Società

Perché la R4 della Renault è stata l’icona degli anni del Dopoguerra

Un romanzo storico racconta un’auto che in trent’anni ha rivoluzionato costume e gusti di tante generazioni
La R4 compare in diversi film.
Mauro Spignesi
05.11.2023 06:00

Ha superato trent’anni di storia, influenzato il costume, conquistato intere generazioni, attraversato il mondo e le abitudini. E ha segnato un’epoca. Normale che quando l’ultimo esemplare della serie speciale denominata «Bye bye» alle 11.30 del mattino del 27 marzo 1992 uscì dalle catene di montaggio sull’Ile Seguin, tra Boulogne-Billancourt e Sèvres, periferia di Parigi, per molti finì d’improvviso la giovinezza. Perché la R4 della Renault è stata l’icona degli anni del Dopoguerra, l’auto spartana - con grande portellone posteriore, leva delle marce accanto al volante, finestrini che si spostavano orizzontalmente con una manopola - che aveva indossato i jeans. L’auto desiderata e prodotta dal 3 agosto 1961 in 8.135.424 esemplari. Ma nonostante la sua uscita di scena, complice anche l’entrata in vigore della normativa Euro1 che obbligava l’azienda francese a modificare motore e inserire la marmitta catalitica, il mito della R4 resiste.

B.B. su un vecchio modello

Proprio qualche settimana fa in tanti hanno avuto un sussulto notando Brigitte Anne Marie Bardot, nota B. B., a 89 anni sulla copertina di Paris Match mentre era alla guida della sua Renault 4. E proprio quest’auto che i francesi hanno cominciato a progettare sin dal 1956 e a produrre, operando una serie di accorgimenti e un lungo collaudo, dopo la presentazione al Salone dell’auto di Francoforte il 21 settembre del 1961, è il filo rosso che lega 700 pagine, un lungo romanzo attorno alla storia che ha segnato questa vettura. Una vettura che legato il suo nome non solo a tanti personaggi che l’hanno amata ma anche a episodi che l’hanno fissata per sempre a momenti drammatici, come la R4 rossa ritrovata il 9 maggio 1978 a Roma con dentro il corpo di Aldo Moro. Quelle 700 pagine sono state scritte, regalando aneddoti, storie, date, una fitta trama di piccoli e grandi episodi, dal giornalista e saggista italiano Piero Trellini in un volume (Mondadori libri) «R4 Da Billancourt a via Caetani», cioè lo stabilimento dove si progettò e dove uscì la prima auto e il luogo dove fu trovato Moro. Un racconto che riserva sorprese e svela documenti e dettagli inediti.

Deng Xiaoping e Simone Weil

Quello di Trellini è un lungo viaggio che parte da lontano e che si intreccia e mette insieme migliaia di vite illustri, dal leader cinese Deng Xiaoping, alla filosofa Simone Weil, dal cantautore Georges Brassens, sino a Pier Paolo Pasolini e Giangiacomo e Inge Feltrinelli. Tutti personaggi che in qualche modo entrano in questo grande romanzo collettivo che scivola via tra le rivolte studentesche, la Guerra fredda, le tensioni internazionali, ma anche la voglia di uscire, le grandi gite e le prime villeggiature al mare. Anni difficili e ruggenti fermati nelle nostalgiche istantanee in bianco e nero di tanti fotografi, come Robert Doisneau, l’artista degli scatti da strada.

L’esigenza di Dreyfus

La storia della R4 nasce da una esigenza dell’allora amministratore delegato della Renaut Pierre Dreyfus, funzionario pubblico messo alla guida della fabbrica dopo la nazionalizzazione del marchio, che aveva chiesto una vettura oltre che in grado di contrastare il successo della mitica 2Cv della Citroën, anche per creare un prodotto democratico, accessibile a tutti (il listino iniziale prevedeva un costo di 350mila franchi francesi), un po’ come la 500 in Italia. Dopo diversi tentativi i francesi riuscirono a progettare un’auto semplice, pronta a qualsiasi clima e strada, spaziosa, adatta sia alla città che alle strade di campagna. Oggi si direbbe un’auto rock. Il collaudo venne fatto in luoghi impossibili per le vetture di allora, dal Sahara alla Guinea. E per tre anni si andò avanti a sistemare sbavature meccaniche e aerodinamica. Sin quando non venne sfornata a Billancourt la prima serie. E cominciò la vita di una delle macchine che hanno preceduto la globalizzazione, visto che è stata prodotta complessivamente in 27 Paesi differenti, cinque su dieci esemplari fuori dai confini francesi. Tanto è vero che dopo la fine della produzione in Francia per altri due anni la R4 continuò a uscire, seppure a intermittenza, da stabilimenti in Marocco e Slovenia.

Un racconto ricco di dettagli

Piero Trellini nel suo libro riesce abilmente a far correre parallelamente la storia di questa macchina con quella degli avvenimenti più importanti di quegli anni, tra cronaca, costume, società che muta rapidamente pelle, sorreggendo il racconto con ricchi dettagli e tappe importanti del movimento operaio che si sviluppò dentro le aziende automobilistiche. Proprio a Billancourt, per capire come funzionava una catena di montaggio e come venivano organizzati i reparti, si era fatta assumere per alcuni mesi Simone Weil, che poi scriverà «Diario di fabbrica».

L’uomo arriva sulla Luna

La R4 vide la luce mentre il mondo cambiava. Scrive Piero Trellini nel suo libro: «C’erano stati il Sessantotto e i tre giorni di Woodstock. L’uomo era arrivato sulla Luna, i Beatles si erano sciolti e la Rimet era andata ai brasiliani». In Francia «mise fuori il muso negli istanti in cui Jim Morrison lasciava per sempre la sua vita terrena in una vasca da bagno». Nessuno si sarebbe aspettato allora, neppure ai piani alti della Renault che inizialmente osservavano con distacco questa vettura che aveva un unico sedile davanti per guidatore e passeggero, che la R4 sarebbe stata una icona. «Era estate - scrive Trellini - e l’aspettava un lungo viaggio. Avrebbe visitato tanti luoghi e l’avrebbero sfiorata tante vite».

In questo articolo: