L'intervista

L'unica svizzera della Groenlandia

Anne-Sophie Tindalid è la sola cittadina elvetica che vive nell'isola – E racconta il momento delicato che sta attraversando
©Evgeniy Maloletka
Andrea Stern
Andrea Stern
30.03.2025 15:00

A Nuuk la primavera non è ancora iniziata. «In questo periodo fa freddo, poi nevica, poi fa di nuovo molto freddo... siamo ancora in pieno inverno» spiega Anne-Sophie Tindalid, probabilmente l’unica cittadina svizzera che vive in Groenlandia, da ormai più di vent’anni. «C’è stato un altro svizzero che ha sposato una groenlandese, ma da anni non lo vedo più - racconta la nativa della Val de Travers -. Ogni tanto arriva qui anche qualche ricercatore, ma per brevi periodi. Di sicuro sono la svizzera che ha resistito più a lungo in Groenlandia».

Signora Tindalid, come è finita a vivere a Nuuk?
«Per amore. Da ragazza sono andata a studiare inglese in Galles, dove ho conosciuto un ragazzo delle Isole Faroe che viveva in Groenlandia. Dopo una prima fase in cui ci siamo frequentati a distanza, sono venuta per la prima volta con lui a Nuuk nel 2002. Non pensavo che sarebbe andata così, ma oltre vent’anni dopo sono ancora qui, abbiamo una bella famiglia, tre figli, stiamo bene qui in Groenlandia».

Ci stareste bene anche se dovesse essere annessa agli Stati Uniti d’America?
«Questo è un discorso molto complesso. Da parte mia spero che le decisioni che riguardano il futuro della Groenlandia non vengano prese in modo troppo affrettato. Qui si sente molto risentimento nei confronti dei danesi, c’è voglia di chiudere un capitolo che viene visto come solo negativo per la Groenlandia. E in effetti il dominio danese presenta diverse pagine oscure, come tutte le colonizzazioni. Ma la Danimarca ha preso coscienza dei suoi errori e oggi sta aiutando molto la Groenlandia. Chiudere subito tutti i ponti con la Danimarca rischia di essere un salto nel vuoto».

Ma come viene visto l’interesse degli USA?
«C’è chi pensa che con gli USA staremmo meglio, che mettendoci sotto la loro ala non avremmo più alcun bisogno dei danesi. Ho l’impressione però che i veri groenlandesi, quelli dei piccoli villaggi, non vogliano finire sotto un’altra potenza straniera. Loro vogliono l’indipendenza, vogliono essere liberi».

L’indipendenza è uno scenario concretizzabile?
«Quando sono arrivata qui, oltre vent’anni fa, avrei risposto di no. Oggi invece penso di sì. Perché il desiderio di indipendenza è davvero forte. Però bisogna fare le cose bene. La mia paura è che i groenlandesi, sentendosi addosso tutti gli occhi del mondo, si credano più forti di quello che sono veramente».

La Groenlandia non è forte?
«La Groenlandia è un’isola immensa con tantissime risorse ma pochissime persone. Non è un paese autosufficiente, non ha le strutture per gestirsi da sola. Certo, queste strutture si possono costruire. Ma ci vuole tempo. Per ora dipendiamo ancora fortemente dalla Danimarca, in primo luogo a livello economico».

Lei prima parlava di «veri groenlandesi». Ci sono anche i «finti groenlandesi»?
«No, però c’è una spaccatura tra gli abitanti di Nuuk, circa 20.000 persone che vivono in un ambiente urbano paragonabile a quello delle città continentali, e gli abitanti dei piccoli villaggi sparsi sulle coste, che vivono in condizioni molto complicate, lontano da tutto, spesso con problemi di povertà e alcolismo».

Due Groenlandie.
«Sì, è così. La capitale evolve, diventa sempre più grande, sempre più internazionale. I piccoli villaggi continuano a vivere di sussistenza e di aiuti dallo Stato. Ci sono villaggi che per nove mesi all’anno sono isolati dal mondo, sono raggiungibili solo tra giugno e agosto. Ed è in questi villaggi che il desiderio di indipendenza si sente in maniera più forte».

Lei si sente groenlandese?
«Io mi sento parte di questa società, ma i groenlandesi non mi vedono come una di loro. In questi ultimi anni si è sviluppato un forte sentimento anti-danese e ci sono persone che lo esprimono in maniera esplicita. Mi è capitato di percepire l’ostilità della popolazione locale, di subire delle reazioni piuttosto violente, perché ovviamente pensano che io sia danese. Quando poi scoprono che sono svizzera il loro atteggiamento cambia un po’».

In passato la Danimarca ha fatto degli errori. Si pensa in particolare alla vicenda della contraccezione imposti a migliaia di donne inuit, negli anni ‘60 e ‘70, con lo scopo di limitare la natalità sull’isola

Gli svizzeri sono visti meglio dei danesi?
«Tutti sono visti meglio dei danesi. Comunque sì, quando scoprono che sono svizzera fanno molte domande, sono curiosi di capire come si vive in un paese che unisce diverse lingue e culture. D’altra parte la Svizzera, seppur sia una realtà molto diversa, può essere un buon esempio di convivenza pacifica».

Come mai i danesi sono così odiati?
«È un fenomeno piuttosto recente. Quando sono arrivata qui si potevano fare tutte le scuole in danese, si poteva andare ovunque con il danese. Mio marito, che viene dalle Isole Far Oer ma è cresciuto qui, non ha mai dovuto imparare il groenlandese e infatti non lo parla. In vent’anni però il clima è cambiato. Oggi a scuola si insegna in groenlandese e chi parla danese in pubblico viene guardato male».

Perché?
«In passato la Danimarca ha fatto degli errori. Si pensa in particolare alla vicenda della contraccezione imposti a migliaia di donne inuit, negli anni ‘60 e ‘70, con lo scopo di limitare la natalità sull’isola. Sono fatti del passato che però sono balzati alla ribalta solo in questi ultimi anni, generando collera e risentimento verso i danesi. Il problema è che i groenlandesi restano fermi lì, alle ingiustizie subite, non riescono a vedere che i danesi hanno portato anche tante cose positive, uno Stato sociale forte e all’avanguardia, un sistema scolastico che funziona bene. Senza dimenticare che la Danimarca copre ancora oggi più della metà del budget della Groenlandia».

I danesi come reagiscono?
«Qualcuno se ne va. Noi stessi potremmo andarcene dalla Groenlandia, qualora il clima nei confronti degli europei dovesse farsi troppo ostile».

Tornerebbe in Svizzera?
«Ah no, io potrei anche farlo, ma per mio marito la Svizzera è troppo calda».

Eppure lei arriva dalla zona della Brévine, la Siberia della Svizzera.
«Sì, ma in Svizzera ci sono lunghi periodi caldi, si raggiungono temperature che qui sono inimmaginabili. Per lui sarebbe insopportabile. Penso che se dovessimo partire, andremmo alle Faroe».

I groenlandesi non vanno in vacanza al mare?
«C’è chi va in Thailandia o alle Canarie. Ma ci sono anche tanti groenlandesi che non sono mai usciti dall’isola, magari neanche dal loro villaggio».

Voi dove andate in vacanza?
«Noi ci dividiamo tra la Svizzera e le Faroe, per visitare le nostre famiglie. E poi ci concediamo qualche escursione qui sull’isola».

Che tipo di escursione?
«Qui a Nuuk si tende a prendere un battello per fuggire dai ritmi cittadini e andare a rilassarsi in piena natura, in una piccola capanna, cercando di vivere in modo selvaggio».

La vita a Nuuk è così frenetica?
«È una cittadina di 20mila abitanti ma è pur sempre una capitale. Ed è una città in forte crescita. Continuano a spuntare nuovi edifici, nuovi quartieri, nuove strade, nuovi negozi».

Chi è tutta questa gente che vuole venire a vivere a Nuuk?
«C’è un po’ di immigrazione, principalmente dall’Asia. Ma molti dei nuovi abitanti di Nuuk sono groenlandesi stessi, che arrivano in città per studiare o per lavorare e non tornano più nei loro villaggi. Da quando abito qui la popolazione di Nuuk è cresciuta di 5mila abitanti e le autorità prevedono un’ulteriore crescita di 10mila abitanti nei prossimi anni».

La vita a Nuuk è cara?
«Bisogna considerare che quasi tutto quello che consumiamo è importato. In Groenlandia non crescono frutta e verdura, c’è solo qualche coltivazione di patate al sud. Quindi sì, la vita è cara, ma lo è ancora di più nei piccoli villaggi isolati dove le consegne sono più difficili».

Siamo coscienti che c’è un problema climatico ma non possiamo modificare più di tanto il nostro comportamento. Non possiamo diventare autonomi coltivando le nostre verdure nell’orto, non possiamo rinunciare all’aereo per spostarci e non è possibile fare la raccolta differenziata dei rifiuti

In compenso avrete tanto pesce.
«Sì, io stesso lavoro nell’amministrazione di un’azienda che esporta pesce. È una risorsa importante, ma bisogna svilupparne altre. Non possiamo pensare di basarci solo sulla pesca».

Mangiate anche le balene?
«Sì, capisco che possa sembrare controverso, ma per i groenlandesi la balena è una risorsa locale, alla pari della foca. Sono animali che crescono qui, in un ambiente immacolato. Non bisogna abusare con la caccia ma credo che sia molto meglio mangiare balena locale che importare carne da allevamenti esteri. L’obiettivo è di poter vivere con le risorse locali, non di estinguerle. Oltretutto la carne di balena è molto buona».

E l’orso polare?
«Può capitare. L’orso è una specie protetta, ci sono delle quote per la caccia.Ma quando se ne uccide uno, allora si utilizza proprio tutto, compresa ovviamente la carne».

Lei ne ha già visti?
«Sì, quando sono arrivata a Nuuk mi dicevano che gli orsi si facevano vedere in città una volta ogni vent’anni. Invece ne sono arrivati già cinque o sei...».

Come reagite quando l’orso arriva in città?
«Si cerca di allontanarlo, di fare in modo che non si ambienti nella regione. Solo nel caso in cui non se ne vuole andare, allora gli si spara».

Girate con il fucile?
«A Nuuk no. Però ci sono dei villaggi isolati che vengono regolarmente attraversati dagli orsi. In queste regioni si raccomanda di prendere sempre un fucile quando ci si sposta».

I groenlandesi vedono il riscaldamento globale come un’opportunità?
«Può essere un’opportunità ma anche un rischio. In generale vedo che il tema viene affrontato diversamente che nel resto d’Europa. Siamo coscienti che c’è un problema climatico ma non possiamo modificare più di tanto il nostro comportamento. Non possiamo diventare autonomi coltivando le nostre verdure nell’orto, non possiamo rinunciare all’aereo per spostarci e non è possibile fare la raccolta differenziata dei rifiuti».

Ma anche voi avvertite i cambiamenti?
«Questo resta un paese dove l’inverno dura nove mesi e dove non esistono periodi di canicola. Ho l’impressione però che negli ultimi anni il tempo stia diventando più instabile. Il bel tempo non dura mai a lungo».

Cosa fate durante l’inverno, quando è buio tutto il giorno?
«Lavoriamo otto ore al giorno, come sempre, e poi facciamo molte attività all’interno. È chiaro che è tutto più difficile, ma ci si abitua. In compenso durante i mesi estivi c’è tantissima luce e approfittiamo di stare all’esterno».

Pensa che l’attenzione che state ottenendo in questo periodo gioverà alla Groenlandia?
«Probabilmente arriveranno più turisti, anche grazie al nuovo aeroporto. Ma speriamo che non diventi un turismo di massa, come in Islanda. Io penso che la Groenlandia abbia bisogno di fare un piccolo passo alla volta. Deve tenere i piedi per terra, senza montarsi la testa. Senza dimenticare che è pur sempre un paese di soli 55mila abitanti».

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