L'asfaltatrice che non ti aspetti: «Nessuno credeva che potessi farcela»
Arriviamo a Camorino alle tre del pomeriggio. Il bollettino meteo aveva previsto ancora bel tempo e il sole cocente sopra le nostre teste sta tenendo fede a quella promessa. La colonnina di mercurio segna +28.
Sul cantiere lungo via «In di campagn», ci sono quattro persone al lavoro. L’arancione brillante delle loro tute contrasta il nero carbone dell’asfalto fumante. Un operaio scava, l’altro guida l’escavatore, gli altri due preparano la base del manto stradale dandoci le spalle.
«Dove è Irem Top?» Chiediamo noi. Una voce da ragazzina fuoriesce dal capannello di lavoratori: «Sono qui». Due occhi magnetici, in equilibrio delicato tra il grigio dei cieli più cupi e il verde delle foreste tropicali, si posano su di noi. Scopriamo così che Irem Top, anni 19, nata e cresciuta tra Biasca e Bellinzona, non solo è l’unica apprendista asfaltatrice donna del Ticino, ma è pure una ragazza molto bella. Due fattori che non le hanno reso la vita facile visto il mestiere che ha scelto. «Tuttavia questo è ciò che voglio fare», taglia corto lei, passando la pala a un collega.
In un primo momento, vederla lavorare a testa bassa accanto a questi «omoni» fa impressione. Ma poi, ascoltando la sua storia, vedendo quanta determinazione c’è nelle sue parole, si capisce che quella di Irem è stata una scelta professionale ragionata e consapevole. Una decisione maturata quasi subito dopo le scuole dell’obbligo.
«Non amo gli spazi chiusi»
Terminata la scuola media, la giovane decide infatti di non proseguire gli studi. Come tanti ragazzi della sua età, ha tante idee per la testa. Dapprima imbocca la via dell’apprendistato come assistente dentale. Poi decide di esplorare il mondo dell’edilizia. Prova diversi lavori, fino a quando incrocia il mestiere dell’asfaltatrice. O, più correttamente, il mestiere della «costruttrice stradale», visto che questo ramo professionale prevede tutti i tipi di pavimentazione.
«Un giorno mi diedero la possibilità di fare uno stage su un cantiere nel Luganese e lì ho scoperto che mi piaceva molto la pavimentazione perché mi permetteva di lavorare all’esterno», spiega Irem con una semplicità disarmante quanto la sua bellezza.
«Una donna sui cantieri? Distrae gli operai!»
Un conto è capire cosa ti piace, un altro trovare qualcuno disposto ad assumerti come apprendista. «Ho mandato curriculum vitae ovunque - ricorda Irem - ma quando leggevano che ero una ragazza, tutte le imprese di pavimentazione rispondevano picche. La gente è piena di pregiudizi. Mi dispiace ma lei rischia di distrarmi gli operai, mi dicevano. Quando poi mi vedevano, non mi fornivano neppure una spiegazione: mi dicevano no grazie e mi davano il ben servito. Ero davvero disperata».
Poi un giorno, una porta si aprì. «Dopo avermi messa alla prova su un cantiere per un mese, il titolare della Cellere Bau Ag di Castione decise di darmi un’opportunità e mi assunse come apprendista. Finalmente pure io potevo lavorare!».
Lo scetticismo di papà e l’incredulità degli amici
Irem non ha dovuto affrontare soltanto lo scetticismo degli impresari, ma pure quello di suo padre e dei suoi amici, che la consideravano «una matta». «Anche papà, che lavora come operaio in una fabbrica di Bodio, era fortemente contrario. Anzi: quasi si arrabbiò quando gli comunicai la mia intenzione. Lui temeva che la mia scelta fosse legata soltanto ai soldi, perché gli stipendi nel settore dell’edilizia sono buoni. Pensava che prendessi la cosa un po’ sottogamba, che non mi rendessi conto di cosa significasse davvero lavorare in un cantiere, la fatica e i turni settimanali. Ma dopo due anni, pure lui dovette cambiare idea. Aveva capito che questa era la mia strada».
Venti chili di muscoli in due anni
Non è stata tutta rose e fiori la scelta professionale di Irem. Quello della costruttrice stradale è un lavoro fisicamente molto duro e il suo corpo esile sembra perdersi nella grande tuta da operaio. «All’inizio - ammette la giovane - ero stravolta; ricordo che quando rientravo a casa mi buttavo sul letto, chiudevo gli occhi per poiriaprirli l’indomani. Ora le cose vanno molto meglio: a livello di muscoli sono cresciuta tantissimo. Quando ho iniziato pesavo 45 chili, ora ne peso 60 ed è tutta massa muscolare».
«Gli operai mi consideravano come una figlia»
Pure il rapporto con i suoi colleghi uomini non è stato semplice. Soprattutto con quelli più in là con gli anni, che la trattavano più come figlia che come collega. Facevano fatica a farla lavorare, «anzi: per evitarmi gli sforzi, mandavano qualcun altro al posto mio; tuttavia, piano piano ho dimostrato anche a loro di essere all’altezza e oggi mi lasciano fare anche i lavori più pesanti, così come è giusto che sia». Presto questa giovane asfaltatrice entrerà nel suo terzo anno di apprendistato. Dopo il diploma, sogna la patente per la guida delle macchine edili. Chissà cosa le serberà il futuro. Nel frattempo Irem Top si è tatuata sul collo «destino» in giapponese. Forse, il suo, è già scritto nel suo cognome.