Le guide «abusive» a Lugano danno fastidio
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È una mattina di «magra» davanti all’hotel Walter Au Lac. I turisti sono rari, e per questo più contesi. Quando da un pullman con targhe straniere scende una comitiva proveniente da Como o Bellagio, al seguito di un accompagnatore italiano - «welcome to Lugano» - la reazione di Patricia Carminati è all’insegna del protezionismo.
«Per me questa è concorrenza sleale» dice la presidente dell’Associazione Guide Turistiche della Svizzera italiana (GuideSi). «Se proviamo noi a portare un gruppo a Como, ci fanno immediatamente la multa».
Febbraio è bassa stagione, e il lavoro è già poco per chi vive di tour guidati sul Ceresio o arrotonda accompagnando i visitatori nei musei cittadini e tra i negozi del centro. «Vivere di questo mestiere non è semplice ma qualcuno ci riesce, ovvio che ci sono alti e bassi» prosegue Carminati. «Se fossimo più tutelati come categoria sarebbe certo più facile».
Milano-Como-Lugano
Le comitive di turisti si inoltrano in via Nassa, sostano davanti alle vetrine: alcuni si dedicano allo shopping libero - «ci vediamo al pullman tra un’ora» - altri invece seguono il «tour leader» fino a Santa Maria degli Angioli dove a volte capitano incomprensioni. La regola è usare microfono e auricolari, per non disturbare la sacralità del luogo: le guide straniere non lo sanno e al custode tocca redarguirle. «Il problema di fondo riguarda anzitutto l’immagine della città» sottolinea Carminati. «Chi non conosce davvero il territorio non può valorizzarlo a dovere, e non crea indotto».
La tappa a Lugano è inserita sempre più spesso dai tour-operator come un’appendice svizzera nei viaggi organizzati sul Lario, a Como o Bellagio. La maggior parte arrivano in bus, spesso con partenza da Milano, ma di recente un paio di agenzie hanno iniziato a proporre anche il collegamento in treno. «Lavoriamo con gruppi più piccoli, passiamo buona parte della giornata a Como e nel pomeriggio sconfiniamo a Lugano dove i nostri clienti si dedicano principalmente al turismo degli acquisti» spiegano i titolari di Abroadstours, un’agenzia di Milano. «La risposta è molto buona. Nei prossimi mesi pensiamo di ampliare l’offerta, ad esempio includendo una tappa a Morcote».
Patentino sì, patentino no
L’espansione è prevedibile anche perché per i «padroncini» del turismo non esistono autorizzazioni particolari né richieste o procedure da adempiere. In Svizzera, diversamente che in Italia, la professione di guida non è tutelata né riconosciuta a livello federale: la formazione è essenzialmente privata, anche se in Ticino è attivo da tre anni un corso per «accompagnatori turistici» presso l’Istituto cantonale di formazione continua (IFC).
Eppure la professione non è di per sé in crisi, anzi. Le guide iscritte all’associazione GuideSi continuano ad aumentare, al ritmo di una decina all’anno (ora sono 62). In mancanza di altro l’associazione fornisce un seminario di formazione ai propri membri e un tesserino di riconoscimento ai propri membri, che devono superare un esame attitudinale e di cultura («ognuno si prepara sulla regione turistica di appartenenza») e risiedere in Ticino. «Ci sosteniamo a vicenda, collaborando e facendo rete» spiega Roberta Borsarini, segretaria dell’associazione e guida di lungo corso che opera a Bellinzona, Lugano e Locarno. «Per la maggior parte di noi è un lavoro accessorio» ammette. «Saremo una decina a farlo a tempo pieno».
Non solo orologi e cioccolato
L’assenza di un’autorizzazione cantonale si ripercuote anche sulle remunerazioni: le guide «tesserate» applicato un tariffario condiviso, ma non è obbligatorio per gli operatori che non sono iscritti - ancora molti in Ticino, senza contare quelli provenienti dall’estero. Gli «abusivi» (ma non sono tali formalmente, non essendoci una regolamentazione) propongono in genere tariffe «non svizzere» e quindi più concorrenziali, ma offrono anche un servizio diverso. «Abbiamo un accordo in particolare con un negozio di dolciumi» spiega ad esempio un accompagnatore arrivato dal Comasco con un gruppo di turisti americani. «Faccio loro una breve introduzione durante il viaggio da Como e Lugano, ma per lo più i nostri visitatori sono interessati a orologi e cioccolato».
Nella fermata davanti all’hotel Walter i torpedoni sostano per un tempo limitato: la versione «fast-food» di Lugano è solo una sosta-lampo prima di tornare sul Lake Como. «È un peccato perché così a rimetterci è soprattutto l’immagine della città» commenta Carimati un po’ sconsolata. «Il nostro territorio ha molto da offrire a livello storico, culturale, paesaggistico ed enogastronomico, racchiude tesori e sfumature che un esperto locale può cogliere e trasmettere meglio».
Il vento del protezionismo insomma soffia anche sul turismo? Il settore vive di aperture e, per definizione, di accoglienza al di là dei confini. Me le guide ticinesi vogliono essere tutelate, conclude Carminati: «Così si tutela anche il territorio».