L'altra faccia dell'allenatore
Due bambini sono scesi dall’auto dei genitori, sono corsi verso di me e guardandomi, hanno gridato «Crus, Crus, ci fai l’autografo?». È successo pochi giorni fa a Castel San Pietro, poco prima dell’allenamento. Cosa c’è di strano? Nulla, se non che la persona in questione non era Mattia Croci-Torti, bensì suo cugino Gioele, allenatore dell’AS Castello, squadra che milita in seconda divisione.
E non è la prima volta che i due cugini vengono scambiati: «Indosso spesso un cappellino e le mie movenze sono molto simili a quelle di mio cugino Mattia e ogni tanto capita di sentir gridare il suo nome. Ormai ci ho fatto l’abitudine».
Gioele, 34 anni, fresco papà di una bambina (nata il 30 dicembre scorso), ci ride su, anche perché essere scambiato per l’allenatore del FC Lugano non è la cosa peggiore del mondo. Soprattutto se tra i due esiste un bellissimo rapporto, nato da piccoli:
«Ci sentiamo spesso, per me lui è sempre stato un punto di riferimento, una persona che sa ricaricarmi quando ne ho bisogno. Ci divertivamo da ragazzi alla playstation e andavo a vederlo giocare negli Allievi. È sempre stato uno che si faceva notare in campo, aveva una presenza forte, che poi ha trasferito anche nel suo ruolo di allenatore».
Ricerca continua di soluzioni
L’ammirazione di Gioele per suo cugino Mattia è autentica: parlando di lui ne sottolinea gli aspetti mentali che sono sotto gli occhi di tutti. Quella capacità di trasmettere grande energia in tutto ciò che fa, da vero leader e autentico trascinatore.
Gioele però, dopo l’intervista, richiama e aggiunge: «Avevo dimenticato una cosa molto importante su mio cugino e mi piacerebbe che la scrivessi. È uno che riesce sempre a trovare una soluzione prima e durante ogni partita. Sa sorprendere l’avversario, con fantasia e con tanta capacità. Si prepara, è meticoloso e poi vede le cose come pochi altri allenatori».
Insomma, Mattia non è soltanto uno psicologo con la sua squadra: no, è anche un fine stratega, uno che ama stupire e provare cose nuove. E finora ha quasi sempre avuto ragione lui.
Gioele, che allena il Castello e tra pochi giorni sosterrà l’esame per l’ottenimento del Diploma B, torna su quell’energia che il Crus sembra non esaurire mai.
Forti vibrazioni
«Inizia forte già dalla prima amichevole estiva di Losone e va avanti così tutto l’anno, senza cedimenti, senza esitazioni. Ogni tanto gli chiedo come fa, ma poi mi ricordo che è sempre stato così. È qualcosa di innato, una forza interiore che non si può spiegare. Quando lo guardi non riesci a restare insensibile, è qualcuno che ti fa vibrare dentro delle emozioni forti».
Gioele era a Berna un anno fa, quando il cugino vinse la sua prima Coppa Svizzera contro il San Gallo, in una partita pressoché perfetta. Sensazioni difficili da raccontare: «Non è facile trovare le parole giuste a distanza di un anno da quel successo. Ho sicuramente provato tanta felicità e tanto orgoglio, anche perché onestamente, mi sembrava quasi inverosimile che potesse ottenere una vittoria del genere dopo così poco tempo. E invece ce l’ha fatta, è stato bravissimo, ha ottenuto qualcosa di inimmaginabile».
E oggi, 4 giugno 2023, il Crus sarà ancora in finale con il suo Lugano, questa volta contro lo Young Boys.
Nessun pronostico
«Sembra impossibile che sia ancora lì, in quello stadio, su quella panchina: è stato capace di raggiungere due volte questo traguardo e se ci penso mi vengono i brividi».
Sarebbe il momento di parlare della partita, della trasferta di Berna e naturalmente di sbilanciarsi in un pronostico. E qui Gioele cala un catenaccio d’altri tempi, che nemmeno nelle partite più difficili del suo Castello, ha probabilmente mai utilizzato.
La superstizione del Crus è nota, e il cugino non è da meno. La risposta? «Mi spiace, ma a queste domande non posso rispondere. Diciamo no comment. Spero tu mi capisca…».
Sarà forse un patto di famiglia, chissà: la speranza è che funzioni anche stavolta. E se servirà per portare a casa la coppa…