No a quel granito nelle mani dei cinesi
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Quando sente parlare di economie che puntano su prodotti a chilometro zero, scrolla la testa. Non perché sia contrario al principio. Anzi, «lo ritengo fondamentale», dice Giovanni Polti. «Scrollo la testa – chiarisce il cavista di Arvigo - perché ritengo che i Grigioni abbiano poco riguardo per la produzione indigena del mio settore». Giovanni Polti dirige la Alfredo Polti Sa insieme alla sorella Vania. Lui si occupa della direzione tecnica, lei di quella amministrativa. Due aree distinte individuate dai fratelli negli anni’90 quando, confrontati con i problemi di salute di papà Alfredo, decisero di rilevarne l’attività. Ancora per diversi anni al loro fianco è rimasta mamma Anna, da sempre attiva in azienda con il papà Fredy.
La cava in cifre
Con trentacinque operai è una cava tra le più grandi della Svizzera, oggi la Alfredo Polti SA è il principale datore di lavoro della Val Calanca. In cantiere si incontrano molte figure specializzate: minatori con permesso di brillamento, macchinisti, tecnici delle perforazioni, scalpellini, fresatori, tagliatori. «Si tratta soprattutto di italiani, spagnoli e portoghesi, che spesso dobbiamo formare».
Per questa famiglia affiatata, la pietra naturale calanchina non ha segreti: alle spalle hanno quattro generazioni tra scalpellini e cavisti. Loro sono anche gli ultimi rimasti a cavare pietra ad Arvigo: i loro cugini che avevano ereditato l’altra cava del paese appartenuta a Lino Polti, fratello di Alfredo, hanno deposto da tempo lo scalpello. Ogni giorno vengono estratti dagli ottanta ai cento metri cubi di pietra naturale. «Si tratta di gneis, non di granito come pensano in molti sbagliando» , puntualizza Giovanni.
Gneis, non granito
Granito e gneis non sono la stessa cosa. «La prima grossa differenza - racconta l’imprenditore - è geologica: il primo è magmatico, mentre il secondo metamorfico». La composizione dello gneis è la stessa del granito, però la struttura è diversa. Se nel granito i minerali quarzo, feldspato e mica sono sparpagliati in tutte le direzioni, nello gneis questi elementi sono disposti parallelamente. Quest’orientamento particolare porta alla formazione di strisce che si sfaldano sottoforma di lastre «così, il materiale calanchino «è più «spiodabile» rispetto al granito, per dirla con una parola presa in prestito dal dialetto».
Pure la pietra naturale della val Maggia e della val Onsernone ha caratteristiche molto simili allo gneis della Val Calanca. «I due materiali si assomigliano molto, così operiamo spesso sullo stesso mercato». Discorso diverso per le cave della Riviera la cui pietra ha altre caratteristiche «a partire dal colore più chiaro rispetto al nostro, perciò ci troviamo raramente in concorrenza».
Lo gneis è molto utilizzato per la sovra- e sottostruttura, i tetti in piode, e per tutti i prodotti da giardino: fontane, tavoli, piscine e specchi d’acqua, tavole e sedute, muretti e palizzate. «Più della metà della nostra cifra d’affari è legata alla Svizzera tedesca dove il «Tessiner Garten» è quello in pietra».
Concorrenza spietata
Negli anni 70 il mercato più importante per le cave ticinesi e calanchine era quello germanico. Allora la concorrenza con l’Asia e il Sud America era inesistente. Oggi il mondo è diventato più piccolo ed è difficile stare a galla. Ecco perché secondo Giovanni Polti il Grigioni dovrebbe puntare maggiormente sulla pietra a chilometro zero «invece basta guardare agli appalti pubblici per capire che le cose stanno diversamente. Secondo l’imprenditore la sostenibilità di cui tanto parla la politica non è soltanto ambientale, ma dovrebbe essere pure sociale ed economica. «Parametri che noi cavisti svizzeri rispettiamo alla lettera - partendo dagli stipendi alti che garantiamo ai nostri operai - ma non è così per tutti».
Lo gneis «cinese»
L’imprenditore grigionese porta l’esempio di un comune della provincia di Cuneo dove si estrae una pietra che è simile a quella della Val Calanca. Oggi la lavorazione in questa regione è in mano ai cinesi, sostiene Polti. «I cinesi - spiega concludendo - vendono a prezzi nettamente inferiori il prodotto finito alle aziende italiane che a loro volta lo propongono alle aziende svizzere che partecipano alle gare d’appalto pubbliche con prezzi molto più concorrenziali; niente di scorretto: la pietra proviene da un paese dell’Unione europea; tuttavia, sfido chiunque a dimostrare che la loro politica ambientale e sociale sia paragonabile alla nostra».