La nuova avventura di Laura Barriales
Nasce a Leon, in Spagna, e appena sedicenne inizia a sfilare in passerella girando il mondo. Laura Barriales è approdata in Italia grazie al lavoro nel mondo della moda. Per poi diventare il volto di svariati programmi televisivi calcistici. Il suo amore (segreto)? La Juventus. Oggi vive a Lugano con il marito Fabio e i suoi due figli, Melania e Romeo, e tra qualche giorno inizierà una nuova avventura televisiva in Ticino, dove il protagonista è il calcio.
Di cosa si tratta?
«In occasione dei Mondiali di calcio in Qatar avrò la possibilità di seguire le partite con la RSI. Ho sempre amato questo sport, quando vivevo in Italia ho partecipato a molti programmi sportivi come Tiki Taka e Notti Mondiali, ho inoltre collaborato con vari progetti FIFA. Dunque quale occasione migliore?».
Cosa l’ha spinta verso questo sport?
«Mi piacciono i giochi di squadra e poi adoro intervistare le persone: ricordo che quando mi capitava di parlare con i giocatori, avevo con loro un approccio molto amichevole, non volevo parlare di tecnicismi, quanto di loro come persone. Spesso dimentichiamo che anche dietro ai grandi campioni ci sono delle persone con una vita privata e una sensibilità».
Si dice frequentemente che i giocatori di calcio «se la tirano». È vero?
«Sicuro. Ma io odio la gente così. Ad esempio - per saltare di palo in frasca -, ricordo ancora quando stavo girando la fiction Squadra mobile. Eravamo a Cinecittà e proprio accanto al nostro set stavano girando un film con Cameron Diaz. All’ora di pranzo gli attori della mia fiction avevano mille richieste per il cibo, erano super esigenti. Poi vedevi a fianco a noi Cameron Diaz, che di premi cinematografici ne ha vinti a bizzeffe, che mangiava per terra un panino senza farsi troppi problemi. Ho detto tutto. La grandezza sta nelle cose semplici, mi dispiace che - soprattutto i giovani - non lo comprendano».


Qualche allusione alla vita - perfetta e sfarzosa - sui social network?
«Beh, certamente. Poi è sicuramente una questione generazionale».
In che senso?
«Se ora avessi 20 anni forse seguirei molto di più i social network. Mi impegnerei ad intrattenere i miei follower con video su Tik Tok ad esempio. Ma un conto è essere «social», un conto è essere socievole».
E lei come si definirebbe?
«Sicuramente socievole, allegra, estroversa e inclusiva. Ma molto poco social. A me non piace vendere la mia vita privata per suscitare l’interesse delle persone. Mai stata così».
Neanche da ventenne?
«Prima di sposarmi con Fabio, qualche storiella l’ho avuta anche io. Ci mancherebbe. Ma non ho mai fatto in modo di attirare l’attenzione dei rotocalchi con scandali sentimentali. Quindi non ero così interessante per i paparazzi perché non ho mai puntato le luci sui drammi personali».
Scelta voluta quindi.
«Sì, perché anche ora, che è così facile curiosare nella vita altrui tramite i social network, odio farlo, mi pare di perdere tempo. Forse però è anche questione di cultura. Ho notato che nei paesi latini, in Italia come in Spagna, il gossip è atteso, ricercato, le persone vivono delle gioie o degli scandali degli altri».
E in Ticino?
«Invece - altro lato della medaglia - ho la percezione che a Lugano, ma anche in Ticino in generale, non sia così. Qui mi sento apprezzata come persona».
Spagna, Italia e Svizzera. Dove si sente a casa?
«Prima di diventare mamma smaniavo per la vita mondana, infatti quando mi sono fidanzata con Fabio dopo un periodo passato a Lugano l’ho costretto a fare il «frontaliere dell’amore» e vivere a Milano. Ma oggi, che qui ho tanti amici e svolgo tante attività, non lo cambierei con nulla al mondo. Mi trovo benissimo, mi sento al sicuro e a mio agio. Vogliamo mettere la tranquillità di una passeggiata al Parco Ciani con i bambini senza l’ansia che ti sparisca la borsetta o addirittura un bambino se ti distrai un attimo a giocare con loro?».
…e che mamma è Laura Barriales?
«Penso di essere molto presente, mi piacciono le regole. Ad esempio rimprovero mio marito quando sta al telefono davanti ai bambini. Perché io non ricordo che i miei genitori stessero con un oggetto sempre in mano quando ero piccola, anzi mi davano ascolto, parlavano con me. Dunque vorrei fare lo stesso con i miei figli. Ci tengo molto al dialogo e vorrei che loro sentissero la mia disponibilità e il mio interesse a parlare con loro».
Quindi ha avuto dei genitori molto presenti?
«Beh… ho iniziato a sfilare a 16 anni e mia madre non mi ha lasciata solo neanche ad uno shooting fotografico fino ai 20. È stata la mia guida. Io ero molto responsabile perché i miei genitori per permettermi di realizzare il mio sogno hanno fatto tanti sacrifici. Mio padre era un commercialista e faceva gli straordinari per poter pagare i biglietti aerei a mia mamma».
Che mamma è stata?
«Ho fatto moltissime esperienze grazie a lei, non mi ha mai tarpato le ali o impedito di fare qualcosa ma mi ha sempre spiegato i pro e i contro delle esperienze, facendo scegliere a me. Penso che questo sia l’atteggiamento giusto che un genitore deve avere affinché il figlio comprenda da solo la strada da percorrere».