La leggenda dell’armatore

A cinquant’anni dalla morte, arriva in libreria curata da Anna Folli una originale e accurata biografia dell’armatore greco Aristotele Onassis (Smirne- Turchia 20 gennaio 1906 - Neuilly-sur-Seine - Francia, 15 marzo 1975), racconta gli aspetti più eclatanti e contrastanti di un uomo che nella vita pare avesse un unico obiettivo: «Prendersi tutto. Io, Aristotele Onassis» (Neri Pozza, 448 pagine). In libreria dall’11 marzo.
Signora Anna Folli: la sua su Onassis è la biografia di un uomo fenomenale, tenace, coraggioso, assai fortunato nella prima parte della sua vita, poi un po’ meno, ma molto solo anche in mezzo alla gente?
«Tengo a precisare che il libro non è una biografia nel senso classico ma un’opera narrativa: racconta la vita del magnate, un maschio sciovinista entrato nel mito come una specie di monumento all’ingordigia degli uomini. Definito da Churchill «un indovinello avvolto in un mistero all’interno di un enigma», svela un uomo sempre più intraprendente, attivo come un vulcano che erutta ingegno e come Re Mida trasforma tutto in oro. Al culmine della sua grandezza economica, possedeva oltre ottanta società in dieci diversi Paesi, proprietà in ogni parte del mondo, dipendenti che lavoravano in terra, in mare e nel cielo, petroliere che navigavano negli oceani, un’isola meravigliosa trasformata in un Eden mediterraneo, un panfilo così lussuoso da suscitare l’invidia di ogni armatore».
Aveva accumulato un bel po’ di roba…
«Si, ma pare non bastasse ad appagarlo, e così i tanti amori. Ha avuto molte donne, ma quelle che hanno contato sono molto poche. La prima che ha amato veramente per nove anni fu la figlia di un armatore norvegese, poi la scaricò un po’malamente. Ha voluto molto bene a Tina Livanos (quasi 25 anni più giovane di lui) madre dei suoi figli Alexander (morto a 23 anni in un incidente aereo) e Christina. Ma la passione della sua vita è stata Maria Callas con la quale c’era una grandissima complicità. Non si sono lasciati mai anche se non l’ha sposata, e continuarono a incontrarsi anche quando lui era sposato con Jacqueline Kennedy dalla quale pare volesse divorziare: ma la morte del figlio e la malattia lo fiaccarono, e non ne ha avuto più la forza».
Come iniziò la favolosa avventura di Onassis?
«Da una strage. Dopo l’occupazione dei turchi della natia Smirne nel 1922, che portarono morte (decine e decine di migliaia le vittime) e terrore nella città, da adolescente lottò per la sua sopravvivenza e della sua famiglia impoverita dagli occupanti che l’avevano depredata di tutto. Emigrò in Argentina dopo essere sfuggito a una condanna a morte. Arrivò senza un soldo, ma riuscì presto ad arricchirsi. Aveva un fiuto spropositato per gli affari e la voglia di rischiare. E dopo il crollo di Wall Street nel 1929 con intelligenti speculazioni riuscì a imporre il suo nome al mondo, sinonimo di ricchezza illimitata».
La sua avidità, il propulsore che gli dava slancio per nuovi arrembaggi affaristici?
«La sua avidità non aveva scrupoli morali. Ma questo non sarebbe bastato. Lui era più veloce degli altri in tutto. Era capace di lavorare per 48 ore di seguito senza mai smettere, veloce nelle intuizioni e nelle decisioni ed era più bravo degli altri nel concludere affari. Il suo primo milione di dollari (non ancora con le navi, ma con il commercio del tabacco) l’aveva guadagnato a poco più di vent’anni».
La speculazione e la corruzione, mezzi per ottenere ciò che si era prefisso?
«Il suo modo di fare era sempre sul filo del rasoio. Ma non tutto quello che faceva era fuorilegge. Un affare incredibile che stipulò con l’Arabia Saudita, finì male, ma seppe riprendersi anche da quella batosta e a imporsi come un uomo senza limiti. Aveva grande resistenza e si buttava in tante iniziative che poi andavano bene. Quando costruì le prime colossali petroliere tutti pensavano che sarebbe stato un fallimento. Invece aveva visto giusto e la sua intuizione lo fece diventare ancora più ricco».
Aveva una coscienza politica in qualche modo, o amor di patria che dir si voglia?
«Onassis amava il suo paese ed era interessato alle sue vicende, ma lo shock subito a Smirne da ragazzo è alla base di tutta la sua vita. Aveva sofferto per il padre imprigionato e per l’adorato zio Alessandro impiccato dai turchi. E da allora decise di non occuparsi di politica così come sempre gli aveva raccomandato il padre. Non prese posizione nemmeno durante la seconda guerra mondiale e flirtò con i colonnelli greci dopo il golpe del 1967, ma solo per promuovere o salvaguardare i suoi interessi».
Era vendicativo di fronte ai giochi messi a punto dal suo concorrente e cognato, l’armatore Niarchos?
«Niarchos era un diavolo nei confronti di Onassis che anche se non era un angelo, era grande nel bene e nel male: benché fosse un personaggio discutibile, aveva degli slanci di generosità e umanità. Niarchos era un calcolatore, odiava e invidiava Onassis anche per ragioni sentimentali: pure lui voleva sposare Tina Livanos, e quando lei scelse il rivale, ripiegò sulla sorella Eugenia. Dopo il divorzio da Onassis sposò anche Tina dato che nel frattempo era rimasto vedovo. Ma tra i due, quello più vendicativo era Niarchos: il loro duello è durato tutta la vita».
Su cosa si reggeva l’amicizia con Churchill?
«Quando scoppiò la seconda guerra mondiale, Churchill era primo ministro e per Onassis era l’uomo giusto al posto giusto. Lo conobbe ad una festa e lo ammirava talmente che si emozionò. Quando poi divennero amici, Churchill trascorse tantissime crociere sullo Yacht di Onassis con la moglie Clementine e il suo entourage. Onassis aveva per lo statista delle attenzioni e delle delicatezze. che non aveva con nessun’altro. Assieme spesso discutevano di storia e commentavano versi dell’Iliade».