Società

Le vedove ticinesi sono poco allegre

Storie di donne rimaste sole, e di come fanno a tirare avanti, mentre il governo prepara tagli alle rendite
© CdT/Gabriele Putzu
Davide Illarietti
10.11.2024 06:00

La maestra Claudia ricorda ancora gli articoli di giornale sulla morte di suo marito. Incidente sul lavoro a Faido, selvicoltore travolto da un albero. Aveva scoperto di essere incinta pochi giorni prima. «È stato un incubo» racconta durante l’intervallo alle elementari di Quartino. Dal giardino arrivano le voci dei bambini. «A volte - confessa la maestra - mi chiedo ancora come ho fatto a tirare avanti».

Ogni lutto è un mondo a sé dal punto di vista psicologico. Ma per gli aspetti pratici la maestra Claudia ha fatto come fanno tutte: ha ridotto l’impegno lavorativo. Per un mese è rimasta a casa. Poi è tornata a scuola, all’inizio per poche ore. «Piano piano mi sono fatta forza - ricorda - ero circondata da amici e parenti che non mi lasciavano mai sola». Dopo la maternità Claudia è tornata a un’occupazione a metà tempo e poi si è fermata per quattro anni sostenuta dalla rendita di vedovanza. «Ero rimasta da sola con un bambino da crescere. Senza quegli assegni non so come avrei fatto».

Tempo di tagli

Ogni vedova è triste a modo suo, parafrasando Tolstoj ma anche Franz Lehàr. Di «vedove allegre» come nella famosa operetta austro-ungarica ne esistono poche nella realtà e in Svizzera ultimamente ancora meno, dopo che il Consiglio federale ha annunciato una revisione della legge con un taglio importante alle rendite vedovili a partire dal 2026. Dopo il compimento del 25.esimo anno d’età del figlio più piccolo, le donne con meno di 55 anni non riceveranno più alcun assegno. La riforma punta a risparmiare sulle spese dell’AVS la cifra di 350 milioni di franchi l’anno entro il 2030, di cui 70 milioni andranno a sgravare il bilancio affaticato della Confederazione.

Claudio Mercolli nel salotto di casa sua a Mendrisio. © Cdt/Chiara Zocchetti
Claudio Mercolli nel salotto di casa sua a Mendrisio. © Cdt/Chiara Zocchetti

Claudia oggi ha 59 anni, è tornata occupata a tempo pieno e non verrà toccata dalla misura. È ancora circondata da bambini - la ricreazione sta finendo, le grida proseguono - ma suo figlio è ormai maggiorenne e lei si è rifatta una vita. «Non è stato per niente facile - assicura - anche se forse c’è chi pensa che le vedove facciano una bella vita, grazie alla rendita, in realtà non è affatto così. I progetti di vita saltano e tutto diventa più difficile, anche solo mantenere i figli negli studi. Figurarsi poi se la rendita viene meno».

Quasi tremila solo in Ticino

Gli esempi non sono difficili da trovare. Claudia ne conosce di persona: madri vedove che verranno colpite direttamente dai tagli, perché rientrano nella tipologia (sotto i 53 anni, con figli minori a carico) su cui il governo vuole risparmiare. Prova a contattarne un paio al telefono, ma non vogliono parlarne. «Hanno perso il marito di recente - dice - sono situazioni difficili e bisogna capirle».

In Ticino si stima che vivano circa 21mila vedove e vedovi, e non tutti sono in età avanzata. Circa il 15 per cento - 3.465 persone - vivono in un nucleo familiare con figli e la stragrande maggioranza - 2.928 - sono donne secondo i dati dell’Ufficio cantonale di statistica (USTAT). Di queste le madri con figli maggiorenni sono un numero elevato - 2.660 - e non molto lontano da quello delle madri divorziate o non coniugate - 2.933 - che sono un’altra categoria notoriamente a rischio povertà.

Dietro alle statistiche ci sono persone e storie e, ancora una volta, ogni caso è a sé: l’impatto economico del lutto è influenzato da infinite variabili come il lutto stesso. «Quando mio marito si è ammalato io ho negato a lungo il problema e non sono stata a guardare cosa sarebbe successo a livello finanziario» racconta Sara, vedova da 13 anni del Mendrisiotto. All’epoca del lutto lavorava a metà tempo, ma «per fortuna avevo la casa di proprietà e un figlio già grande, diversamente non so come avrei fatto».

A rischio povertà

Le spese per l’affitto e il mantenimento dei figli sono quelle che più gravano su chi sopravvive al coniuge. Quando a sopravvivere è la donna, il passo dalla sotto-occupazione alla povertà relativa è più breve di quanto si possa immaginare. «In genere si tende a pensare che questi eventi tocchino le persone in età avanzata. Le cose stanno diversamente» sottolinea Sandra Nussbaum-Stäuble di Aurora, associazione dei genitori vedovi con figli in età scolare a cui sono iscritte circa 430 famiglie in Svizzera. Quelle potenzialmente interessate dalla revisione della legge sono molte di più, in particolare in cantoni come il Ticino (l’associazione conta di aprire una rappresentanza a sud delle Alpi «nel prossimo futuro») dove la parità di genere in ambito lavorativo è un obiettivo ancora lontano. Secondo l’associazione «l’adeguamento proposto non è socialmente accettabile» e le vedove interessate rischiano di andare incontro a «gravi lacune pensionistiche che non potranno essere colmate con alcuno sforzo».

«Come arrivo a fine mese?»

Francesca, 50 anni, ha perso il marito nel 2019 per un tumore. «Dicono che il tempo aiuta ma nel mio caso non è così» racconta in una pausa sul lavoro. Anche lei era occupata a tempo parziale - nel settore delle risorse umane - quando è capitata la tragedia. Ha impiegato quasi quattro anni per trovare un lavoro a tempo indeterminato e aumentare la percentuale (dal 50 all’80 per cento) ma nel frattempo ha eroso quasi tutti i risparmi di una vita. «Se ne sono andati in bollette e affitti - racconta - Non ci potevo credere».

Grazie alla rendita vedovile Francesca è potuta rimanere nella casa dove è in affitto da 30 anni, in periferia di Lugano, assieme al figlio maggiorenne. Con la nuova legge però perderà la rendita e non sa cosa farà. Se anche l’affitto di casa non dovesse aumentare (paga 1.600 franchi al mese) non potrebbe permetterselo con la pensione minima. «Senza contare la cassa malati, l’auto e tutto il resto». L’elenco delle preoccupazioni e delle recriminazioni sarebbe lungo - «la sera prima di dormire la mente inizia a viaggiare, è veramente difficile rimanere con i nervi saldi» - ma Francesca non ha tempo perché deve tornare al lavoro. Non è mai stata con le mani in mano e l’idea di dover dipendere da altri non le piace per niente. «Non sopporto il pensiero di avere problemi a pagare le fatture a fine mese» dice. «Non è da me».

Una perdita incolmabile

Vicino all’ingresso della casa di Claudio Mercolli a Mendrisio ci sono un paio di scarpe da donna che nessuno sposta da due anni. La moglie Annamaria le ha lasciate lì prima di andare all’ospedale l’ultima volta. «Sto superando poco a poco quello che è successo» racconta l’ex infermiere in pensione. «All’inizio non riuscivo a spostare neanche un libro in casa perché mi ricordava lei».

La stabilità economica non consola dei drammi della vita: i coniugi Mercolli si erano appena trasferiti nell’appartamento acquistato dopo una vita in affitto («aveva seguito lei tutta la ristrutturazione, a sua immagine e gusto») quando sono comparsi i sintomi del tumore e la diagnosi. «È stata una beffa del destino» riflette Claudio con un sorriso amaro. «Abbiamo aspettato così tanto la pensione per godercela insieme, doveva essere un nuovo inizio».

Le foto sparse per la casa e negli album di famiglia raccontano la vita di una coppia come tante o «neo-tradizionale» per usare un termine in voga tra i sociologi: il marito, infermiere a tempo pieno in diversi ospedali ticinesi, lavorava tutto il giorno e la moglie lo aspettava a casa. Prima di cena andavano spesso a fare una passeggiata in campagna. «Lei è sempre stata in forma e una gran camminatrice, amava le escursioni» racconta il vedovo commuovendosi ancora davanti alle foto.

Se fosse toccato a lui anziché a lei, sarebbe stato meglio? A volte Claudio ci pensa ma la risposta non esiste almeno sul piano esistenziale. Su quello economico è più semplice: sua moglie ha svolto lavori saltuari, part-time o come volontaria, ed è stata a lungo una casalinga. Senza una rendita vedovile avrebbe avuto anche lei delle difficoltà. La coppia non ha avuto figli e Claudio pensa che sia meglio così: «In questo momento - pensa - avrebbero sofferto anche loro per la perdita».

Il sistema previdenziale svizzero ha storicamente penalizzato finanziariamente gli uomini vedovi, che fino al 2022 non percepivano rendita alcuna dopo la maggiore età dei figli. In quell’anno una sentenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo ha sancito che il trattamento era «iniquo» e le associazioni come Aurora concordano. «Ho sempre pensato che gli uomini fossero discriminati ma la soluzione non dovrebbe essere quella di penalizzare anche le donne» osserva Claudia Fondrini, che si è iscritta ad Aurora proprio per portarne avanti le istanze anche in Ticino.

Intanto alle scuole di Quartino gli allievi continuano a giocare. Non sanno niente del lutto lontano della maestra e - giustamente - non pensano al futuro. «Io dovrò lavorare ancora qualche anno, vista la mia situazione non potrò certo andare in pensione anticipata» dice Claudia mentre suona la campanella. La ricreazione è finita, si torna a lezione.

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