«L'Occidente ha già perso la guerra in Ucraina»
Ne ha accennato a gran voce il primo ministro dell’Ungheria Viktor Orbán, presidente di turno dell’Unione europea: l’Ucraina (e con lei l’Europa e gli Stati Uniti) non può vincere la guerra contro la Russia, che ha rifiutato le richieste di una tregua durante la sua «missione» di pace. Lo afferma anche un attento storico francese, il demografo e antropologo Emmanuel Todd, che in un documentato - e molto discusso - saggio profetizza «La sconfitta dell’Occidente» (Fazi editore, 360 pagine). Per Todd la disfatta coincide con la caduta morale di tanti Paesi, la denatalità, il consumismo, le guerre e le difficoltà economiche.
Professore, la sconfitta dell’Occidente, è più interna o esterna?
«Interna. E mi riferisco al crollo dei valori positivi del protestantesimo, della disciplina sociale ed educativa, della concezione implicita del progresso. Rispetto alle cause esterne, in questo caso le guerre - e perciò analizzo forza e debolezza di Russia e Ucraina -, anche se non ci sarà una vittoria russa, comunque vada a finire l’epilogo sarà sempre una seria sconfitta dell’Occidente».
Ne è davvero sicuro?
«Gli effimeri successi militari del nazionalismo ucraino hanno proiettato gli Stati Uniti in una spirale da cui non possono uscire se non a rischio di una sconfitta, non solo locale, ma globale, militare, economica e ideologica. Una sconfitta che attualmente significherebbe un riavvicinamento tra la Germania e la Russia, la de-dollarizzazione del mondo, la fine delle importazioni pagate da una «emissione di moneta collettiva interna» e una grande povertà. E non basta».
Che altro succederà?
«Insieme avremo anche una sconfitta commerciale del mondo anglo-americano che è stato privato della sua capacità industriale dalla globalizzazione, e al momento deve vedersela con varie difficoltà: creare ingegneri e altri studiosi, tecnici per la ripresa industriale».
È indispensabile sottrarre l’Ucraina alla Russia?
«L’obiettivo della Russia è ripristinare le antiche frontiere dell’epoca degli zar. Lo Stato Ucraino nato dal crollo dall’Unione Sovietica, per loro era assurdo dal punto di vista etnico. I russi vorranno arrivare fino ad Odessa e poi si fermeranno lì, instaurando un governo fantoccio nel resto dell’Ucraina».
A quel punto di chi sarà la colpa?
«Della politica. Quando in futuro gli studiosi indagheranno la storia della guerra in Ucraina, la considereranno un caso di completa cecità dell’élite politica che non ha saputo individuare pericoli e conseguenze. Il conflitto potrebbe degenerare con l’uso dei missili a lunga gittata che possono colpire il territorio russo; i russi potrebbero usare l’arma nucleare».
Non pensa siano un bluff le minacce nucleari?
«I russi sanno di essere piccolissimi di fronte alla Nato ma hanno un’idea assoluta della sovranità nazionale, cosa che in Europa non c’è. Direi che ci siamo impegnati a distruggerla, e quindi in questo senso non siamo capaci di capire l’atteggiamento russo. Ma se la sovranità russa venisse minacciata loro metteranno in atto i propositi nucleari: è un rischio serio».
Perché afferma questo?
«I politici raccontano all’opinione pubblica occidentale che l’economia migliora sempre, ma in realtà peggiora; che l’economia russa non esiste più, invece è in grado di produrre più armamenti degli Usa. Poi racconteranno che i russi non sono seri nelle loro minacce. I russi non hanno tollerato la richiesta dell’Ucraina di far parte della Nato e hanno fatto ciò che avevano minacciato: hanno invaso l’Ucraina».
Come valuta i due conflitti, Ucraina e Palestina?
«In questo momento sono affascinato dalle somiglianze sempre più evidenti del modello operativo ucraino e israeliano. I loro apparati di attacco e di difesa si ispirano a quelli degli Stati Uniti, e non avrebbero potuto resistere senza la presenza americana. Oggi si ha anche l’impressione che l’America non riesca più a controllare i suoi protetti».
Come si è arrivati a questo stadio?
«Negli Stati Uniti, nell’era della religione zero, l’impulso primario è solo la violenza. Il sogno nichilista dei nazionalisti ucraini ha travolto l’America e l’ha portata alla guerra con la Russia. E se valutiamo cosa sta succedendo a Gaza, in Israele e in Libano, giungiamo alla conclusione che tutto questo è nella tradizione americana. La particolarità oggi, è che gli Stati Uniti sono riusciti a portare la guerra in Europa. Un tempo le scatenavano solo in Medio Oriente. E oggi, per una volta, gli europei hanno la possibilità di capire che l’America non è il loro protettore ma il loro problema».
Perché l’America sarebbe un problema?
«La mia è una conclusione molto radicale alla quale sono giunto progressivamente. Durante la seconda guerra mondiale la mia famiglia si era rifugiata negli Stati Uniti, e avevo maturato una visione molto positiva di questo Paese. Ma se andiamo a vedere cosa è accaduto negli ultimi vent’anni, notiamo il declino di quella che è l’economia reale americana, ed è evidente che il freno dell’America al suo declino ha condotto la diplomazia a percorrere sentieri sempre più pericolosi che l’ha portata a fomentare delle guerre dappertutto».
Lei sembra giustificare l’operato di Putin?
«Per il fatto che studi e capisca i movimenti russi mi si accusa spesso di putinismo. Ma gli obiettivi russi sono chiari se solo ci prendiamo la briga di leggerli. Sanno di avere 144 milioni di abitanti con una superficie immensa per una popolazione che diminuisce e non vogliono impossessarsi di altri territori, se non di quelli indispensabili alla loro sicurezza. Lo dimostra il fatto che i russi sono felici di essersi sbarazzati dei polacchi, perciò, come ho detto, si fermeranno a Odessa».
Come usciremo da questa crisi globale?
«Sono uno storico con delle capacità limitate. Però affronto, analizzo ed esamino le questioni storiche specifiche, come la guerra in Ucraina, l’escalation della guerra israeliana, il disintegrarsi degli Stati Uniti e il fatto che l’Occidente sta perdendo la guerra. Non so in che modo, ma da questa crisi globale ne usciremo tutti con le ossa rotte».