L'imbalsamatore di animali domestici

Elaborare una perdita non è facile. Se la scomparsa di un essere umano sconosciuto può toccarci minimamente, la morte del cane Fido, che per anni ha scandito la nostra vita, può farci precipitare nello sconforto. C’è chi, allora, per elaborare il lutto decide di contattare un tassidermista (tassi che cosa? lo vedremo più avanti). L’obiettivo, non perdere del tutto le tracce «materiali» di Fido.
Senza intenti «imbalsamatori» abbiamo raggiunto il dottor Alberto Michelon nel suo laboratorio Animal Factor Studio di Padova, dove, tra gli unici se non l’unico in Italia, realizza la tassidermia di animali domestici. «Al Nord ho richieste soprattutto dal Veneto, Lombardia, Piemonte ed Emilia Romagna, ma vengo contattato anche dal Sud», osserva. Da tutta Italia, quindi. Sorge allora spontanea la domanda: Ha magari richieste anche dalla parte... italiana della Svizzera?
Conservazione senza frontiere
«Posso dire di quattro richieste dalla Svizzera, due giunte dal Ticino e due dalla Svizzera interna». La prima ticinese riguarda «una signora rimasta molto scossa da uno scoiattolo investito da un’auto - racconta Michelon -. L’episodio aveva mosso in lei una sorta di tenerezza, di empatia verso l’animale e, scovatomi su internet, mi aveva spedito lo scoiattolo…». Dal Ticino un altro «caso» un po’ particolare. «Un uomo molto affezionato al suo Jack Russell, dopo avergli spiegato come avrei dovuto operare - la tassidermia si basa sulla separazione della pelle dal corpo, che resta integro e può essere restituito ai proprietari - ha detto «no, non voglio che il mio cane venga trattato in quel modo». Per assecondare il suo desiderio abbiamo quindi concordato di utilizzare una procedura particolare per conservarlo integralmente». Quella che si può chiamare mummificazione. «Da Zurigo - prosegue l’artigiano tassidermista - è venuta a Padova una signora elegante e molto sensibile con un Samoiedo, un cane di 40 chili, mentre un’anziana signora, dalla Svizzera interna, disperata per la morte del merlo che aveva allevato e cresciuto, per non perderlo e conservarlo ha preso contatto con me».
Contatti con tatto...
Nulla di orribile. «Quando mi chiamano, molte persone mettono le mani avanti, come se la loro richiesta fosse una cosa macabra - spiega Michelon -. Non lo è, io non giudico, quello che faccio dà un po’ di conforto a chi ha la necessità di non separarsi completamente dal suo animale, contribuisce a rendere felice una persona».
La tassidermia «familiare o domestica», secondo l’espressione coniata da Alberto Michelon, crea un rapporto di fiducia tra l’artigiano e il committente. «Le persone non chiedono solo che venga realizzata una tassidermia, ma restituito proprio il loro animale. La vera difficoltà è questa. Allora bisogna instaurare un rapporto di fiducia, di ascolto, di amicizia con chi sta vivendo anche in modo straziante la perdita del compagno animale. L’aspetto relazione è fondamentale». Tra le molte storie, l’artigiano tassidermista racconta quella di una signora con due gatti inseparabili separati dalla morte. «Quando quello sottoposto a tassidermia è tornato a casa, il suo inseparabile amico continuava ad avvicinarlo, ad accoccolarsi accanto al suo vecchio amico. Una situazione toccante».
Un lavoro di precisione «chirurgica» che reca con sé molte attese. «Quando consegno «l’artefatto» sono un po’ in ansia perché generalmente i committenti vedranno il loro animale solo a lavoro compiuto. Dico infatti loro che non manderò foto in corso d’opera, meglio per tutti avere l’effetto sorpresa. È bello allora vedere come chi, giunto una prima volta in lacrime, torna carico di aspettativa e se ne va via soddisfatto». Storie e legami che si conservano nel tempo. «C’è chi mi manda cartoline per le feste, chi video, la signora di Zurigo sopra citata, mi ha perfino portato un cappottino per mia figlia che era appena nata».
Come «opera» il tassidermista
Con diverse fasi. «La prima consiste nel separare la pelle dal corpo - spiega Alberto Michelon -. Si fanno cinque tagli, uno ventrale e quattro all’interno delle zampe. Non si eviscera l’animale ma si procede separando delicatamente la pelle dal corpo».
La pelle viene quindi lavata, sterilizzata, immersa in un liquido che ne fissa i peli. «Si prepara in questo modo la pelliccia dell’animale. Il corpo integro viene riconsegnato al proprietario, che decide se fare una cremazione, seppellirlo nel proprio terreno e quant’altro».
A questo punto occorre realizzare una struttura anatomica. «Si crea allora una sorta di manichino che abbia la stessa forma dell’animale». Come si fa? «Realizzo dei calchi in modo da poter creare uno stampo che renda l’anatomia dell’animale la più esatta possibile. Fatta la scultura la si riveste con la pelliccia e provando e riprovando si trova la configurazione voluta. A questo punto si ricuciono i tagli fatti all’inizio e si passa all’aspetto dell’espressione dell’animale. Essenziali sono gli occhi, di cristallo, prodotti a livello mondiale da un’azienda tedesca. Per la scelta, si trascorre almeno un’ora con i proprietari dell’animale per raccogliere tutte le informazioni utili per rendere il modello il più realistico possibile a livello espressivo».
Pronto per la consegna con effetto sorpresa
Tra le opzioni, Alberto Michelon offre anche quella inserire nel manichino un sacchettino con le ceneri dell’animale. «In questo modo le persone possono conservare una sorta di mausoleo in 3D con le fattezze dell’amico animale».
Cani, gatti, merli, pappagalli, scoiattoli… tornano allora a casa. «Tutti siamo consapevoli che i nostri animali domestici devono morire, con la tassidermia si ha l’impressione di non perderli completamente. Definisco allora il mio lavoro come una forma di consolazione».