Il personaggio

«L'immunologia mi ha riportata a casa»

Da Tenero all'IRB, passando per Zurigo e Losanna – Greta Guarda è un «cervello in fuga» tornato in Ticino
© CdT / Chiara Zocchetti
Prisca Dindo
02.03.2025 06:00

«Posso chiedervi un favore?» domanda gentile quando ci accoglie nella sede dell’IRB, l’Istituto di Ricerca in Biomedicina a Bellinzona. «Potreste ritrarmi insieme ai miei collaboratori?» dice indicando alla fotografa un capannello di giovani che poco più in là chiacchiera in un inglese cadenzato da diversi accenti. Quando le spieghiamo che la rubrica necessita di una foto della protagonista, lei accetta senza insistere. Capiamo subito che la sua, non era una richiesta dettata da un capriccio, bensì frutto di una visione ben precisa. Per Greta Guarda, ricercatrice e professoressa nata a Tenero nel 1980, il Ticino vincente è proprio quello che sarebbe apparso nella foto di gruppo con i suoi collaboratori provenienti da ogni angolo del Pianeta. «Per fare il salto di qualità, il Ticino deve vedere in grande ed essere in grado di attrarre sempre più «cervelli e cuori» non solo dallo stesso Cantone, ma da tutto il mondo. Il mondo accademico e della ricerca è un catalizzatore per nuove «teste pensanti», al di qua e al di là dai nostri confini. L’esempio da seguire è l’ETH di Zurigo, il nostro Politecnico federale fiore all’occhiello di tutta la Svizzera, che attrae i migliori cervelli del pianeta, garantendo ricadute economiche su tutto il territorio».

Un CV dedicato alla ricerca

Greta Guarda studia Biologia molecolare all’Università di Zurigo per poi concludere il suo percorso con un lavoro di Diploma al Politecnico federale. Conquista un dottorato all’IRB, un post dottorato all’Università di Losanna e nel 2012 crea un suo gruppo di ricerca. Nel 2018 torna in Ticino come direttrice di laboratorio all’IRB e dal 2019 è Professore all’Usi, l’Università della Svizzera italiana, dove assume la carica di Vice Decano nel 2021. La ricerca in laboratorio incentrata sul sistema immunitario è il suo pane quotidiano. «A pensare che da piccola sognavo di diventare etologa!»

Il fascino dell’immensamente piccolo

La storia di Greta Guarda inizia nel Locarnese, dove frequenta tutte le scuole dell’obbligo. Fin da piccola denuncia una passione sfrenata per gli animali, in particolare per cani e cavalli. Trascorre gran parte della sua adolescenza ad osservare con suo papà le centinaia di specie di uccelli in volo sopra i cieli delle Bolle di Magadino. I libri di Konrad Lorenz sono la sua bibbia. «All’inizio volevo studiare biologia per seguire le orme del famoso padre fondatore dell’etologia moderna». Una volta a Zurigo, scopre però, al secondo anno di università, il mondo della biologia molecolare e se ne innamora. Il mondo dell’invisibile, dell’estremamente piccolo, conquista cuore e cervello di Greta. Cavalli e cani lasciano il posto a cellule e geni. La giovane inizia così a concentrare i suoi studi sull’immunologia e sulla biologia molecolare e due anni dopo si laurea.

La prima volta all’IRB

Il primo incontro di Greta Guarda con la realtà dell’IRB risale a quel periodo. Siamo nei primi anni dell’istituto bellinzonese e la studentessa di allora chiede di effettuare uno stage estivo. «Fu un’esperienza talmente entusiasmante e arricchente che dopo la laurea e un lavoro di Diploma al Politecnico federale, decisi di tornare all’IRB per il mio dottorato. Ebbi fortuna, perché lo potei svolgere sotto la guida di due mostri sacri della ricerca a livello mondiale: i professori Antonio Lanzavecchia e Federica Sallusto» ricorda oggi la ricercatrice.

Il post dottorato a Losanna

Lanzavecchia e Sallusto non sono gli unici luminari incontrati da Greta Guarda lungo il suo ricco cammino scientifico. In occasione del suo post dottorato, che effettua dal 2007 a Losanna, lavora per quattro anni nel laboratorio di Jürg Tschopp, un’altra autorità nel campo dell’immunologia, venuto improvvisamente a mancare nel 2011. «La sua scomparsa fu un colpo durissimo, che segnò la brusca fine del mio post dottorato proprio nel momento in cui io avevo iniziato a guardarmi in giro in cerca di fondi per il mio laboratorio e per le mie linee di ricerca». Greta Guarda regge il colpo: malgrado l’accelerata dovuta alla scomparsa di Jürg Tschopp riesce a trovare i fondi e, nel contempo, a sostenere una piccola squadra di dottorandi del laboratorio losannese rimasti all’improvviso senza guida.

«Tornare in Ticino? L’ultimo dei miei pensieri»

«Le due borse che ricevetti, una dalla Svizzera, l’altra dall’Unione europea, mi permisero da una parte di costituire un mio gruppo di ricerca, dall’altra di garantirmi il titolo di professoressa assistente necessario per il mio percorso accademico». Sono anni di grandi soddisfazioni per Greta Guarda. Tuttavia, i tempi nella ricerca in immunologia sono piuttosto lunghi e per produrre articoli scientifici di spessore ci vogliono anni. Le borse di ricerca hanno una scadenza temporale e quando terminano i fondi, vengono a mancare i salari tuoi e del tuo gruppo di ricerca. Cinque anni dopo, l’unica alternativa per la ricercatrice e i suoi collaboratori è cercare un posto di lavoro presso un istituto prima che il rubinetto di chiuda. «Cominciai a guardarmi in giro: Losanna, Basilea, Tübingen. Tornare in Ticino non era necessariamente nei miei pensieri».

Quando la sorte ci mette lo zampino

La sorte decide diversamente. Proprio in quel periodo, in occasione di una conferenza sull’immunologia organizzata in Australia, Greta Guarda incrocia per caso una sua vecchia conoscenza: è il professor Lanzavecchia, il quale le chiede di tornare a Bellinzona per un seminario. «Accettai l’offerta. Poi, come succede spesso in queste occasioni, da cosa nasce cosa e in seguito, ottenni un posto di lavoro qui all’IRB come Group Leader». Da questo momento la carriera di Greta Guarda nel campo della ricerca immunologica continua ad evolvere. Non solo. «Siccome amo l’insegnamento, ho voluto portare avanti anche il discorso dal profilo accademico». Quando viene a conoscenza della neonata facoltà in scienze biomediche dell’USI, l’Università della Svizzera italiana, si mette subito a disposizione. Sposta la sua borsa che le garantisce il titolo di professoressa assistente dall’università di Losanna a quella di Lugano e inizia la collaborazione. Quattro anni fa accetta il vice decanato.

Un Cantone splendido

«Che dire: come ticinese è un privilegio essere tornata, perché viviamo in un Cantone splendido, dove la qualità di vita è notevole. Sono contenta che il caso mi abbia permesso di aver un gruppo di ricerca qui all’IRB, anche se ripeto, il Ticino non rientrava per forza nei miei obbiettivi. Tuttavia qui ho scoperto una ambiente accademico forte e una ricerca all’avanguardia. Se apriremo ancor più porte di quelle che sono state già aperte la crescita per questo Cantone sarà garantita».

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