Il caso

«Li aiutiamo a ritrovare le radici»

La società di Chiasso che ha "italianizzato" 19.mila brasiliani: «Noi in regola, ecco perché»
©Gabriele Putzu
Redazione
19.11.2024 10:59

Non fantasmi, ma persone in carne e ossa: discendenti di italiani emigrati in Sud America nei secoli scorsi, che vogliono «riscoprire le loro radici» e tornare nella terra degli avi «a volte anche solo in vacanza, o a rintracciare parenti mai conosciuti», oppure viaggiare verso altre destinazioni. «Non parliamo di clandestini ma di professionisti, medici, ingegneri, anche giudici, persone che in Brasile hanno spesso una posizione o comunque godono di buone condizioni economiche. Anche perché la procedura ha naturalmente un costo». 

Mario Mariani e Michelle Kasper sono nati in quello che un tempo era un paesino di montagna nel sud del Brasile e poi, anche grazie all’abilità imprenditoriale dei loro nonni emigrati dall’Italia, è diventato una città. «La nostra è un’attività in regola che opera nel rispetto del diritto», spiegano marito e moglie nella elegante sede della società Tifida, al secondo piano di un palazzo in corso San Gottardo a Chiasso.

L’ufficio è a pochi metri dalla dogana e da qui sono transitate verso l’Italia oltre 19 mila pratiche di riconoscimento della cittadinanza, relative ad altrettanti cittadini  brasiliani (e di altri Paesi del continenete americano, ma non solo) con origini italiane più o meno lontane, che in seguito hanno anche richiesto e ottenuto il passaporto. E questo perché la costituzione della vicina Repubblica contempla lo ius sanguinis, il «diritto di sangue» per cui la cittadinanza può essere trasmessa per via ereditaria, anche dopo molto tempo, agli italo-discendenti purché siano in grado di dimostrare di avere un antenato emigrato. «Ci sono persone che si rivolgono a noi anche in età avanzata, con nostalgia e curiosità, perché vogliono riprendere contatto con un pezzo della loro vita e della propria identità», spiegano i due professionisti. «Non per forza si tratta di persone che poi lasceranno il Brasile».

Il problema è nei numeri. Negli ultimi anni i Comuni e i tribunali delle regioni con una storia migratoria - nel Sud Italia, nel Centro ma anche nel Nord-Est - sono stati subissati dalle richieste di riconoscimento degli italo-discendenti, in precedenza svolte dai consolati all’estero. Non sono mancate - in Italia - le inchieste giudiziarie e i casi di residenze fittizie, create per facilitare le procedure. «Le scorrettezze esistono in tutti i settori, ma la maggioranza degli intermediari che sono sorti in Italia lavorano in modo corretto e onesto. Noi non siamo mai stati coinvolti in inchieste e ci occupiamo unicamente di riconoscimenti per via giudiziale, ossia passando proprio per i tribunali», spiegano i titolari della Tifida, che è «l’unica società di questo tipo attiva in Svizzera».

Kasper e Mariani svolgono le pratiche in prima persona assieme a tre collaboratori direttamente da Chiasso. «Ma ci appoggiamo a una rete di una cinquantina di persone fuori dalla Svizzera per le traduzioni e l’assistenza amministrativa e giuridica». Kasper è giurista di formazione - si è auto-sospesa nel 2023 dall’albo degli avvocati di Como e oggi si dedica esclusivamente a Tifida - ed è la persona di contatto a cui «in prima battuta si rivolgono i clienti, che ci chiamano principalmente dal Brasile ma anche da altri Paesi («ad esempio ci sono più di due milioni di svizzeri discendenti di italiani con  diritto ius sanguinis»), per avviare il riconoscimento della cittadinanza». 

Alla domanda su come abbia fatto a gestire un flusso di migliaia di richieste, Kasper spiega di avere analizzato «di persona ogni nuova richiesta» ma che in genere «un singolo cliente a cui è riconosciuta la cittadinanza porta con sé un numero variabile di consanguinei, figli, nipoti e via dicendo» e gli effetti della pratica si moltiplicano in modo esponenziale. «Non abbiamo bisogno di alcuna pubblicità, quasi tutti i clienti sono arrivati a noi tramite il passaparola».  Certo, nel gran numero può capitare qualche «furbetto» che fa carte false. «Anche a noi è capitato: una paternità anomala, abbiamo subito capito che qualcosa non andava e abbiamo immediatamente segnalato noi stessi alla magistratura l’anomalia bloccando la pratica», sottolinea Kasper.

In generale «le richieste che arrivano sono sottoposte a una minuziosa analisi e solo in presenza di prove effettive e dimostrabili andiamo avanti», spiega Andrea Cavallasca, avvocato di Como che collabora con la società. «Non di rado le nostre ricerche per ricostruire l’albero genealogico prevedono verifiche nei comuni d’origine e per i casi più addietro nel tempo addirittura nelle parrocchie. È un lavoro spesso complicato». Tutto questo si scontra con i tempi «spesso molto lunghi dei tribunali e della burocrazia italiana». Una delle ragioni per cui si sono trasferiti in Ticino Kasper e Mariani - entrambi con doppia cittadinanza italo-brasiliana - è proprio «la maggiore efficienza dell’amministrazione, la stabilità e la poca burocrazia della Svizzera».

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