Sanità

Per un poco di zucchero...

Storia di una famiglia normale, e di come ha imparato a convivere con il diabete grazie all'aiuto di un esperto
©Chiara Zocchetti
Prisca Dindo
13.04.2025 16:00

Il primo segnale è stato chiaro: un pannolino tanto intriso di pipì, da poterlo strizzare con le mani. Un’anomalia che ha fatto subito scattare un campanello d’allarme nella testa di Corinne Chisari. Essendo figlia di una diabetica, lei è sempre stata all’erta, fin dalla nascita di suo figlio Mattia. «Avevo letto che la malattia avrebbe potuto manifestarsi di nuovo saltando una generazione, perciò ero sempre sul chi vive, tanto che, ad ogni visita di routine, facevo sempre controllare le urine di mio figlio», spiega la mamma luganese. Il sospetto si trasforma in certezza quando i coniugi Chisari ricevono la diagnosi medica. Mattia, che allora aveva due anni e mezzo, era affetto da diabete di tipo 1.

Una questione di zuccheri

Corinne e suo marito capiscono al volo che da quel momento in poi la loro vita di mamma e papà non sarebbe stata più la stessa. La diagnosi di un caso di diabete all’interno della famiglia segna sempre un prima e un dopo. Perché di diabete, che è una malattia autoimmune che si manifesta con un’elevata concentrazione di zuccheri nel sangue, non si guarisce. L’unico modo per tenerlo a bada, almeno per ora, è somministrare insulina, un ormone in genere prodotto dal pancreas che serve a bilanciare gli zuccheri.

La glicemia varia in funzione di diversi elementi: l’apporto dei carboidrati, l’attività fisica, lo stato emotivo, la malattia, lo stress. Prima di ogni pasto occorre somministrare insulina in funzione della quantità di zuccheri (glucosio) in circolazione nel sangue in quel momento e di quanti carboidrati vengono ingeriti. Ogni giorno, per trecentosessantacinque giorni all’anno.

La nuova vita

Preso atto della diagnosi, Corinne passa qualche settimana all’ospedale Civico di Lugano con il piccolo Mattia. Insieme, ricevono le istruzioni per affrontare la nuova vita. Non è per nulla semplice, la mamma se ne rende conto subito. «Se hai il diabete non puoi permetterti di fare errori, devi essere sempre vigile perché la malattia non va mai a dormire». In un primo momento Corinne teme di avere davanti a sé una strada tutta in salita, ma poi incontra il dottor Piero Balice e il cielo della famiglia Chisari si rasserena.

«È stato il nostro faro fin dall’inizio, lui ci ha fatto capire che si può perfettamente convivere con il diabete, basta ricevere informazioni chiare e precise ed esser seguiti da specialisti» ricorda felice oggi la mamma, che incontriamo nello studio bellinzonese del medico, specializzato in endocrinologia e diabetologia pediatrica e attivo anche presso l’EOC dove è il responsabile del servizio di endocrinologia e diabetologia pediatrica IPSI.

Lui è un medico che ha fatto del diabete nei bambini la sua lotta della vita.

Obiettivo normalità

L’approccio alla malattia del dottor Balice è sintetizzato nell’ambiente variopinto che ha ricreato nello studio. «Ogni personaggio disegnato sulle pareti è stato pensatoper far sparire l’ansia ai nostri piccoli pazienti» spiega infilando le mani nel suo camice zeppo di arcobaleni e cuoricini. «Il diabete - spiega il medico - non è una malattia potenzialmente mortale, però dura per sempre. Quando effettuiamo una diagnosi, spieghiamo sempre ai genitori accompagnati dai loro figli diabetici che ad oggi non esiste una terapia per guarirlo, ma terapie sempre più performanti per curarlo».

Al di là degli aspetti medici, l’obiettivo dello specialista è di garantire ai suoi pazienti una qualità di vita ottimale. «Non ci limitiamo ad insegnare ai giovani pazienti a diventare autosufficienti nel gestire le terapie, ma anche migliorarne la qualità di vita. Devono potersi sentire il più possibile come i loro coetanei, nello sport nella scuola e a casa; fondamentale è garantire fin dall’inizio spiegazioni precise e corrette sulla malattia fornendo fin da subito una presa a carico specialistica».

I sintomi difficili da leggere

Bere tanto e fare molta pipì come il piccolo Mattia è in genere il primo importante indizio della presenza della malattia. Ma a volte le diagnosi può essere più complessa.

«Il dimagrimento progressivo dovuto all’assenza di insulina può essere confuso con un disturbo del comportamento alimentare. La diagnosi diventa ancor più difficile quando il bambino è molto piccolo».

Ragazzi sempre più obesi

Esistono due tipi di diabete. Quello di tipo 1, che rappresenta in pediatria più del 90% dei casi, è una malattia che colpisce l’organo che produce insulina, indipendentemente dallo stile di vita. Invece il diabete di tipo 2, è una malattia metabolica di consumo che colpisce persone sovrappeso od obese con predisposizione famigliare. Si cura principalmente correggendo l’alimentazione e combattendo la sedentarietà, in associazione con gli antidiabetici orali. «Tra i nostri pazienti oggi figurano quindicenni con il diabete di tipo 2. Le nuove generazioni stanno pagando un prezzo davvero elevato a causa della cattiva alimentazione e della mancanza di movimento. La sedentarietà aumenta il rischio di obesità e quindi di diabete di tipo 2, e ciò si sta trasformando in un grosso problema sanitario».

Le nuove tecnologie

Per curare il suo diabete di tipo 1, oggi Mattia indossa una sensore sul braccio e una pompa insulinica di ultima generazione che dialogano tra loro, fungendo quasi autonomamente da pancreas artificiale. Il sensore monitora costantemente il livello di glicemia, mentre la pompa somministra l’insulina in modo continuo, adattandosi autonomamente ai suoi bisogni. Eccezzion fatta per il momento legato ai pasti. Insomma. le nuove tecnologie stanno facendo passi da gigante e la qualità di vita dei piccoli diabetici migliora, di giorno in giorno.

In questo articolo: