Il personaggio

La signora del burlesque

Karin Hochapfel racconta come è nata la sua scuola in Ticino: «Al primo spettacolo a Chiasso è venuta la polizia»
Andrée-Marie Dussault
19.01.2025 16:00

Quando arriva al teatro della Cambusa a Locarno per il corso settimanale, le «ragazze» - donne fra i 35 e gli 65 - l’aiutano a scaricare le sue borse della macchina. «Un trasloco!», ride. Nei grandi sacchi blu, c’è di tutto: boa di piume di tutti i colori, guanti di raso lunghi fino ai gomiti, parrucche bionde platino o lunghi ricci neri, ghette a rete, corpetti di pizzo, corsetti di seta, stivali in vinile rossi alti fino metà cosce…

Karin Hochapfel ha creato nel 2010 l’unica scuola di burlesque del Ticino. Unghie dorate brillanti, capelli rossi medio-lunghi, occhi penetranti blu scuri. Hochapfel ha origini tedesche, ha 64 anni e ne dimostra almeno dieci di meno. E ancora meno quando, riscaldandosi prima di cominciare la lezione, fa la spaccata come se niente fosse. O quando balla scatenata sul palco su un brano hard rock con tacchi di quindici centimetri e un costumino di cuoio, i capezzoli coperti da due stelline nere. E viva la vita!

Le emozioni e la mente

Seduta mentre sorseggia un cappuccino davanti al lago Ceresio al ristorante La Cala, a Melide, Karin spiega che il burlesque «permette alle donne di riconnettersi con il loro potere femminile, che non risiede solo nelle emozioni e nella mente, ma anche nel corpo e i suoi movimenti». Il burlesque - tradizionalmente un genere di spettacolo satirico dove le ballerine danzano e cantano più o meno svestite - può a priori sembrare leggero e superficiale. Ma è un lavoro energetico, profondo, «che può sciogliere blocchi importanti della personalità», assicura Karin che nella sua formula di burlesque intreccia diverse conoscenze: sciamanismo, lavoro spirituale, coaching, canto e recitazione.

Ai suoi corsi (a Locarno e Lugano), ci sono donne che quando arrivano a lezione hanno pochissima stima di loro stesse, che non si trovano belle, magari perché non corrispondono ai canoni della pubblicità. Dice che nel corso degli anni ha visto tante di loro trasformarsi. «Vedo donne che si liberano, che sbocciano». Cita l’esempio di una quarantenne molto timida, madre di tre bambini, molto condizionata dalla morale cristiana, che durante il suo percorso è diventata astrologa e proprietaria di un negozio fiorente.

Andare sul palco è una terapia

«Prima diceva che non sarebbe mai salita su un palco e che in nessun caso avrebbe mostrato il seno. Invece dovete vederla oggi quando si esibisce; è super sicura di sé stessa e non si vergogna di farsi vedere! Andare sul palco è una terapia - sostiene Karin - si affrontano i giudizi (i nostri e quelli degli altri), permette di liberarsi, di perdere inibizioni, di espandersi, dandosi al mondo, e simultaneamente, concedendo anche agli altri di aprirsi». Alcune delle sue ex allieve ormai si esibiscono pubblicamente come artiste.

Figlia unica, Karin è cresciuta in una pasticceria-salon de thé in un piccolo paese della Germania dell’ovest. Abitava con i genitori, lo zio - maestro pasticciere - la zia, tre cugine più piccole, e le sette sorelle della nonna. «Vivevamo in una casa molto grande!», precisa. Più tardi ha studiato la storia dell’arte a Göttingen per poi formarsi all’Accademia di belle arti di Freiburg. «Quando ho detto ai miei genitori che volevo fare l’artista è stato un dramma», racconta sorridendo. Dopo, al beneficio di una borsa di studio, si è recata a Palermo dove ha vissuto diversi anni facendo la pittrice.

Da Palermo all’Inghilterra

Poi, all’alba dei suoi 40 anni, in un momento di «grande crisi», ha visto in un negozio biologico l’annuncio di un seminario per donne su «sesso, denaro e potere». «Mi sono detta: li voglio tutti!». Si è iscritta. È stata la svolta del suo percorso. Al seminario le è stato detto che doveva andare sul palco, che la sua tipologia di persona ne aveva proprio bisogno. Prima si è rifiutata. In seguito si è resa conto che aveva rimosso il fatto che da bambina ballava e cantava sempre. Dopo la scuola intratteneva i clienti nella pasticceria. Però si è sempre sentita dire di stare zitta, ch’era troppo, e quindi, per essere accettata, si era raggomitolata su sé stessa.

Ha imparato a cantare in fretta. Ha fatto una scuola di coaching. Ha creato diversi spettacoli, in particolare commedie musicali, in Germania e in Inghilterra dove ha vissuto sette anni. Ha messo a punto un proprio stile; canta musica classica (Carmen, La Traviata…) e fa burlesque; lo chiama «operotica». A Londra le sue attività andavano a gonfie vele ma a un certo punto la sua relazione sentimentale è diventata tossica e ha deciso di spostarsi in Ticino dove viveva il padre di suo figlio. Era nel 2009 e in Svizzera ha ricominciato tutto da capo.

In tredici alla prima lezione

Aveva aperto una scuola sciamanica in Toscana, con insegnamenti matriarcali ispirati dagli indiani dell’America. Lì, una studentessa le ha chiesto di insegnare a lei e alle sue amiche il burlesque. La sua primissima lezione contava tredici donne. «Un numero molto speciale». Dopo un po’ ha trovato un locale per esibirsi a Chiasso. «La sera dello show, c’erano due macchine della polizia davanti a controllare cosa combinavo!». Ha poi insegnato in Veneto, in Toscana, a Milano e finalmente in Ticino. «Qua trovo che le donne siano più inibite, sono meno connesse con la loro femminilità; le italiane invece sentono di più il fardello della colpa e la paura di essere giudicate», osserva. «Durante le lezioni settimanali - confida Karin - ci si diverte un sacco, ci si sfoga e ci facciamo tante risate. Spesso le ragazze arrivano stanche morte della loro giornata e ripartono alle 22 cariche di energie». Inoltre, tra le donne si creano forti legami di sorellanza.

Karin racconta la storia di una donna che aveva una relazione nociva e ha trovato il coraggio di lasciare il marito. «Ci ha giurato che senza il sostegno del gruppo, non ce l’avrebbe mai fatta». Karin fa anche coaching individuale che abbina con il burlesque. Così in questi ultimi anni ha aiutato donne a realizzare il loro potenziale creativo a guadagnare fiducia in loro stesse, a fare risalire la loro femminilità, a trovare un partner, ad avere bambini…

«Ci vuole tanta energia»

Il burlesque stimola «la gioia, la creatività e la capacità di creare la propria realtà attraverso i sensi e il corpo, del quale il cervello è solo una piccola parte», sostiene. «Con lo sciamanismo ho capito cos’è il potere femminile. Passa per il corpo, non ci sono altre strade. E noi donne, siamo tutt’altro che delle vittime!». E più sono intelligenti, «più le donne si raccontano», rileva. Sostiene che la scissione corpo-mente non esiste. «Ci vuole tanta energia per mantenere questa divisione artificiale».

«L’energia femminile è ricettiva», sottolinea Karin; le donne sono fatte per creare, sono magnetiche e per ricaricarsi hanno bisogno di sentire gioia, energia vitale e sessuale. Invece l’energia maschile è lineare, concettuale, vetturale. Stima che oggi i maschi sono deboli anche perché non hanno un bersaglio; le donne non osano vivere il loro potere magnetico attrattivo, che è diverso dalla seduzione.

«Per la donna - conclude Karin Hochapfel - è importante seguire l’intuito e la strada dell’allegria, e farsi vedere; sono bisogni primordiali».

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