«Prima di sposarsi le coppie dovrebbero fare il test»
Ogni anno in Svizzera 17.000 coppie divorziano. Ancora più numerose sono quelle che si separano. Un fenomeno in crescita che il consigliere nazionale bernese Marc Jost, lui stesso figlio di genitori divorziati, vorrebbe contrastare con l’introduzione di corsi preparatori e test di compatibilità prima delle nozze, oltre che con il potenziamento dei servizi di sostegno ai coniugi. «I divorzi e le separazioni causano in primo luogo grande sofferenza, ma anche tanti costi per la società», sostiene l’esponente del Partito evangelico.
Signor Jost, dov’è il problema se una coppia che non va più d’accordo si separa?
«La mia preoccupazione nasce dal grande numero di divorzi. A volte sono inevitabili ma è innegabile che oggi ci si lascia molto più facilmente di un tempo e questo ha diverse implicazioni negative nella società».
Perché si divorzia così tanto?
«Ci sono tanti fattori. C’è che a volte ci si sposa senza veramente conoscersi bene. C’è che oggi la visione a lungo termine non è più così importante, non è più considerata un valore. Poi forse si pensa troppo poco alle conseguenze per i figli. Si crede che siano flessibili, che possano adattarsi a qualsiasi situazione».
Non è così?
«In parte sì. Ma è chiaro che i figli soffrono in una separazione. Questo ha un’influenza sulla loro evoluzione, sulla loro formazione, sul loro percorso scolastico, su tanti aspetti che spesso vengono sottovalutati».
Lei come ha vissuto il divorzio dei suoi genitori?
«I miei genitori si sono separati quando io avevo già concluso la formazione, ero un giovane adulto. A quell’età è stato più facile affrontare il divorzio e mantenere una relazione positiva con entrambi. Fosse successo prima, avrei sicuramente incontrato più problemi».
Lei propone di introdurre dei test di compatibilità.
«Sì, la mia idea è di intervenire in maniera preventiva aiutando la coppia a conoscersi meglio e capire se la loro relazione può essere duratura. Inoltre, chiedo che vengano rafforzati i servizi di consulenza e sostegno alla coppia».
Come si fa a capire se due persone sono fatte per stare tutta la vita insieme? Quali domande bisogna porre?
«Un aspetto è sicuramente il tipo di personalità. Ci sono tante domande che si possono fare per capire se una persona è introversa, estroversa, comunicativa, eccetera, e se le due persone si combinano bene insieme».
Poi?
«Un altro aspetto importante è la propria famiglia, il proprio bagaglio culturale. Come vengono affrontati i conflitti nella mia famiglia? Nella famiglia della mia compagna si agisce diversamente? Saremo in grado di gestire queste differenze?».
C’è altro?
«Poi è sicuramente utile mettere a confronto le proprie aspettative professionali e finanziarie. Anche la formazione è importante. Se uno ha studiato all’università e l’altro non ha un mestiere, è una differenza che va presa in considerazione. Bisogna guardare tutti questi fattori e chiedersi se non ci siano troppe differenze per funzionare bene a lungo termine».
Ci sono coppie miste che vengono da ambienti culturali molto diversi, ma che funzionano bene.
«Infatti, non è perché ci sono delle differenze che non si può stare bene insieme. La domanda è: in quanti ambiti ci sono potenziali fattori di stress? Se due persone arrivano da due paesi diversi, possono andare bene d’accordo. Ma se a questa differenza se ne aggiungono tante altre, ecco che diventa più difficile costruire una relazione a lungo termine».
Mettiamo che due persone sono innamorate e vogliono sposarsi, ma il test di compatibilità mostra loro che sono incompatibili. Cosa devono fare?
«Quando si è innamorati le emozioni sono molto forti. In questa fase il test può aiutare a rendersi conto che oltre alle emozioni ci sono dei fattori oggettivi che vanno considerati. È importante esserne consapevoli. Poi ognuno agisce come meglio crede».
Lei ha fatto un test di compatibilità?
«Sì, quando con mia moglie abbiamo deciso di sposarci e avere dei bambini abbiamo fatto dei corsi di preparazione al matrimonio, nell’ambito dei quali c’era un test di compatibilità».
Com’è andata?
«Abbiamo ottenuto un buon risultato, tranne che a livello comunicativo. È un punto sul quale lavoriamo ancora oggi, oltre vent’anni dopo».
In alternativa, non sarebbe sufficiente convivere qualche anno per conoscersi prima di sposarsi?
«Non è tanto una questione di quanto tempo si sta insieme, ma di quali domande ci si pone. Per me è importante che in ogni fase si possa lavorare sulla relazione. Per questo, esistono delle buone offerte indirizzate alle coppie che bisogna far conoscere meglio».
Lei cita anche l’aspetto dei costi sociali.
«Sì, i divorzi aumentano la richiesta di alloggi e spesso lo Stato deve intervenire per aiutare uno dei partner il cui reddito non è più sufficiente. Come docente, penso anche alle misure di sostegno ai bambini. Ci sono tanti costi legati ai divorzi cui non si pensa, ma ci sono».
Saranno contenti gli immobiliaristi.
«(ride) Sì, ma in tante regioni c’è già carenza di alloggi, non hanno bisogno dei divorzi».
Infine, c’è anche l’aspetto della salute.
«Esatto, le statistiche dimostrano che le persone sposate o in coppia hanno meno problemi di salute, meno rischio di depressione, sono più felici e vivono più a lungo. La coppia è un fondamento della nostra società che vale la pena difendere e preservare».