«La mia vita sopra i tetti, sulle orme di papà»
L’autunno è alle porte e l’agenda di dello spazzacamino è più fitta del solito. Prima che arrivi il generale inverno, ci sono camini, canne fumarie, stufe e caldaie da liberare dalla fuliggine accumulatasi durante l’anno. Perciò intercettiamo Rebecca Galli al volo, tra un appuntamento e l’altro. Per la ventiduenne di Morbio inferiore, anche questa mattinata è intensa: dapprima deve occuparsi di un camino a Novazzano, in seguito di una caldaia a nafta a Coldrerio. Deve fare veloce, perché nel pomeriggio schizzerà nel Sopraceneri per affrontare insieme ad Andrea, uno dei suoi colleghi formatori, altri tre comignoli. In Ticino il lavoro non manca per gli spazzacamini.
Gli strumenti del mestiere
Quando giungiamo al suo primo appuntamento, fatichiamo a vederla, nascosta come è dietro lo sportellone del furgoncino dell’impresa. Sta cercando qualcosa tra una miriade di strani aggeggi, per questo ci dà le spalle. Capelli corvini e tuta nera, Rebecca sembra mimetizzarsi con tutti quegli strumenti dal colore del carbone.
«Eccola!», dice la giovane voltandosi verso di noi con il volto serio e concentrato. In mano tiene una delle tante spazzole disposte con grande ordine all’interno del furgoncino, accanto agli aspiratori di polvere e acqua, alle aste a rulli, agli scovoli di tutte le grandezze e alle taniche di solventi.
Figlia d’arte
Rebecca ha alle spalle un percorso professionale a zig zag. Dopo aver terminato la scuola commerciale, si è confrontata con diverse professioni. Cassiera, baby sitter. Ha persino imboccato la via militare. «Una bella avventura, ma ho scoperto che dopo questa esperienza far carriera in grigioverde non mi interessa». Ora è al suo primo anno di apprendistato di spazzacamino. Una scelta piuttosto atipica per una figlia della generazione Z. Tuttavia, non è stato un fulmine a ciel sereno, perché Rebecca conosce il mondo degli spazzacamini come le sue tasche.
La giovane è figlia d’arte: fu suo papà Stefano, scomparso prematuramente, ad avviare l’impresa che ha sede a Morbio Inferiore. Le redini sono poi passate a mamma Genevieve, la quale porta avanti con coraggio l’attività messa in piedi con impegno e sacrificio da suo marito. Rebecca ha sempre avuto il pallino per questo mestiere. Appena poteva, seguiva suo papà al lavoro e quando lo vedeva muoversi con l’agilità di un gatto sui tetti si diceva «un giorno salirò pure io lassù».
Meglio la stanchezza fisica che mentale
Quando la ragazza comunicò alla mamma l’intenzione di lanciarsi in questo avventura, lei non fece balzi di gioia. «Non è stato facile convincerla, perché era preoccupata per via del mio fisico esile» ricorda la giovane. Alla fine, dopo tanto insistere, Genevieve capitolò. Offrì alla figlia il posto d’apprendista nella sua ditta con mille raccomandazioni.
«È vero, è un mestiere duro. Ora sono alle prime armi e aiuto soltanto a portare gli attrezzi, ma prima o poi dovrò spostare scale e alzare pesi. Sarà sempre più impegnativo. A dire il vero già ora, quando torno a casa, faccio la doccia, mangio e poi mi addormento. Tuttavia, preferisco di gran lunga la stanchezza fisica a quella mentale», annota la giovane, ripromettendosi di tornare presto a fare esercizi per aumentare la sua massa muscolare.
Un lavoro sporco
Terminato il caminetto di Novazzano, voliamo a Coldrerio, dove ci attende la caldaia di una casa privata. La proprietaria non sembra per nulla sorpresa di ritrovarsi di fronte uno spazzacamino donna. «Che problema c’è – commenta la pensionata - Io ho lavorato per anni nelle ferrovie dove i colleghi erano tutti uomini». Rebecca adora questo mestiere, glielo si legge in faccia, anche se la fuliggine che si infila dappertutto rende la vita difficile. Ormai è un lavoro sporco, certo «ma se c’è la passione, nulla ti può fermare. Io al mattino mi sveglio sempre contenta; mi basta vedere un camino per capire quanto siamo importanti».
Mentre Rebecca inizia ad armeggiare con gli strumenti, Andrea non la perde d’occhio. Quando la ragazza sbaglia, lui la corregge con fermezza. «È come a scuola, quando hai un bravo maestro tutto sembra più facile» chiosa Rebecca. Andrea è un uomo di poche parole ma di grande esperienza. È uno spazzacamino che sa cosa vuol dire infilarsi nelle canne fumarie, come facevano tanti figli delle valli più di un secolo fa. Allora schiere di bambini venivano strappati dal grembo delle loro mamme e portati in Italia e in Francia per via del loro fisico esile, che li faceva passare dai camini più stretti. E «più il camino è stretto, più ti senti soffocare, t’arriva addosso tutta la fuliggine, anche col sacco in testa devi respirare…» come raccontava Gottardo Cavalli di Calezzo, un giovane delle Centovalli partito in Piemonte a otto anni. La sua drammatica testimonianza che risale agli inizi del Novecento è custodita nell’Archivio cantonale.
Il potere delle donne
Oggi non si entra più nei camini: per pulirli, si usano trapani speciali. Anche la figura dello spazzacamino ha cambiato pelle: non è più solo il manutentore delle canne fumarie dei caminetti, ma deve anche fare in modo che l’impianto fumario sia sempre efficiente e che non presenti anomalie. «Mi accorgo che certi impianti sono complicati: finché siamo in due ci si aiuta, ma quel giorno in cui finirò l’apprendistato dovrò fare tutto da sola e allora dovrò essere pronta». Rebecca ha poche settimane di apprendistato alle spalle, eppure riceve già complimenti che le riempiono il cuore. «Che bello! È da quaranta cinque anni che non vedo uno spazzacamino donna», le ha detto l’altro giorno un signore, allungando 20 franchi di mancia a lei e 10 al suo collega. «Apprezzano il fatto che io sia donna», dice Rebecca.