Ma i centri commerciali hanno ancora senso?
Nati a partire dagli anni ‘70 come tempi dello shopping in cui meravigliarsi dell’abbondanza di mercanzia a portata di mano, i centri commerciali si trovano oggi in crisi di identità. Confrontati con la concorrenza delle piattaforme online e della vicina Italia, nonché con la contrazione del potere d’acquisto della clientela, i centri commerciali parrebbero essere giunti al termine di un’era, come dimostra la chiusura definitiva, ieri, dei negozi di Manor nel Centro Breggia di Balerna e nel Centro Manor, ormai Centro La Rotonda, di Sant’Antonino, aperti rispettivamente 50 e 17 anni fa.
«Ma non credo che i centri commerciali siano destinati a scomparire - premette Carmine Garzia, professore ordinario di strategia aziendale alla SUPSI e docente all’USI -. I centri commerciali continueranno a esistere, però dovranno essere centri commerciali focalizzati su una determinata particolarità, dovranno trovare una vocazione specifica che permetta loro di differenziarsi dall’offerta delle piattaforme online e quindi di restare attrattivi agli occhi della clientela».
Come non farsi abbandonare
Negli Stati Uniti, ma anche in altri Paesi europei, non sono rari i cosiddetti «dead malls», centri commerciali resi ridondanti dalla concorrenza fisica e digitale e che hanno finito per essere abbandonati. Sono ruderi che faticano a essere riciclati se non - ironia della sorte - come centri di smistamento di Amazon.
Anche il Ticino ha il suo centro commerciale abbandonato, il Centro Ovale di Chiasso, un progetto nato storto e proseguito peggio, che in una certa misura conferma la tesi secondo cui i centri commerciali, se vogliono affermarsi in un mercato ormai saturo, devono riuscire a emergere dalla massa.
«Non direi che oggi ci sono troppi centri commerciali - prosegue Garzia -.Ci sono però forse troppi centri commerciali indifferenziati, che propongono più o meno tutti le stesse cose. I centri commerciali che hanno un futuro sono quelli che possono contare su uno o più «anchor tenant», ovvero inquilini di forte richiamo, oppure puntare su un determinato mercato. Ci può essere per esempio il centro commerciale focalizzato su un’offerta budget, quindi con prodotti a prezzi estremamente vantaggiosi, oppure un centro commerciale premium con una food hall, dove oltre a fare acquisti è anche possibile gustare specialità gastronomiche o sorseggiare un bicchiere di vino. Ha senso anche un centro come ilFoxTown di Mendrisio, che ha una sua propria specificità. Infine, anche un centro commerciale generalista può rimanere sulla breccia, se si trova in una posizione geografica particolarmente interessante».
Più stress, meno shopping
La vicinanza alla clientela è infatti sempre più un fattore chiave. Uno studio dell’Istituto Gottlieb Duttweiler (vedi intervista a fianco) evidenzia che gli svizzeri hanno sempre più tempo libero ma si sentono anche sempre più stressati. Il 60% degli interpellati dice di aver vissuto un aumento dello stress negli ultimi cinque anni. Il risultato è che si tende a ridurre il tempo speso per le attività ritenute meno interessanti, tra le quali sempre più spesso figura anche lo shopping. Nel 1997 gli svizzeri impiegavano in media 139 minuti a settimana per fare acquisti, nel 2023 sono scesi a 115 minuti e la grande maggioranza vorrebbe impiegarne ancora meno.
«Il consumatore perde interesse ad andare in un centro commerciale per acquistare prodotti che può trovare più comodamente sulle piattaforme online - riprende Garzia -. Il centro commerciale deve quindi reinventarsi focalizzandosi su una specifica offerta oppure proponendo esperienze che vanno oltre l’acquisto».
Gastronomia, sport, giochi
È quello che si stanno impegnando a fare i centri commerciali ticinesi. «Noi cerchiamo di affittare superfici a inquilini che offrono servizi più che attività puramente commerciali - spiega Sara Radaelli, direttrice del Parco commerciale Grancia -. Abbiamo ampliato l’offerta di ristorazione, stiamo costruendo dei campi di padel sopra il Conforama, abbiamo in programma di aprire una sala giochi di realtà virtuale. È la nostra direzione per dare alla clientela ulteriori motivi di venire a trovarci. Vogliamo permettere di vivere delle esperienze che vadano oltre il semplice acquisto».
Non va per forza tutto male
Sono sforzi che vengono premiati. Poiché se in settimana il Centro di ricerca congiunturale (KOF) del Politecnico di Zurigo ha delineato un quadro poco esaltante del commercio al dettaglio ticinese, parlando di «risultati inferiori alle attese», al Parco commercialeGrancia invece si esprime soddisfazione per l’andamento degli affari negli ultimi mesi. «Siamo abbastanza fortunati - afferma Radaelli -, è un periodo in cui stiamo andando piuttosto bene».
Da notare inoltre che al Parco commerciale Grancia non c’è un solo spazio libero. Tutte le superfici sono affittate. Uno scenario ben lontano da quei «dead malls» che l’espansione del commercio online potrebbe far immaginare anche alle nostre latitudini.
Reinventandosi, i centri commerciali resistono. Ed è quello che intendono fare anche il Centro Breggia e il Centro La Rotonda, inserendo nuovi contenuti, trasformando la partenza di Manor in un’opportunità per proiettarsi verso il futuro.