«La pace va difesa con le armi, Putin potrà essere fermato solo con la forza»
L’attacco russo contro l’Ucraina il 24 febbraio 2022 era stato annunciato da molti segnali. Innanzi tutto il fatto che dopo il 2014 non si poteva parlare di politica storica: era considerata pura propaganda niente a che vedere con la storia reale. E poi l’adozione delle cosiddette leggi sulla storia che vietano parallelismi e confronti storici e tutto ciò che, dal punto di vista del potere, sminuisce la grandezza del luminoso passato. Al tempo della Perestroika in Russia c’erano tante speranze, ma poi con l’arrivo di Putin, la Russia ha preso un’altra strada». Parla con voce ferma e un timbro deciso Irina Šcerbakova (Mosca, 1949), storica e saggista, co-fondatrice negli anni Ottanta della ONG indipendente «Memorial» costretta da un tribunale russo alla chiusura due mesi prima della guerra, perché nei suoi comunicati aveva definito l’intervento della Russia in Ucraina un’aggressione.
La ONG è rinata a Ginevra come l’Araba Fenice e continua il suo lavoro in diversi Paesi del mondo, e lei per la sua instancabile attività nel 2022 ha abbandonato la Russia per la Germania, e nello stesso anno è stata insignita del Premio Nobel per la pace. Un riconoscimento al quale ora si è aggiunto Il Premio Hemingway che le è stato assegnato a Lignano Sabbiadoro come «Testimone del nostro tempo» perché, secondo le motivazioni della Giuria, ha «dimostrato che oggi esiste un’altra Russia oltre quella dipinta dalla propaganda del governo di Mosca: la Russia dei ventimila arrestati per azioni dimostrative contro la guerra, delle proteste quotidiane contro i processi farsa». A Lignano Sabbiadoro ha presentato anche il suo ultimo libro Famiglia, umanità e repressioni sovietiche (Marcianum Press, 120 pp. 16 €) in cui racconta delle vittime dello stalinismo con delle interviste ai sopravvissuti. L’abbiamo intervistata.
Signora Scerbakova, a causa della guerra in Ucraina, c’è paura ora in Russia?
«Non userei la parola paura, ma direi che c’è una forte angoscia, la sensazione che ci troviamo in un momento storico terribile per l’Europa. La notte del 24 febbraio 2022 ho trepidato di fronte alle immagini dell’attacco all’Ucraina e potete immaginare che effetto abbia fatto questo su una persona come me. Immediatamente ho abbinato queste immagini alla Seconda Guerra mondiale e all’orrore di una enorme catastrofe. L’unica speranza era che l’Occidente avesse finalmente capito (e che l’Europa avrebbe risposto in modo compatto), chi è Putin, che bisognava agire subito, E questo in un certo senso è avvenuto da parte dei politici di molti Paesi che hanno capito la minaccia e che bisognava aiutare l’Ucraina».
Chi è veramente Putin? Un nuovo Stalin?
«La dittatura di Stalin si poneva come obiettivo di non lasciare nessuno spazio alle persone anche all’interno della famiglia e di distruggere tutti i legami più stretti sia tra marito e moglie sia tra genitori e figli. Putin non è Stalin e al momento non ha una forza sufficiente per attuare pressioni di massa, quindi le persone ancora possono trovare rifugio nella vita privata, ma vediamo delle tendenze molto preoccupanti. Putin fa condannare avversari politici a parecchi anni di carcere per cose di poco conto o le fa eliminare. Il Passato non è la strada verso il futuro. Con questa guerra Putin ha fatto una scelta terribile e il suo carattere s’è innervato totalmente nel potere e nel conflitto. Io sono pacifista, ma quando occorre la pace va difesa con le armi: Putin potrà essere fermato solo con la forza, e il mio appello per la pace invita tutti a fare il possibile per fermare Putin».
Quali sono gli obiettivi di Putin?
«Putin vuole fermare l’allargamento dell’Est verso l’Europa, e può essere che nella sua emarginazione ci sia l’immagine di Stalin come simbolo della vittoria nella grande guerra patriottica che è il principale simbolo di Putin. Io spero che l’Occidente sia molto forte, così anche Putin ha qualcosa da temere, soprattutto dopo che nella NATO sono entrati Paesi che erano stati sempre neutrali come la Svezia e la Finlandia. E di questo Putin ha paura, e perciò continua a minacciare di usare armi nucleari. Tutto questo è un ricatto ma è anche l’ultimo elemento a sua disposizione. Putin ha paura, e ha fatto la guerra all’Ucraina perché temeva che un’Ucraina indipendente sarebbe diventata del tutto una potenza occidentale. Nella popolazione ha inculcato l’idea che in Ucraina fossero saliti al potere fascisti, nazionalisti e antisemiti, sfruttando il linguaggio della Seconda guerra mondiale e premendo sui punti dolenti della coscienza nazionale».
In qualche modo Putin incarna il passato sovietico?
«Il legame col passato c’è e se il passato non viene elaborato come si deve può tornare a colpire ancora. La Russia non ha mai fatto i conti con il passato, Stalin non è mai stato condannato, anche perché un pronunciamento del Parlamento in proposito non c’è. Penso che la possibilità di prendere coscienza della colpevolezza dell’Unione Sovietica ci sia stata quando nelle scuole c’erano diversi manuali di storia a disposizione e gli insegnanti potevano scegliere, cosa che non era mai successa prima. Verso la fine degli anni Novanta gli studenti si erano fatti un’idea di quello che era stata l’Unione sovietica e che cosa aveva rappresentato. Però questa consapevolezza era rimasta in superficie e Putin è riuscito a far fare dei passi indietro con nuove lezioni di patriottismo nelle scuole, che portano al nazionalismo e alla giustificazione della guerra in corso».
Ma i russi cosa ne pensano della guerra all’Ucraina? L’approvano?
«La Russia non sostiene la guerra. Chi la critica viene imprigionato e così anche chi protesta per delle cose ridicole come tingersi i capelli di giallo o d’azzurro, per non parlare delle cose più gravi. In qualche modo c’è una resistenza e una opposizione, ma in una dittatura è difficile effettuare sondaggi, e su quelli che circolano si discute se si possano prendere per veri. La situazione reale è questa: c’è una piccola parte della società la quale ritiene che Putin non sia abbastanza aggressivo e si fa appello all’uso delle armi nucleari: ma si tratta di una parte limitata. Dall’altra c’è la maggior parte della società che ha un atteggiamento molto critico ed è assolutamente contraria alla guerra. In più occasioni ha protestato anche se in modo silenzioso. Ai funerali di Navalny che è stato un fiero avversario politico di Putin e sicuramente è stato ucciso in carcere - nonostante non fosse sicuro farlo -, c’erano centinaia di persone. E poi c’è anche una larga parte della società russa che non è favorevole alla guerra, perché la guerra non è popolare, non suscita fanatismi o entusiasmi nella popolazione. Ma benché scontenta, questa parte della società si adatta e si nasconde alla guerra: anche se c’è un conflitto in corso, la vita deve continuare e pur non approvando la guerra dicono che Putin l’ha iniziata ed è lui che deve portarla a termine. E non è possibile immaginare che la Russia possa perdere questa guerra. Questo è da escludere. Deve vincere».
Ma una vittoria russa è possibile secondo lei?
«Non c’è altra via d’uscita. L’Ucraina potrà avviare dei negoziati solo se potrà discutere da una posizione di forza. Ma questo al momento appare impossibile. Se l’Occidente non aiuterà l’Ucraina, se l’Europa non capirà qual è la sua grande responsabilità, se l’America non sosterrà ancora l’Ucraina la sua caduta sarebbe per l’Occidente un’enorme sconfitta sul piano morale, politico, ed economico. Abbiamo visto la forza dell’esercito di Putin e sappiamo che difficilmente si piegherà ad una soluzione pacifica senza tornaconto. A suo favore c’è anche un altro fattore molto importante».
Quale?
«Il denaro. I militari che vanno in guerra sono pagati molto bene e questo è importante per gli strati della popolazione più povera. In qualche modo è un incentivo alla guerra. In Russia è difficile trovare un lavoro, gli stipendi sono molto bassi, entrare nell’esercito ed avere una paga cospicua è quanto di meglio uno possa aspettarsi. E ciò predispone ad uccidere, ad aggredire. Stesso discorso per l’industria bellica che produce a ritmo continuato e le persone che lavorano alla produzione di armi sono pagate benissimo perché assicurano col loro lavoro di rifornire continuamente il fronte ucraino».