La sostenibilità delle aziende, un valore colto da pochi
Secondo un’analisi dell’agenzia AWP, i rapporti di sostenibilità delle aziende svizzere quotate in borsa, sono stati approvati dalle assemblee generali degli azionisti con una media del 97% dei voti. Alcune associazioni degli azionisti, attive da anni sul fronte della sostenibilità, ritengono che molti rapporti dovrebbero invece essere rimandati al mittente a causa «della scarsa qualità dei dati pubblicati e della presenza di obiettivi ambientali non abbastanza ambiziosi». Le voci critiche sollevano inoltre un altro quesito: i rapporti di sostenibilità vengono letti e capiti? Effettivamente, i rapporti di sostenibilità delle grandi aziende superano ormai spesso le 200 pagine, molti testi sono ricchi di informazioni tecniche, di acronimi e di dati e, proprio per questo motivo, non sono un invito ad essere letti e compresi.
Rapporti di sostenibilità chiari e trasparenti possono invece velocizzare l’acquisizione di competenze (interne ed esterne alle imprese) e favorire le collaborazioni, in particolare per promuovere la decarbonizzazione e l’inclusione sociale.
Oggi, gli standard internazionali utilizzati dalle imprese per redigere i rapporti di sostenibilità hanno un elevato grado di complessità e lasciano grandi margini di interpretazione. Chi, all’interno delle aziende, ha la responsabilità di redigere tali rapporti deve al contempo: studiare i vari standard (compresi i continui aggiornamenti), formare i colleghi incaricati della raccolta dei dati, nonché convincere la direzione e il consiglio di amministrazione che dotarsi di una strategia trasparente di sostenibilità, definendo anche obiettivi di riduzione delle CO2 entro il 2030 e il 2050, sia un fattore di competitività e non di rischio aziendale. Dall’anno prossimo, le grandi aziende svizzere dovranno pubblicare anche la loro strategia sui cambiamenti climatici e dunque comunicare le azioni e gli obiettivi relativi alla riduzione dei rischi finanziari associati all’aumento globale delle temperature (pericolo di allagamenti, incendi, frane, siccità, ondate di calore, ecc.). Un esercizio che impone alle imprese la raccolta di informazioni sugli scenari futuri relativi ai cambiamenti climatici e l’analisi delle ripercussioni sul proprio business.
Una responsabilità che, se maggiormente condivisa, potrebbe facilitare molti processi. Ad esempio: è efficace che l’analisi dei rischi climatici sia portata avanti da ogni singola azienda? L’Amministrazione cantonale mette già a disposizione gratuitamente in internet mappe sui rischi legati ai cambiamenti climatici e l’Amministrazione federale fornisce già strumenti di analisi di questi rischi ai Comuni. Se i Comuni mettessero a disposizione delle imprese del loro territorio tali informazioni, tutte le aziende potrebbero, in maniera più trasparente e collaborativa, contribuire alla mitigazione e alla gestione dei rischi ambientali. Poi, come possono le imprese definire con certezza i propri obiettivi di dimezzamento delle CO2 entro il 2030, se è ancora incerto come si raggiungeranno tali obiettivi a livello federale? È pur vero che, a volte, i rapporti di sostenibilità sono ancora poco trasparenti, ma è anche vero che la chiarezza sugli obiettivi di sostenibilità da raggiungere dovrebbe essere il più possibile collettiva e condivisa tra settore pubblico e privato.