La vera libertà è non mettere tutto sui social
L'assurdità della mia professione è curiosa: più si espone la propria vita personale, più successo si ha. Negli ultimi dieci anni, fenomeni come il reality dei Kardashian hanno trasformato le celebrità da figure misteriose a persone comuni sui social media, che discutono apertamente delle loro vite, dalle rotture sentimentali alle battaglie contro l’acne.
Prima dell’avvento dei social, anche io nel mio lavoro mediatico dovevo affidarmi ai giornalisti, sperando che rappresentassero la mia immagine in modo veritiero, anche se spesso venivo ritratta in modo caricaturale.
Oggi, grazie ai social, tutti i personaggi pubblici possono controllare la loro narrativa, evitando la strumentalizzazione mediatica. Questo mi ha permesso di costruire un brand (una marca) personale, libero dai tradizionali guardiani ma non senza un costo: il pubblico chiede sempre più rivelazioni personali. Ciò che una volta era semplice curiosità si è trasformato in un desiderio insaziabile di conoscere ogni dettaglio della mia vita quotidiana.
Ma nonostante la continua pressione e curiosità, io ho sempre scelto di mantenere precisi confini, concentrandomi su ciò che so fare meglio: discutere di moda, business e bellezza. Condivido occasionalmente le mie opinioni sulla vita, ma ho deciso di non diventare mai un reality show ambulante.
In un ambiente in cui l’esposizione equivale a valuta, la privacy ma anche il valore del momento vissuto vengono quasi cancellati. Eppure - pur facendo la content creator - io non ho mai fatto né un viaggio, né un’esperienza solo perché era «fotogenica». Se viaggiare diventa stressante, mi prendo una pausa per lavorare da casa, indipendentemente da quanto «noioso» il mio contenuto fra le quattro mura possa essere percepito dai miei followers. La priorità deve sempre essere la salute mentale e l’esperienza vissuta. Viviamo in un’epoca in cui il «qui e ora» viene sacrificato per una gratificazione digitale effimera. Troppo spesso ci sentiamo obbligati a documentare ogni momento, perdendo di vista il valore dell’esperienza stessa.
Le piattaforme digitali sfruttano i nostri sistemi di ricompensa dopaminergici, portandoci a vivere per lo spettacolo piuttosto che per la vita reale. Questa ricerca incessante di approvazione erode la privacy, spingendo tutti a dare più importanza all’apparenza delle loro vite. La vera libertà sta nel decidere quanto condividere e cosa mantenere privato. Questo equilibrio è l’essenza della padronanza di sé: riconquistare il controllo della propria identità e della propria vita.
Detto da me può sembrare quasi un paradosso, ma in un mondo sempre più virtuale, è fondamentale ricordare che la vera connessione avviene al di fuori degli schermi. Che tu sia una celebrità o una persona comune, il valore della privacy e delle esperienze autentiche è universale. Trovare gioia di stare nel momento e coltivare relazioni significative che non possono essere misurate in termini di likes. In fondo, ciò che conta davvero è come viviamo la nostra vita, non come la mostriamo.