Cultura

Nel vecchio Far West sulle tracce dei ticinesi

La storia dei pionieri arrivati in una terra selvaggia, vicende umane e sociali che hanno segnato un’epoca e le rotte dell'emigrazione
Lo Swiss-American Saloon si trovava a East Butte, i cavalli e il carro erano di proprietà di Dan Parini.
Flavia Leuenberger Ceppi
24.09.2023 11:00

La prima volta che mi sono recata a Butte, nel Montana, è stato nel 2013. Ho incontrato, per il progetto fotografico dedicato all’emigrazione ticinese «Moghegno-Monterey», i nipoti di Tony Canonica, un emigrante locarnese della fine del XIX secolo. Pat Mohan mi ha accompagnato a visitare l’archivio storico della città, il «Butte-Silver Bow Public Archives», dove, con mio grande stupore, ho scoperto che sono stati molti i ticinesi giunti in questa località. Ho lasciato l’edificio con un bagaglio di informazioni aggiuntive, diversi ritagli di giornale e un grande desiderio di poter tornare un giorno con lo scopo di saperne di più sull’argomento. Quel momento è finalmente arrivato e, grazie alla collaborazione con l’archivio cittadino, ho potuto accedere a una vasta e splendida documentazione fotografica d’epoca che, accompagnata da personali e lunghe ricerche storiche, mi ha permesso di conoscere come vivevano nel vecchio West alcune famiglie ticinesi: i Parini, i Vanina, i Canonica, i Campana e gli Strozzi.

La nascita di una città aperta

Butte, Montana, è una città di circa 30.000 abitanti, capoluogo della Contea di Silver Bow. Nasce come campo minerario negli anni ‘60 del XIX secolo e, nelle sue prime fasi, diventa molto importante per l’estrazione di oro e argento. In seguito crebbe in modo esponenziale con l’avvento dell’elettricità, facilitato dalle grandi riserve naturali di rame della zona. Le miniere attirarono minatori da diverse parti del mondo: Cina, Inghilterra, Irlanda, Finlandia, Italia e molte altre nazioni, tra cui la Svizzera. L’enorme afflusso di gente diede a Butte la reputazione di città aperta, dove ogni vizio era accessibile (saloon, birrerie, quartieri a luci rosse). Alla fine del XIX secolo aveva raggiunto i 100.000 abitanti, diventando la città più grande tra Chicago e San Francisco. Negli anni ‘90 del XIX secolo, Butte forniva oltre il 25% del rame mondiale e oltre il 50% di quello statunitense.

Dopo un secolo di economia incentrata sull’estrazione mineraria, negli anni ‘90 la comunità di Butte ha iniziato una campagna consapevole per diversificare la propria economia. Nuove industrie si sono insediate nella città, che ha anche iniziato a utilizzare il suo Historic Uptown District, a lungo trascurato, uno dei più grandi distretti storici degli Stati Uniti, per festival ed eventi pubblici. L’aria che si respira oggi a Butte è quella di una comunità orgogliosa del suo passato minerario, caratterizzata da splendidi edifici storici che offrono ai visitatori uno sguardo importante sulla storia del West.

Per certi versi, la parte storica di questa città mi ricorda un po’ una piccola San Francisco, per i suoi su e giù; è la terza volta che visito questo luogo e l’impressione è sempre quella di tornare indietro nel tempo...

Alla ricerca di una nuova vita e di un lavoro

Quando si pensa all’emigrazione ticinese negli Stati Uniti si fa subito riferimento allo stato della California dove, tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo, arrivarono circa 27.000 ticinesi. Alcuni di loro, però, decisero di spostarsi all’interno del Paese in cerca di diverse opportunità lavorative, e una buona parte arrivò anche in Montana: è proprio per queste realtà quasi sconosciute che ho voluto approfondire la questione. Sfogliando le fotografie d’epoca che li ritraggono, ho percepito il desiderio di rispolverare le loro storie cercando di farle «rivivere» attraverso questo progetto fotografico.

Con l’aiuto della stampa su supporto trasparente, ho voluto creare una permeabilità tra il passato e il presente: l’intento è quello di rendere giustizia alle storie delle loro famiglie evidenziando quanto i loro sacrifici abbiano contribuito a rendere Butte la città che poi è diventata. È stato interessante scoprire come diverse famiglie, dopo un primo periodo, si siano insediate nelle campagne circostanti, in particolare nella magnifica valle di Elk Park, che divenne la patria di diversi contadini ticinesi. Le vecchie immagini appartengono a due collezioni dell’archivio storico di Butte: la Clemente Liva Photo Collection e la C. Owen Smithers Photograph Collection; alcune sono state invece fornite dalle famiglie.

Famiglia Strozzi

Battista Strozzi (1862-1929) lasciò Biasca all’età di 14 anni con il fratello Emilio e il cugino Manuel. Viaggiarono nascosti nella stiva della nave con delle mucche il cui latte permise loro di sopravvivere al lungo viaggio. Battista arrivò in Nevada dove imparò ad estrarre il carbone, lo stesso che poi trasportò a Butte per venderlo ai fabbri. Nel 1884 si stabilì a Woodville Canyon, nella periferia di Butte, dove iniziò l’attività casearia. Nel 1893 si unì a Martina Rossetti, sua amica d’infanzia, e si sposarono, trasferendosi a Elk Park dove iniziarono a vendere il latte all’ingrosso; possedevano circa sessanta mucche.  Ebbero 3 figli: Robert Guido, Joe e Anita, inizialmente la loro prima scuola si trovava proprio nella prateria di Elk Park. Nel 1912 vendettero il loro ranch alla famiglia Cerise e si trasferirono a Pipestone per continuare l’attività casearia: il latte veniva trasportato a Butte con il treno.

Famiglia Vanina

Mose Vanina lasciò Biasca nel 1877 e arrivò inizialmente a Pony, nel Montana, e poi a Meaderville (Butte). Nel 1902 acquistò la «Swiss American Dairy» e affittò un pascolo dove mungeva le mucche durante l’estate. Nel 1909 tornò in Ticino per sposare Elvira Rodoni, che arrivò negli Stati Uniti pochi mesi dopo di lui, attraversando gli Stati in treno e rimanendo colpita dalla vastità degli spazi infiniti. Nel 1910 si trasferirono a Woodville, acquistarono una casa e la «Elgin Dairy», dove inizialmente Mose consegnava il latte con cavalli e calessi. La loro attività è stata l’ultima latteria al dettaglio della Woodville-Elk Park Valley, gestita e operata per 80 anni dalla famiglia Vanina. Mose ed Elvira ebbero cinque figli, uno dei quali, Julius Vanina (1915), fu proprietario e gestore della «Elgin Dairy» per oltre 50 anni. Consegnava il latte porta a porta a Butte, dove era ben conosciuto e amato da tutti i suoi clienti.

Famiglia Canonica

Tony «The Tinner» Canonica emigrò a 16 anni da Locarno e nel 1881 arrivò a Virginia City, Nevada. Due anni dopo giunse a Butte, dove inizialmente lavorò come operaio e lattoniere per diversi proprietari, riparando pentole e padelle. Imparò a fare il fabbro e a lavorare la lamiera. Dopo alcuni anni di esperienza, acquistò il «Jones tinsmith business» per trasformalo in «Tony’s Tin Shop» nel 1898. Qui realizzò tazze, tappi di latta, ciotole, caldaie, secchi per il latte e molti altri oggetti di uso quotidiano.  Nel 1906 sposò Mary e nel 1914 costruì il suo negozio al 108 di South Arizona Street, un anno dopo completò il primo piano: era grande 6 metri per 3. Canonica morì nel 1948 e suo figlio, noto come il leggendario «Tony the Trader» di Butte,  divenne proprietario dell’edificio per quasi quattro decenni.

Famiglia Campana

Rocco Campana emigrò dalla Val Colla e arrivò a Butte nel 1886 insieme alla moglie Pellegrina; all’epoca la città era ancora un campo minerario dal futuro precario. Rocco aprì dapprima un saloon poi, fiducioso del potenziale della città, investì i suoi risparmi in una proprietà al suo angolo. Nel 1890, tre fratelli si unirono a lui: Clemens, Celeste e Constant gestivano un emporio in città, mentre Rocco si occupava della vendita all’ingrosso di liquori e sigari. La residenza di famiglia si estendeva ai piani superiori del negozio e del bar. Rocco morì improvvisamente a soli 46 anni, lasciando nove figli e la moglie che gestirono l’attività fino alla sua morte, avvenuta nel 1925. Alcuni hanno recentemente affermato di aver visto il fantasma di Pellegrina presiedere dietro il bar. La loro è stata una delle attività familiari più longeve della città. L’edificio, ancora oggi, presenta sulla facciata esterna l’iscrizione originale in rilievo: «Campana 1984».

Famiglia Parini

Daniel Parini lasciò Iragna alla fine degli anni Ottanta del XIX secolo, lavorando dapprima in California in un campo forestale. In seguito si trasferì a Butte dove lavorò come minatore nella miniera di Blue Bird. In seguito acquistò una propria fattoria a Elk Park. In quel periodo iniziò una corrispondenza con Olimpia Tartini, sua amica d’infanzia. Nel 1904 decise di unirsi a lui e divenne sua moglie. Nei 12 anni successivi nacquero 17 figli (12 maschi e 5 femmine). I figli lasciarono tutti Elk Park, ad eccezione di John e Rudy, che rimasero nel ranch fino al 1974, trasformando poi la fattoria in un allevamento di animali. La famiglia Parini contribuì alla prosperità della città e dei suoi dintorni; vi erano diverse attività in cui i figli erano coinvolti: tavole calde, fonditori, imbianchini, costruttori, inservienti,... Sero Parini (1918) si stabilì e risiedette a Elk Park. Nel 1941, Sero e nove dei suoi fratelli si iscrissero al servizio selettivo per la Seconda Guerra Mondiale; furono il gruppo familiare più numeroso a farlo.

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