L'analisi

Le spie si annidano ormai ovunque

Attorno alla guerra ibrida tra Russia e Nato circolano sempre più 007 – E non si nascondono più sotto la copertura diplomatica
Guido Olimpio
24.11.2024 06:00

Guerra ibrida: una definizione che è diventata quasi una parola d’ordine per molti governi occidentali preoccupati per le mosse incalzanti dei russi. Quasi una settimana fa dalla Finlandia è trapelato un rapporto dell’intelligence sulle attività degli avversari. Tre i punti d’accusa. Il primo. La Russia ha intensificato le operazioni usando agenti che non si muovono più sotto la copertura di ambasciate o consolati. Una scelta obbligata perché dopo l’invasione dell’Ucraina ci sono state massicce espulsioni di diplomatici di Mosca. Il secondo. Nonostante le difficoltà è aumentato il numero degli 007. Il terzo. Vanno a caccia di informazioni all’interno del paese, cercano di arruolare talpe ma quando possono prendono di mira i finlandesi che si trovano all’estero. Per gli esperti le linee guida di questi infiltrati, protetti da false identità di paesi terzi, sono di lavorare nel lungo termine al fine di creare una rete e ottenere il maggior numero di dati possibili.

A questo si aggiungono azioni destabilizzanti mentre, al tempo stesso, puntano il loro mirino invisibile sul settore militare. L’impegno di Helsinki e della Svezia nel sostenere Kiev così come nel preparare al meglio le proprie forze armate diventano il focus dello spionaggio del Cremlino. L’allarme è diffuso, rilanciato da fatti concreti. In serie. La polizia lituana ha fermato due spagnoli arrivati a settembre e probabilmente tenuti d’occhio dopo una segnalazione precisa. La coppia forse doveva preparare azioni di sabotaggio contro una compagnia che realizza componenti elettroniche per il mercato civile, senza alcun legame - apparente - con il mondo della difesa. I Carabinieri del Ros, invece, hanno fermato in Lombardia un imprenditore locale e uno italo-svizzero che in cambio di ricompense in Bitcoin erano disposti a «passare» dati legati alla sicurezza nelle città, a creare «rifugi» per cittadini russi, monitorare basi lungo la penisola. «Lo facevano per la pace nel mondo», aveva scritto in una e-mail lo «svizzero» che, poi impaurito per le conseguenze, si è autodenunciato. Modesti i primi compensi accertati, non superiori ai 2 mila euro. In Norvegia è finita in prigione una guardia privata impegnata nella protezione dell’ambasciata: spiava per conto di Mosca e dell’Iran.

Quasi contemporaneamente le autorità di Praga hanno rivelato una presunta campagna organizzata dai russi con una serie di minacce dirette a numerosi istituti scolastici nelle Repubblica Ceka e in Slovacchia. Messaggi con i quali era segnalata la presenza di bombe oppure altri pericoli. Un modo per perturbare la vita quotidiana. Una denuncia accompagnata in precedenza da addebiti ancora più duri da parte del ministro degli Esteri Jan Lipavsky che, ai primi di ottobre, ha sostenuto che la Russia è responsabile dell’80 per cento di incursioni per influenzare le opinioni pubbliche. Offensiva resa ancora più profonda con il continuo riferimento da parte del Cremlino a ritorsioni nucleari. I russi hanno contro-manovrato annunciando la cattura di un tedesco nell’enclave di Kaliningrad sostenendo che era pronto a sabotare degli impianti.

E il confronto è poi tornato anche sul mare. Con scenari già visti. Due cavi sottomarini per le comunicazioni nel Baltico (uno in Svezia-Lituania, il secondo Svezia-Germania) sono stati tranciati in momenti separati e l’ipotesi è che sia stato un cargo cinese a provocare il danno, forse con la sua ancora. Una ripetizione di quello che si era verificato un anno fa, con modalità analoghe. L’incidente ha portato a reazioni diverse: sono state aperte inchieste ufficiali, è intervenuta una corvetta danese che ha bloccato il mercantile; i responsabili degli Esecutivi europei hanno parlato di «sabotaggio» mentre gli Stati Uniti sono apparsi più cauti. Gesto volontario o meno la vicenda ha rappresentato un test su come sia possibile incidere sulle infrastrutture. Non ci sono, invece, dubbi sulle ricognizioni nelle acque irlandesi da parte della Yantar, unità della Marina russa che ha fatto il pendolo in un’area dove sono presenti cavi, sempre per le comunicazioni. La nave è nota per svolgere un ruolo di intelligence ed è dotata di apparati sofisticati per eseguire «lavori» sotto la superficie del mare. Una pedina in questo infinito duello di ombre.

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