L'inutile polemica sull'Eurovision che genera milioni
Taylor Swift in questo fine settimana si è esibita a Milano, due concerti (ieri e oggi) che secondo calcoli dell’ufficio studi di Confcommercio genereranno un indotto di 176,6 milioni di euro. Qualche giorno fa la cantautrice, produttrice discografica e attrice statunitense, è stata a Zurigo portando 100 mila persone - e un bel po’ di soldi - attorno al palco del Letzigrund. È il segno che un grande evento musicale produce importanti ricadute economiche. Non si capiscono dunque le polemiche in vista della prossima edizione di Eurovision Song Contest, che si svolgerà in Svizzera.
E si svolgerà in Svizzera, organizzato dall’European Broadcasting Union (Ebu), per effetto della vittoria - a maggio a Malmö - di Nemo, talento 24enne di Bienne. L’Udc nelle città che potrebbero ospitare l’evento - da Zurigo a Berna, da Basilea a Ginevra - ha già annunciato che si opporrà a qualsiasi contributo pubblico. Il presidente del partito, Marcel Dettling, ha detto che sarebbe meglio «donare il denaro a coloro che sono stati gravemente colpiti dalle intemperie invece di buttarlo per un imbarazzante evento arcobaleno».
Lasciando per un attimo da parte la questione ideologica, che ci porterebbe lontano, concentriamoci sull’aspetto economico, facendo una premessa sulla formula dell’investimento iniziale. Come ha fatto notare Jessie Smith economista di Oxford, specializzata in economia del turismo, «il finanziamento dell’evento (Eurovision) si basa su una combinazione di denaro proveniente dalla città ospitante, dalle emittenti, dalla vendita dei biglietti, dagli sponsor e da fondi governativi (anche se la sponsorizzazione sta rappresentando una quota sempre crescente dei finanziamenti per ridurre la dipendenza dal denaro dei contribuenti)».
Fatta questa premessa affidiamoci ai dati ufficiali, limitandoci alle ultime tre edizioni. Partiamo dall’ultima, quella di Malmö. Qui un rapporto commissionato dall’ente turistico della città dice che le ricadute economiche dell’evento - costato attorno ai 28 milioni di dollari - hanno portato benefici per un valore complessivo di 161 milioni di dollari. Poi c’è la ricaduta d’immagine, non meno importante. Questo senza tener conto di un dettaglio affatto irrilevante e cioè che il festival viene trasmesso in mondovisione a un pubblico di 200 milioni di spettatori.
Andiamo indietro di un altro anno. E siamo a Liverpool, edizione 2023. Qui il costo complessivo è stato attorno a 28,4 milioni di euro. La città ha versato 10 milioni, la BBC attorno ai 19 milioni. La ricaduta economica - secondo dati comunicati dalla Città di Liverpool e dall’Università - è stata di 63,4 milioni di euro per Liverpool e di 72,7 milioni di euro per tutta la regione. Sorprendenti i valori del bilancio di Torino che ha ospitato l’edizione 2022. Qui ufficialmente la spesa è stata di 22 milioni di euro, con il Comune che ha contribuito con 11 milioni, la Rai con un milione e 250 mila euro. Il resto è stato fornito da organizzazione e sponsor. Secondo i calcoli della Camera di commercio, la ricaduta nel solo settore turistico (sono arrivate oltre 128 mila persone) è stata di 22,8 milioni di euro. L’impatto complessivo sommando tutte le spese è stato di 66 milioni.
I soldi pubblici investiti per l’evento ovunque hanno innescato sempre uno straordinario giro d’affari con ricadute in termini economici e di lavoro sul territorio, e in gran parte sono rientrati nelle casse pubbliche attraverso le imposte. E allora - fatti due conti - ha ragione Albert Rösti, il capo del Dipartimento federale dell’ambiente, dei trasporti, dell’energia e delle comunicazioni, che pur appartenendo all’Udc ha uno sguardo concreto: Eurosong per lui è «un’opportunità a livello turistico» e «un’occasione per la Svizzera di presentarsi all’Europa e al mondo». E dire no è «una semplice posizione ideologica».