«La guerra in Ucraina uccide anche cani e gatti»
Della guerra degli uomini contro altri uomini c’è chi non può in alcun modo difendersi, chi può soltanto provare a fuggire. Andando comunque incontro a un destino drammatico.
Nelle guerre degli uomini contro altri uomini, gli animali da compagnia non hanno spesso scampo. La loro sorte è segnata.
A Kiev, da due anni e mezzo si vive nell’incubo delle incursioni russe. Gli allarmi missilistici sono continui. La distruzione è ovunque. La gente è fuggita, ha abbandonato le proprie case. Ha cercato riparo altrove. E molte volte non ha voluto - o potuto - mettere in salvo il proprio «fido».
Tra le macerie, quelle umane oltre che materiali, qualcuno ha però deciso di offrire protezione e riparo ai tantissimi cani e gatti rimasti senza futuro. Scegliendo, per farlo - e pur avendo molte altre alternative - di rimanere nell’Ucraina in guerra.
Nella sua straordinarietà, la storia di Tamara Tarnawska - ex giornalista di origini norvegesi con un passato di collaboratrice dell’ONU di Ginevra - è in realtà di quelle facili da raccontare. Dopo essere stata tra i più battaglieri e determinati oppositori del presidente filorusso Viktor Yanukovich, Tamara ha dato vita a «Sos Animal Kiev» e ha messo in piedi, a poco meno di 10 chilometri dalla capitale ucraina, un rifugio che oggi ospita un migliaio di cani e quasi 300 gatti. Animali ai quali, con ostinazione e irriducibile risolutezza, Tamara ha offerto riparo, chiedendo aiuto e sostegno a chiunque potesse offrirglielo.
Situazione disastrosa
A distanza di quasi mille giorni dall’inizio della guerra di occupazione scatenata dal capo del Cremlino Vladimir Putin, l’ex giornalista denuncia una situazione disastrosa. E lancia un appello. Chiede aiuto. Anche alla Svizzera, Paese nel quale ha a lungo lavorato.
«Viviamo in condizioni difficilissime - racconta collegata via WhatsApp da Kiev - i russi bombardano in continuazione, spesso non abbiamo energia elettrica e nemmeno acqua. La situazione del canile è tragica. La gente continua a fuggire e ad abbandonare gli animali, che poi i militari portano da noi. Chi può, ci dia una mano».
Le difficoltà sono crescenti perché «non abbiamo più donazioni - dice ancora Tamara Tarnawska - tutti i soldi finiscono in armi e medicinali, dirottati poi verso l’Esercito. Sinceramente, allo stato attuale non so come potremo sopravvivere all’inverno».
Al cronista che le chiede perché faccia tutto questo, Tamara risponde in modo semplice. Riassumendo, in poche parole, gli ultimi anni della sua vita. «Sono una giornalista, ho lavorato all’ONU sia a Ginevra sia a New York - racconta - ma sono anche un’animalista convinta. La prima volta che sono venuta a Kiev, da Ginevra, 27 anni fa, ho visto come qui si uccidevano gli animali e sono rimasta scioccata. Ho raccolto un po’ di fondi e sono tornata in Ucraina, dove ho creato il primo canile privato grazie anche all’aiuto del sindaco di Kiev, il quale ci diede il terreno su cui costruire la struttura. In tanti ci hanno sostenuto, anche nomi noti al grande pubblico: da Alain Delon a Brigitte Bardot, all’Aga Khan. Poi nel tempo, purtroppo, sono spariti tutti».
Soltanto tre collaboratrici
Con Tamara, nel rifugio di Pirogovo, lavorano soltanto tre persone. Tre giovani donne. «Facciamo tutto noi, compresi i controlli notturni», dice l’ex giornalista. Che a Le Matin, qualche mese fa, aveva confessato: «per difenderci, abbiamo anche imparato a lanciare le bombe molotov».
Il fatto è che il pericolo, quasi sempre, arriva dall’alto. Dai missili russi lanciati in modo indiscriminato dall’Esercito di Mosca contro obiettivi civili e militari. «I cani, soprattutto quelli più anziani, muoiono di paura. Non resistono al fragore delle esplosioni».
La parola che ricorre più di altre nel vocabolario di Tamara Tarnawska è «catastrofe. Davvero, non so come descrivere quanto ci sta accadendo. Attorno a me vedo soltanto distruzione e paura».
Nel canile manca praticamente tutto. Di notte gli animali sono sistemati in gabbie, ma quasi sempre sono al buio. Non c’è corrente elettrica ed è impossibile offrire ripari riscaldati. «Mi chiedo sempre come potremo proteggerli, tra pochi mesi, dal terribile freddo invernale».
Il problema più grande, ovviamente, è il cibo. Sfamare un migliaio di cani e quasi 300 gatti richiede grandi quantità di alimenti, e sia acquistarli sia farli arrivare al rifugio è diventato, con la guerra, sempre più complicato. «In questo momento, gli animali mangiano un po’ di tutto, in particolare cibo secco - dice ancora Tamara Tarnawska - ma tutto è diventato molto caro. Abbiamo risorse per un paio di mesi, poi i soldi finiranno. Non so che cosa potremo fare se non avremo nuovi aiuti».
In passato, a dare una mano al rifugio di Pirogovo ci aveva pensato Natasha Mazur, direttrice del canile municipale di Kiev e della clinica veterinaria della capitale ucraina. Subito dopo lo scoppio della guerra, Mazur era riuscita a far arrivare all’SOS Animal Center 500 chilogrammi di cibo. Raccolte di fondi a favore della struttura di Tamara Tarnawska erano sono state anche organizzate da alcune ONLUS svizzere e francesi, nonché da un’associazione di Amburgo che era riuscita a noleggiare un camion per trasportare cibo e medicine al rifugio.
Sul profilo Facebook di Tamara Tarnawska sono indicate le modalità dei possibili aiuti da destinare al centro di Pirogovo. Come donare, in sostanza. Anche cifre piccole.
L’appello dell’ex giornalista è chiaro, esplicito: «Aiutateci - dice - in ogni modo e in ogni forma possibile. Fateci sentire il vostro sostegno». Il tono è forte, la voce ferma. Nonostante tutto. Perché quello che Tamara non sembra voler prendere in considerazione, nemmeno alla lontana, è una resa. Non finché sarà in grado di aiutare i suoi amati randagi, ai quali ha scelto di dedicare la propria vita. «Andiamo avanti da 27 anni, non lasceremo certo adesso».