L'imperfezione è insita nella comunicazione

Esiste davvero una comunicazione perfetta? Che vada a buon fine e centri l’obiettivo? Purtroppo non sempre è così. Ecco perché Gabriele Balbi, professore in media studies all’Università della Svizzera italiana e Peppino Ortoleva, professore di storia e teoria della comunicazione hanno deciso - ormai 5 anni fa - di lanciarsi in una impresa di ricerca non facile visto che, spiega Balbi raggiunto da La Domenica, «molte teorie della comunicazione mettono al centro l’idea che la comunicazione debba andare a segno e se ci sono dei problemi - di comunicazione - essi debbano essere risolti il prima possibile, mentre altre teorie minori tengono conto di una incomunicabilità umana a cui non c’è rimedio. Balbi e Ortoleva tentano allora di percorrere una terza via scrivendo «La comunicazione imperfetta» (Piccola biblioteca Einaudi). «Abbiamo preso in considerazione - spiega Balbi - alcuni problemi endemici ma naturali all’interno della comunicazione, problemi che possono provocare dolore e fastidio in chi comunica, che provocano incomprensioni e hanno un peso specifico». Uno di questi, protagonista in un mondo in cui la comunicazione è sempre più digitalizzata, è il «ghosting» o, per meglio dire, usando la definizione dell’Accademia della Crusca di Patrizia Paciocco: «diventare un fantasma è il nuovo fenomeno che dilaga nell’era della connessione globale per troncare ogni rapporto, che sia di amicizia o di coppia».
Troncare un rapporto
«Il ghosting - spiega Balbi - è per noi, all’interno dello studio, una delle forme di silenzio, una forma di silenzio interessante. Perché come il silenzio può avere molte interpretazioni differenti. Può significare ostilità oppure autoprotezione, oppure, ancora, eccessivo interesse, o disinteresse. Insomma non ha una codificazione precisa né da parte del mittente né da parte del ricevente». E tutto questo si acuisce enormemente con i social media, un luogo virtuale in cui è regina la logica di continuare a parlare, di essere chiacchieroni. Un po’ come nei media tradizionali. «Pensiamo alla radio: una delle cose peggiore è l’horror vacui, ovvero il silenzio - osserva Balbi -. Quindi i media in generale hanno questa esigenza di tentare di riempire gli spazi». E allora ecco che molta della nostra comunicazione contemporanea si rivela fatta non tanto per comunicare qualcosa di significativo, ma per tenere aperto un canale, un rapporto. «Se pensiamo a tutti i nostri messaggi su WhatsApp o su Instagram e alla nostra grande percentuale di «sorrisi» e «faccine» in realtà non comunichiamo niente, giusto? Ma teniamo aperto un canale. Ecco allora che quando - improvvisamente - questo canale si chiude torniamo al ghosting». Naturalmente questo provoca delle problematiche e anche del dolore. «E allora come rimediamo a questo dolore? Abbiamo dedicato un intero capitolo - l’ultimo - a come correggere il tiro, e comprendere quanto l’imperfezione sia insita nella perfezione», e quanto forse, aggiungiamo, sia insita nell’essere umano.
Vogliamo interpretare tutto
«La comunicazione imperfetta» approfondisce una vasta gamma di argomenti riguardanti la comunicazione e il suo impatto sulla società. «Uno dei problemi del capirsi male nella comunicazione - osserva Gabriele Balbi - è che tendiamo a interpretare tutto quello che gli altri fanno in qualche modo a dargli un significato». Non a caso Montaigne diceva che «La parola è per metà di chi parla e per metà di chi ascolta». Dunque non è mai una parola univoca e di conseguenza non è mai un silenzio univoco. Balbi parla anche del cambiamento dell’uso dei social network nel corso del tempo e del suo interesse nel studiare come le persone cambiano il modo di utilizzare i media nel corso della loro vita. «In questo caso esistono due teorie della comunicazione che si scontrano, dice Balbi. «Da un lato dicono che le abitudini che noi acquisiamo da adolescenti, da giovani, sono abitudini che ci portiamo dietro per tutta la vita... L’altra teoria invece dice che non è detto. Personalmente ho notato che le persone cambiano media e cambiano modo di usare il singolo medium nel corso del tempo».
Cambia il modo di comunicare
Tempo fa, agli albori di Instagram, eravamo quasi ossessionati dal fotografare ogni aspetto della nostra vita, a comunicare ogni singolo momento con i nostri followers. E poi, forse complice l’età, o semplicemente lo scemare della novità abbiamo cambiato modo di comunicare, o eliminato i contenuti pubblicati o, nei casi peggiori, non pubblicando più nulla. A tal proposito Balbi discute del ruolo dei social media e del passato. «Uno dei modi per gestire il «passato» sui nostri canali social è l’oblio, la cancellazione, tendiamo a eliminare un passato che non ci rappresenta più».
L’intelligenza artificiale
ChatGPT, Bing, o, ancora Midjourney. Insomma anche l’intelligenza artificiale ha un ruolo nella comunicazione «visto che può introdurre un ulteriore motivo di fraintendimento. È vero, abbiamo parlato di fraintendimenti tra esseri umani all’interno della comunicazione, che spesso fanno soffrire, ma ora dovremmo cominciare a parlare di fraintendimenti e di misunderstanding tra macchine e esseri umani», osserva il professore.
Insomma «La comunicazione imperfetta» offre una visione approfondita e riflessiva sulla comunicazione e sulle sue molteplici sfaccettature. La sua analisi offre spunti interessanti per comprendere meglio come comunichiamo e come possiamo migliorare la nostra capacità di capirci a vicenda.