Il reportage

Le passeggiate dei migranti, a Chiasso

Un'associazione di cittadini le organizza da un anno, per ingannare la (lunga) attesa delle pratiche d'asilo – Abbiamo camminato con loro
© Ti-PressSamuel Golay
Andrea Bertagni
Andrea Bertagni
02.02.2025 06:00

Hanno nazionalità differenti- Angola, Somalia, Brasile, Iran, Afghanistan, Congo - ma oggi non importa. Oggi la dozzina di uomini e donne che dal Centro federale d’asilo di Pasture stanno camminando, insieme ai volontari dell’associazione Mendrisiotto Regione Aperta verso Seseglio e i suoi boschi, sono tutti uguali. Uguali perché hanno scelto la stessa passeggiata, la stessa attività ricreativa per cercare di non pensare se verranno ammessi o respinti in Svizzera. Una decisione per la quale ci vogliono almeno 140 giorni. Più di quattro mesi senza sapere nulla del proprio futuro, sospesi come in una sorta di limbo dopo averne passate di tutti i colori. Perché chi è fuggito dall’Africa o dal Medio Oriente lo ha fatto sopravvivendo a situazioni inimmaginabili per chi abita in Europa, vista come una vera e propria terra promessa per chi scappa da guerre, persecuzioni, dittature e regimi totalitari e assassini.

Una volontaria e un migrante durante la passeggiata. © Ti-Press
Una volontaria e un migrante durante la passeggiata. © Ti-Press

Jacob ad esempio non può più tornare in Camerun anche se è il suo Paese. «Se ci torno mi imprigionano per motivi politici», chiarisce, tornando molto serio. Poco prima, parlando delle sue origini si era emozionato molto. Si vede lontano un chilometro che ci tornerebbe subito se in Camerun non ci fosse una spietata dittatura.

Persone, non numeri

Gianna è una delle volontarie dell’associazione. Partecipa anche lei alla passeggiata, una delle tante attività organizzate da un anno a questa parte a favore dei profughi e di una loro migliore coesione sociale con il territorio che li ospita, anche se temporaneamente. «Rispetto a loro noi siamo dei privilegiati - spiega, prima di mettersi a parlare con un gruppo di donne musulmane che camminano strette una con l’altra - Sono persone, non numeri. Persone che hanno vissuto contesti difficili e hanno poche aspettative. Questa passeggiata così come le altre attività che organizziamo sono il minimo che andrebbe fatto».

L’inizio della passeggiata è previsto alle 14. È un sabato uggioso come tanti in gennaio. Dominique e Riccardo sono i primi ad arrivare. È Dominique l’organizzatrice delle passeggiate e ci tiene a dare l’esempio. «Ero triste nel leggere sui giornali sempre notizie sui migranti che davano problemi nel Mendrisiotto. Non era possibile che ci fosse solo questo punto di vista, così è nata l’associazione che è davvero una luce di speranza», racconta. Quasi tutti i volontari la pensano così. «Se sono qui oggi è perché c’era una brutta narrazione sui migranti nel Mendrisiotto - specifica Mauro, zaino in spalla e scarpe comode - Leggevo quelle notizie e non ci credevo. Dentro di me sapevo che poteva esserci anche un’altra voce».

Riempito un vuoto

Accoglienza e integrazione e non chiusura e rabbia verso lo straniero. In fondo sta tutta qui la risposta dell’associazione Mendrisiotto Regione Aperta a cui aderiscono decine di persone comuni. Un impegno corroborato da fatti e iniziative sul terreno anche all’apparenza leggeri, come la passeggiata di oggi. «Forse il nostro contributo non è granché ma è comunque un aiuto importante». Anche Damiana è una volontaria e anche lei è qui a Balerna per dare una mano. «Anche solo un abbraccio a fine giornata li rende felicissimi. Sono esseri umani come noi anche se non tutti se ne rendono conto». Un’altra accoglienza è possibile. Potrebbe essere riassunto così il senso delle attività dell’associazione che non è una rarità in Svizzera. Al contrario. Accanto a tutti gli altri Centri federali d’asilo sono nate da anni associazioni e reti di persone che si impegnano affinché i migranti possano vivere anche un contesto sociale dignitoso mentre sono in attesa di conoscere il loro destino. Solo il Ticino era una mosca bianca. Era.

Un momento della passeggiata. © Ti-Press
Un momento della passeggiata. © Ti-Press

I migranti escono alla spicciolata dal Centro federale di Pasture. Per alcuni la passeggiata è una novità. Per altri un appuntamento fisso e gradito. Ecco perché quando gli sguardi dei migranti incontrano quelli dei volontari appaiono sorrisi. Nessuno è obbligato a camminare. Tutti sono qui per libera iniziativa. Non fa caldo, eppure si aspetta. C’è chi parla in gruppo. Chi fuma una sigaretta e chi invece ha gli occhi puntati nel vuoto e non parla con nessuno. Non è difficile immaginarne il motivo.

A un certo punto arrivano anche dei minorenni non accompagnati. Sono intimiditi, com’è normale, ma si aggregano volentieri al gruppo che sta per partire. «Comunicare a volte non è facilissimo - annota Dominique - ma comunque riusciamo a capirci». Inglese e francese. Sono queste le lingue «franche» dell’integrazione. Anche se a volte per comunicare non servono chissà quali parole. A volte sono sufficienti uno sguardo, una stretta di mano, un sorriso.

Anche Franco è un volontario e oggi è qui da solo. «Di solito a queste passeggiate vengo sempre con mia moglie - specifica - per me è stato naturale aderire a iniziative come questa. Il Mendrisiotto è una regione anche accogliente, mentre prima che nascesse l’associazione sembrava esattamente il contrario, ma era una narrazione errata, appunto».

Chi va al cinema

Poco lontano, sempre sul piazzale del Centro di Pasture, due furgoni aspettano altri profughi che hanno scelto di andare al cinema. Per loro i volontari hanno predisposto una proiezione in una sala di un ristorante del Mendrisiotto. Passeggiate e cinema sono solo alcune delle molte attività organizzate dall’associazione, che collabora molto bene con il Centro federale. Questo mese sono ad esempio anche in programma corsi di pasticceria e cucina e attività sportive e giochi.

I due furgoni sono ancora in attesa di riempirsi quando il gruppo della passeggiata si mette in marcia. I migranti camminano in fila indiana. In cima al gruppo c’è Dominque. In fondo si piazza invece Mauro. C’è chi parla, chi si guarda in giro e chi sta in silenzio. La strada inizia a salire. Serve un buon passo. Dopo diversi minuti si arriva nei boschi sopra Chiasso. Da quassù si vede il Centro di Pasture e il groviglio di binari, fabbriche e palazzi della cittadina di confine. Anche per questo motivo si è deciso di venire fin quassù. Un Centro federale d’asilo non è un bastione in mezzo al nulla, ma fa parte di un territorio che lo accoglie.

Dominique si avvicina a una donna di origine africana. Parla con lei e poi torna in fila. «Per molti di loro - spiega - il bosco e in generale la natura hanno una connotazione negativa a causa del viaggio che hanno fatto tra mille stenti per raggiungere l’Europa. Oggi invece basta guardarli. Sorridono e scherzano. Sì, sono felici». Sembra poco e invece non lo è. Affatto.

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