Pagano la cassa malati, ma vanno in Italia per gli esami medici
Oltre che a fare la spesa, andare dal parrucchiere, strafogarsi di sushi al ristorante e magari anche far riparare l’automobile, sono sempre più numerosi i ticinesi che in Italia vanno anche a farsi curare. «Sono andata a fare le analisi del sangue in un centro medico a Luino - spiega una lettrice de La Domenica -. Mi sono costate la metà di quanto le avrei pagate in Svizzera».
Apparentemente è un’assurdità andare all’estero a fare gli esami di routine dopo aver contribuito con i propri premi di cassa malati a finanziare uno dei sistemi sanitari più cari al mondo. Ma in realtà, ancor prima che un’assurdità, è un modo per risparmiare.
Perché l’esplosione dei premi di cassa malati spinge molti assicurati in buona salute, tra cui la nostra lettrice, a optare per la franchigia di 2.500 franchi. Una scelta, quella della franchigia massima, che accomuna la maggior parte degli assicurati tra i 26 e i 45 anni e che è molto diffusa anche tra i meno giovani.
Il problema nasce però quando occorre affrontare delle spese mediche o anche solo quando si vuole ottenere rassicurazioni sul proprio stato di buona salute. Chi ha la franchigia a 2.500 franchi deve sborsare ogni centesimo fino a tale cifra. E quindi, già che non può avere un rimborso, preferisce aprire il borsellino dove gli costa meno.
Una volta era il dentista
«L’alternativa è non curarsi - afferma il dottor Franco Denti, presidente dell’Ordine dei medici del canton Ticino -. Sappiamo che negli ultimi dieci anni è raddoppiato il numero di persone residenti in Svizzera che rinunciano alle cure sanitarie. Spesso sono persone che mettono la franchigia al massimo per pagare premi più bassi. Poi, se succede qualcosa, preferiscono non andare dal medico per evitare di intaccare la franchigia. Oppure, effettivamente, c’è chi va oltreconfine. Una volta si andava in Italia per il dentista, oggi anche per altre prestazioni mediche».
Il fenomeno è difficilmente quantificabile. Anche perché le fatture per queste prestazioni mediche ottenute dai ticinesi in Italia sfuggono all’occhio delle casse malati, che dall’estero accettano e rimborsano solo i trattamenti d’urgenza, in maniera più o meno estesa a dipendenza del tipo di polizza.
Ci sono tuttavia segnali che lasciano intendere una crescita del turismo medicale tra la Svizzera e l’Italia, come la recente apertura a Maslianico, a poche centinaia di metri del confine, del centro medico polispecialistico Medika.
Porte aperte al ticinese
«Abbiamo ripreso uno studio medico che era già esistente e lo stiamo rilanciando - spiega il direttore Marco Ceramella -. Offriamo ecografie ed esami diagnostici, ma anche servizi di ginecologia, fisioterapia, osteopatia e altri. Dato che abbiamo iniziato l’attività circa un mese fa, è ancora difficile tracciare un quadro preciso della nostra clientela. Però è chiaro che ci rivolgiamo anche ai ticinesi».
Altrove l’accoglienza di pazienti provenienti dalla Svizzera è già una tradizione consolidata, che si sta ulteriormente rafforzando.
«Abbiamo una discreta quota di persone che vengono dal Ticino, come anche di turisti che vivono al nord delle Alpi e trascorrono l’estate sul lago Maggiore - afferma Vito Boldrini, direttore amministrativo del Centro medico Polaris di Luino -. Siamo partiti sei anni fa con l’idea di offrire un servizio al territorio. L’attività ha preso piede e sono iniziati ad arrivare anche alcuni pazienti ticinesi. Poi con il passaparola ne sono arrivati altri. Sembra che il nostro servizio venga apprezzato».
La nostra lettrice cita la concorrenzialità dei prezzi ma anche l’estensione degli orari di apertura, che permette di effettuare analisi mediche anche di sabato mattina, ciò che per inciso è possibile anche in alcuni centri medici ticinesi ma che rappresenta pur sempre un vantaggio per chi magari vuole unire il prelievo alla spesa.
«Facciamo gli esami su prenotazione - spiega Boldrini -. La persona chiama, viene e in dieci minuti fa gli esami. Possiamo spaziare su un volume di circa 2.400 esami differenti, dalla genetica a quelli più tradizionali, grazie al supporto di un laboratorio molto valido che ci fornisce una garanzia di massima qualità». Inoltre, nel centro medico luinese sono a disposizione diversi medici, tra cui uno abilitato in Svizzera poiché attivo professionalmente anche da questa parte del confine.
Discreta differenza di prezzo
Le tariffe non vengono divulgate poiché dipendono da molti fattori, in primo luogo dalla tipologia e dalla quantità di analisi da effettuare. «Di regola, noi chiediamo al paziente di fornirci la lista degli esami cui deve sottoporsi e gli facciamo un piccolo preventivo», afferma Boldrini, secondo cui in linea generale vi sarebbe una «discreta differenza di prezzo» rispetto ai canoni elvetici. Un incentivo che attira in particolar modo coloro che hanno la franchigia massima.
D’altra parte, aggiunge Boldrini, esiste anche il fenomeno inverso di italiani che vengono a cercare prestazioni sanitarie in Svizzera. «Chi ha la capacità economica è disposto a muoversi indipendentemente dai confini, se questo gli permette di ottenere un servizio di eccellenza - osserva -. E la Svizzera è sicuramente tra quei Paesi che possono vantare centri di eccellenza in vari ambiti».
Questo riguarda una ristretta cerchia di persone, quelle più facoltose, che possono permettersi di non badare a spese quando si tratta di tutelare la propria salute. È un altro discorso. Poiché in Svizzera, al momento, a tenere banco è piuttosto la rinuncia alle cure mediche per motivi finanziari.
«Negli ultimi anni abbiamo osservato che si è acuito il rischio che le persone con una franchigia alta non andassero a fare i controlli», afferma Alessandra Crüzer, segretaria generale dell’Associazione consumatrici e consumatori della Svizzera italiana (ACSI).
Esami non sempre utili
Va comunque detto che i cosiddetti «esami di routine» sono una spesa perlopiù inutile. Se una persona si sente bene, non ha alcuna necessità di andare a spendere soldi solo per essere rassicurata sul proprio stato di salute. Sulla NZZ am Sonntag, alcuni medici hanno puntato il dito proprio contro gli esami e i trattamenti inutili come concausa dell’esplosione dei costi della salute.
Resta il fatto che curarsi in Svizzera è generalmente più caro che nella vicina Italia e questo può essere solo in parte spiegato con il più alto livello dei costi e degli stipendi. «Io non incoraggio mai i pazienti ad andare in Italia - riprende Denti -. In medicina conta molto anche il rapporto di fiducia e penso che molti dei ticinesi che vanno a fare gli esami oltreconfine siano persone che prima vivevano lì oppure hanno forti legami di altra natura.Detto ciò, se una confezione di Aspirina Cardio costa 3 euro in Italia e 10 franchi in Svizzera, per fare un esempio, è chiaro che se devo pagarla di tasca mia andrò oltreconfine.I medicamenti rappresentano il 30% della spesa sanitaria. Devo ancora capire come mai in Svizzera siano così più cari rispetto all’estero».