La pizzeria chiude per sfratto
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«Quella pizzeria è come un figlio. Mi piange il cuore». Sofia (nome di fantasia, ndr) si emoziona e non può fare altrimenti. Perché la pizzeria di cui è responsabile dal 2012, anno in cui è stata aperta a Cassarate, presto o tardi chiuderà per sfratto. Il capitolo finale di una vicenda che si trascina da anni. Anni di «liti condominiali» tra l’amministrazione della pizzeria e la proprietà dello stabile, con quest’ultima accusata dalla prima di non aver svolto alcuni lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria, come il ridimensionamento della canna fumaria. Il cui malfunzionamento avrebbe causato non pochi problemi di salute alla pizzaiola, riducendone la capacità respiratoria e procurandole un’asma cronica. La proprietà dello stabile lamenta dal canto suo diverse mensilità di affitto non pagate. Da qui l’intimazione di sfratto. Che potrebbe diventare esecutivo a giorni.
Sofia è dispiaciuta, perché la sua pizzeria, sostiene, ha fatto scuola a Lugano. «Siamo stati i primi a portare in città la vera pizza napoletana. Abbiamo osato, ci hanno preso in giro ma poi ci hanno copiato tutti», spiega. Ma antesignana Sofia è stata anche per un’altra specialità napoletana: la pizza fritta. «Prima di noi nessuno la offriva, oggi ce l’hanno tutti anche quella, anche se...». Anche se nessuno, Sofia ne è convinta, la fa come la fai lei, che come per la pizza classica usa solo prodotti napoletani di qualità, dalla mozzarella alla salsa di pomodoro, nulla è lasciato al caso nella «sua» pizzeria di Cassarate che degli ingrendienti di qualità e delle ricette fa proprio il suo vanto. «A essere pignoli nessuno ci mette la stessa cura che mettiamo noi», afferma. Eppure... eppure tra qualche giorno si chiuderà per sempre. Almeno a Cassarate. Lasciando senza lavoro Sofia e altre due persone.
Tutto questo quando «un accordo con la proprietà si poteva trovare - si rammarica la pizzaiola - ma non c’è stato verso, anche se sembrava cosa fatta, all’ultimo momento per volere della proprietà dell’immobile è saltato tutto». L’accordo provedeva l’entrata di un altro inquilino in subaffitto. Una possibilità che avrebbe permesso di continuare l’attività della pizzeria, mantenendo marchio e personale.
Rammarico, dispiacere ma anche rabbia. Sono questi invece i sentimenti dell’amministratore della pizzeria, secondo il quale nei confronti della sua società c’è stata una sorta di malcelata invidia condita da una punta di razzismo. «Più volte ci hanno mandato la polizia, che ci ha anche dato una multa di 100 franchi per aver posato un tavolino di vetro all’esterno. Senza parlare delle lettere anonime e dei molti danneggiamenti subiti». Un clima di ostilità che si è aggiunto al periodo non facile per la ristorazione iniziato con il Covid e proseguito nei mesi successivi. Mettendo in ginocchio più di un esercizio pubblico.