La riflessione

Occorre fiducia nella ragione e nella scienza

I cosiddetti intellettuali dovrebbero aiutare di più la democrazia a risollevarsi dalle sue incertezze, e non limitarsi a denigrarla
Il filosofo e linguista statunitense Noam Chomsky ritiene giustamente che la ragione è lo strumento fondamentale, di cui dispone l’umanità per debellare le menzogne e le oscurità del potere. ©Chiara Zocchetti
Gerardo Rigozzi
03.03.2024 06:00

A partire dal Settecento l’uomo occidentale ha scoperto i diritti fondamentali dell’individuo, specificati in altrettante forme di libertà di espressione, di iniziativa, di pensiero, di religione, ecc. Ciò ha permesso lo sviluppo della scienza, dell’industria, dell’imprenditoria e dell’economia di mercato, in una parola: del progresso. Purtroppo questa affermazione della dimensione individuale tende a svanire nella società moderna, in seguito alla prepotente affermazione delle multinazionali e all’irrompere dei vari Social che danno la stura a ogni sfogo e a ogni sorta di particolarismo, in un gioco darwiniano di supremazia del più forte, di colui che grida di più e che possiede di più.

I cosiddetti intellettuali dovrebbero aiutare di più la democrazia a risollevarsi dalle sue incertezze, e non limitarsi a denigrarla e a rinnegare il passato in nome di una non ben definita «politically correct» o «cancel culture». Anche da noi, non solo in America, c’è quasi una sorta di fastidio da parte di taluni «profeti del catastrofismo» nei confronti delle libertà fondamentali di pensiero e di azione, acquisite a fatica nella nostra storia occidentale.

Il filosofo e linguista statunitense Noam Chomsky ritiene giustamente che la ragione è lo strumento fondamentale, di cui dispone l’umanità per debellare le menzogne e le oscurità del potere. Anche lo scienziato cognitivo canadese dell’Università di Harvard, Steven Arthur Pinker, ritiene che il benessere umano è aumentato notevolmente negli ultimi tempi grazie a valori Illuministi come la scienza, la ragione e l’umanesimo. La razionalità dovrebbe essere la nostra stella polare in tutto ciò che pensiamo e facciamo; eppure, secondo Pinker, «la sfera pubblica è infestata da fake news, terapie di ciarlatani, teorie del complotto e una retorica della postverità». Anche il premio Nobel Giorgio Parisi, in un intervento per il «Guardian» e poi per «La Stampa», denuncia la sfiducia verso la scienza: «Stiamo entrando in un periodo di pessimismo riguardo al futuro radicato in crisi di varia natura: quella economica, quella correlata al clima, quella dell’esaurimento delle risorse (...). Se un tempo alla scienza si riconosceva il merito del progresso, oggi la si biasima per il declino, non importa se reale o solo percepito. La scienza talvolta viene ritenuta una cattiva maestra che ci spinge nella direzione sbagliata, e modificare questa percezione non è facile. In parole povere, si crede che gli scienziati facciano parte dell’élite e, pertanto, non siano meritevoli di fiducia». Per confutare le pretestuose critiche alla scienza, Parisi è dell’opinione che occorra spiegarne maggiormente le ripercussioni: «Se non ci fidiamo della scienza, non saremo in grado di contrastare il riscaldamento globale, le malattie infettive, la povertà, la fame e il depauperamento delle risorse naturali».

Pure i valori delle democrazie liberali, quali la libertà di pensiero, di iniziativa, di imprenditorialità, sono messi a rischio. Ed è molto strano che pochi movimenti di opinione si ergano a paladini di questi valori fondamentali.

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