa di promuovere progetti umanitari in Armenia.
Stavo entrando in banca, quando ho ricevuto una chiamata dal Nagorno Karabakh, da parte di un caro amico, Gagik. «È urgente, o ti posso richiamare dopo che esco dalla banca?», chiedo. «È cominciata la guerra, ci bombardano da tutte le parti: droni, bombe, carri armati... - dice lui -. Io e mio padre abbiamo preso un fucile e andiamo con altri uomini a difendere la nostra terra. Non c’è quasi nessuna speranza, per ogni uomo armeno, i turchi hanno un carro armato, sono in migliaia, le bombe cadono dal cielo come la pioggia. Quindi ho chiamato per salutarti, forse non ci parleremo mai più» (gli azeri hanno ammazzato suo fratello, anche la mamma era morta. Erano rimasti solo lui e suo papà).
Ero così scioccata dalla notizia che sono stata in silenzio. Non mi uscivano le parole. L’ho salutato e un paio di minuti dopo come se avessi realizzato la brutta notizia, l’ho richiamato ma non mi ha più risposto.
La disperata ricerca
Da dicembre gli azeri avevano assediato, bloccato completamente il Nagorno Karabakh.
È da dicembre che cerco il cibo qua e là quasi ogni giorno per la gente assediata. Gagik era uno dei ragazzi che aiutava lì sul posto. L’ultima volta avevamo trovato un po’ di gasolio per miracolo, 12 euro al litro, e Gagik con un altro ragazzo bravissimo erano andati da un villaggio all’altro a cercare un po’ di cibo per la gente della città. Hanno faticato tutto il giorno, portato grandi pesi, hanno trovato un po’ di grano, un po’ di fagioli, mele e tanta uva. E visto che benzina e gasolio mancano completamente, lungo le strade tante, tante persone gli hanno chiesto di dare loro un passaggio, di portare del cibo ai loro parenti in città.
Sono tornati molto tardi a Stepanakert, la capitale del Nagorno Karabakh, Gagik e il suo amico, felicissimi di aver portato per la gente tante cose da mangiare. Hanno dato ai nostri preti e diaconi tutto il cibo che avevano comprato dai contadini, così che loro il giorno dopo potessero distribuirlo alle persone della città.
Alle 23.30 Gagik e il suo amico hanno finito di scaricare le cose in chiesa. Gli ho proposto di stare in città, dormire là da qualche amico. Ma lui assolutamente non ha voluto: « Gli azeri ci possono attaccare ogni minuto, mio padre sta da solo in casa, nel villaggio. Non lo posso lasciare da solo. Se succede qualcosa, voglio essere vicino a lui». Così si è messo in cammino… 18 km a piedi, stanchissimo dalla giornata per non lasciare il padre da solo.
Il giorno dopo, la domenica - il 16 settembre, i nostri preti hanno distribuito l’uva dopo le messe in due chiese a circa 600 persone. Tutti erano molto felici. Ai bambini mancano tanto i dolci, era una vera festa.
Ultimamente era diventato molto difficile trovare il cibo. C’erano dei villaggi che per 15 giorni non avevano più il pane, c’era gente che sveniva dalla fame. I genitori non lasciavano uscire i bambini a giocare per non fargli perdere energia. I capi del governo del Nagorno Karabakh in questi ultimi giorni erano molto preoccupati, perché le riserve stavano per finire completamente. Gli azeri hanno lasciato entrare soltanto un camion di aiuti umanitari, che però (mi ha detto il mio amico del governo) sono andati ai peace-keeper russi.
E poi questa chiamata di Gagik sull’attacco azero… «La guerra è cominciata».
Forze impari
Non è neanche una guerra, perché in una guerra tutte e due le parti combattono. Qui da una parte ci sono gli azeri, una nazione molto ricca con 10 milioni di persone e dalla nostra parte solo 120 mila armeni, assediati e affamati da dicembre. Tra questi 120.000 armeni, 30.000 sono bambini. Poi donne, anziani… Come fanno i politici europei a dichiarare che l'Azerbaigian, che è tra gli ultimi paesi del mondo per livello di libertà, tratterà gli armeni del Nagorno Karabakh con grande umanità e rispetto per le loro tradizioni e religione?
Come si può pensare ad una convivenza con gli azeri che ti vogliono uccidere fisicamente e vogliono anche eliminare tutta la tua storia e tutto il tuo patrimonio culturale?
Tutta la comunità internazionale è stata a guardare in silenzio, totale silenzio, come gli azeri da dicembre volevano far morire di fame i 120 mila armeni. Tutti sapevano e nessuno faceva niente. Un paio di show qua e là, ma niente.
Ci sono pochissime persone che difendono gli armeni. Ma tutti quelli che difendono l’Armenia lo fanno per amore, per amicizia, senza nessun interesse …Questo mi dà tanta pace. Invece non c’è nessuno che difende l’Azerbaigian per amore, tutti difendono i loro interessi per la benzina, per il gas e per i soldi.
Il 20 settembre mi sono alzata alle 6, ho mandato un messaggio a tutti gli amici in Nagorno Karabakh. Ho chiesto di mettere un + a quelli che erano vivi… Ogni + che arrivava, mi faceva tanto felice. Un ragazzo mi ha scritto: «Teresa, anche se io muoio, non mettermi mai -, metti sempre +, perché io ci sarò sempre...».