«Le jihad moderne sono i soldi»

Partendo da Napoleone che nel 1798 aveva condotto i francesi dell’età dei lumi in Egitto, nell’inferno ideologico, politico e totalitario dell’Islam che avrebbe generato Bin Laden e Hamas, il giornalista e scrittore Domenico Quirico ci racconta «Le quattro Jihad» (Rizzoli, 324 pagine) più importanti, de «Lo scontro tra Islam e Occidente». Da molti anni Quirico ha seguito come corrispondente da Parigi e inviato di guerra per la Stampa vari avvenimenti su fronti in Medio Oriente, in Africa e in Europa, raccontando sempre i fatti da testimone imparziale. In Siria, dal 9 aprile all’8 settembre del 2013, prigioniero dei rivoluzionari islamici, restò in ostaggio per 152 giorni.
Quirico, perché definisce l’Occidente un McMondo?
«Perché i McDonald’s sono un simbolo che ci rappresenta e c’è un mondo che ci detesta per quello che siamo: per la nostra arroganza, per la nostra duplicità, per la nostra menzogna e per lo sfruttamento. E quelli che ci detestano, numericamente e geograficamente, sono gran parte del mondo».
E questo giustifica le quattro jihad che racconta nel suo saggio?
«Le racconta e le spiega, soprattutto quelle più recenti, che hanno sconvolto un po’ l’ordine mondiale. Nella prima i francesi dovettero andarsene dall’Egitto perché non riuscivano a controllarlo, poi il Paese finì tra le zampe dell’imperialismo britannico; la seconda che riguarda il Mahdi e il generale Gordon Pascià, ha turbato il sonno dell’Inghilterra imperiale per parecchio tempo; la terza, la rivolta dei tuareg durante la prima guerra mondiale, creò notevoli imbarazzi alla Francia e, sia pure in modo marginale, anche all’Italia col micro impero libico; con la quarta, Bin Laden sferrò un colpo violento all’idea americana del monopolio del potere mondiale».
E ha accelerato la decadenza dell’impero americano che Trump voleva ripristinare con i dazi?
«Certo. Reagendo con le guerre al terrorismo, l’America è andata a mettere il naso in luoghi in cui è stata sconfitta. L’opposizione del terrorismo alla modernità occidentale rappresentata dagli Stati Uniti, è stata terribilmente efficace: ha moltiplicato i nostri sistemi costituzionali e ha imposto legislazioni sulla sicurezza che non avremmo accettato in condizioni normali. E a poco a poco è avvenuta la disintegrazione dell’equilibrio mondiale che l’attacco della Russia all’Ucraina ha fatto crollare definitivamente».
La guerra in Ucraina è utile agli jihadisti?
«Le formazioni jihadiste di vario nome non sono mai state così attive, forti e preparate come oggi. La guerra in Ucraina gli ha fornito una straordinaria occasione strategica e tattica per rafforzarsi, moltiplicarsi e mettere i piedi in vaste parti della terra: dall’Africa all’Asia, alle periferie occidentali. Queste formazioni sono una minoranza islamica ben determinata, con piani precisi, fondi economici, progetti politici e militari che sfidano gli Stati e possono attirare dietro di sé le maggioranze moderate».
Una sfida che arriva fino a Bin Laden e prosegue ancora?
«Fino a Bin Laden e al Califfato che vuole restaurare il dominio e la potenza dell’Islam com’era prima che la modernità occidentale la disintegrasse. Ma un ragionamento sull’Islam in termini puramente teologico, è riduttivo. La violenza di questa lotta nasce dal fatto che si tratta di una forma totalitaria e si basa sul concetto dell’impunità dell’altro. E questo determina la ferocia. Ma ci sono delle evoluzioni in tutte le Jihad che non sono qualcosa di immobile».
Quali?
«Quella del Mahdi è un’evoluzione. Scopre che l’altro nemico dell’Islam sono i musulmani attratti dall’Occidente. La sua è una doppia Jihad: contro Gordon il Pascià ma anche contro l’Egitto e i musulmani che avevano tradito. La Jihad dei Tuareg è ancora contro la Francia all’interno di una realtà locale che ha altri interessi perché la modernità con la nascita delle frontiere significa l’annientamento del loro modo di vivere e l’impossibilità del nomadismo. Fino ad arrivare al terrorismo globale, che è l’invenzione di Bin Laden, e al terrorismo territoriale in versione Califfato, per conquistare una terra e amministrarla: fino all’apoteosi di tutta questa storia che è al- Golani il primo jihadista che in Siria ha preso il potere».
Gli intrecci denaro e preghiera come avvengono e come si sviluppano?
«I finanziatori della Jihad moderna hanno nome, cognome e indirizzo: l’Arabia Saudita che è la capitale teologica del nuovo Islam, quello sunnita, e poi il Qatar. Gli emirati hanno finanziato e reso forte Hamas, la parte dei musulmani sciita. Le jihad moderne sono i soldi. Il terrorismo dispone di grandi ricchezze al punto che i famigliari dei kamikaze - che definisco i manovali dell’apocalisse -, vengono pensionati dai terroristi: il potere economico modella ovunque il potere politico. E il terrorismo è un fenomeno che non può essere distrutto».
Che rapporto c’è tra guerra santa e i lucrosi affari criminali che si svolgono nel deserto?«Molti di quelli che vengono arruolati dal Califfato o da al Qaeda, sono persone che operano nel traffico di droga. I terroristi islamici di questo commercio fanno un uso strumentale perché non vendono la droga: forniscono solo la logistica per tutto il grande traffico. E prendono una sorta di tassa sul passaggio che gli serve poi per comprare armi. Il Califfato, ad esempio, per armarsi, ha venduto petrolio sotto costo ai turchi guadagnando miliardi; la vendita di pezzi del patrimonio archeologico della Siria e dell’Iraq è un’altra fonte di reddito. Il jihadismo usa l’economia criminale come usa altre cose che rifiuta, ma che gli servono».
Trump tratta per la pace tra Russia e Ucraina, ma sul fronte Israele-Palestina, si potrà arrivare a una pace con Hamas?
«Rispondo no. Nel senso che il problema della convivenza in quella parte del mondo non può essere risolto da nessun attore del momento storico. Si potrebbe ritornare alla normalità di prima del sei ottobre per diminuire un po’ le vittime, il cui numero è diventato mostruoso. Oppure, adottare la soluzione israeliana, che prevede di svuotare Gaza e la Cisgiordania: ma non credo sia un progetto realizzabile».