La domenica

Nella giostra delle modernità di Dubai dove la ricchezza finisce nel dormitorio

Istantanee dalla città degli Emirati Arabi Uniti: l’analisi di Prisca Dindo
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Prisca Dindo
12.12.2021 08:22

Vi siete mai chiesti se il paese dei balocchi descritto da Carlo Collodi nel romanzo Pinocchio esiste davvero? Di sicuro per architetti ed ingegneri quel luogo dove tutto sembra essere concesso porta il nome di Dubai. Lo si intuisce non appena dall’oblò si scorge la metropoli di notte, quando un tripudio di luci e colori accende il deserto arabico, dopo sei ore di volo da Milano Malpensa. Il plotone di grattacieli futuristici puntati verso il cielo disarma il viaggiatore. All’atterraggio l’aereo sembra zigzagare tra cime e guglie che spuntano dalle nuvole.

L’enorme ricchezza accumulata negli anni e l’ambizione del governo dell’Emirato arabo di essere sempre all’avanguardia hanno trasformato i sogni in realtà. Qui si può costruire un albergo a forma di vela con un eliporto sul tetto; il Burj Al Arab, che si trova al largo della spiaggia di Jumeirah, è stato inaugurato nel 1999. L’albergo vanta sette stelle ed è stato progettato dall’architetto inglese Tom Wright.

Duecentodue camere: la più «piccolina» è di duecento metri quadrati. Oggi la «Vela» di Wright, ispirata alle imbarcazioni tradizionali arabe, è il simbolo di Dubai ed è fonte d’ispirazione in tutto il mondo.

Oppure si può costruire nel cuore della città un grattacielo alto come il Monte San Salvatore: una prodezza stilistica che reca la firma dell’archistar statunitense Adrian Smith.

Gli ottocentoventicinque metri del Burj Khalifa, la struttura più alta mai realizzata dall’uomo sulla terra, bucano il cielo con l’eleganza di uno stelo di fiore. Di notte i pannelli di vetro che ricoprono la torre s’illuminano in uno show di luci e musica che si può ammirare dal Dubai Mall, il centro commerciale più grande del pianeta. Roba da far girare la testa. Oppure ancora, si può trasformare un museo in un miracolo dell’ingegneria. Il Museum of the Future dell’architetto sudafricano Shaun Killa, che sarà inaugurato fra poco, è stato inserito di recente dal «National Geographic» tra i quattordici musei più belli del mondo. La sua unicità è soprattutto legata alla superficie dell’edificio. L’enorme ellisse in acciaio posata nel bel mezzo del quartiere finanziario è interamente intarsiata con scritte arabe: sono i versi di una poesia scritta da Sheikh Mohammed Bin Rashid Al Maktoum, il vicepresidente e primo ministro degli Emirati.

A Dubai le isole non esistono: vengono create artificialmente. Palm Jumerah è una delle principali attrattive della metropoli.

La sua forma di foglia di palma protetta da una mezzaluna frangiflutti attira frotte di turisti.

L’isola è stata costruita con materiali naturali in soli sei anni ed è talmente grande che la si scorge dallo spazio. Il sultano ha chiamato i migliori ingegneri del mondo per realizzarla.

Saltando sulla monorotaia panoramica che percorre il tronco della palma per tutta la sua lunghezza, si raggiunge l’hotel Atlantis: un albergo a cinque stelle dall’architettura arabeggiante, impreziosito da un acquario che ricrea la leggenda della città perduta di Atlantide.

Alla fine, non vorresti più scendere da questa enorme giostra di modernità. Poi però di notte, quando incroci gli sguardi degli operai stipati sui pulmini diretti ai dormitori bollenti costruiti ai margini della metropoli, ti rendi conto che a Dubai la cuccagna non è per tutti.

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