L'analisi

Putin non abbandona l’economia di guerra ma il vertice svizzero è un passo avanti

La crisi nell’Europa centrale sta vivendo settimane complicate e altre verranno mentre, senza dubbio, Vladimir Putin ha chiuso una fase per lui positiva
L’Armata di Mosca ha conquistato altre posizioni su tutta la linea. © Russian Defense Ministry
Guido Olimpio
19.05.2024 06:00

Guerra e pace. O meglio, speranze di pace. La crisi nell’Europa centrale sta vivendo settimane complicate e altre verranno mentre, senza dubbio, Vladimir Putin ha chiuso una fase per lui positiva. L’Armata ha conquistato altre posizioni su tutta la linea. Come ha osservato a ragione un funzionario americano: la Russia inizia male ma poi rimedia. Ed è stato così, almeno se consideriamo l’ultimo periodo. I generali hanno corretto errori, hanno adottato contromisure, hanno mobilitato forze notevoli, hanno mostrato inventiva nel trovare sistemi per ridurre l’impatto delle armi occidentali in mano al nemico, hanno sfruttato la superiorità in uomini e mezzi.

Una volta riassestato l’apparato Mosca ha lanciato un’offensiva prima che a Kiev potessero arrivare nuovi aiuti, finalmente sbloccati dopo gli ostacoli frapposti dai repubblicani nel Congresso Usa. Questi gli obiettivi perseguiti: allargare il fronte per costringere gli avversari a disperdere le riserve; cercare i punti più deboli e tentare di ampliare la zona sotto controllo; martellamento senza soste con artiglieria e bombe plananti; creare una zona cuscinetto in modo da allontanare la minaccia dai propri confini; conquistare località che abbiano un valore strategico/logistico ma che possano anche servire come simbolo; minare la fiducia in campo occidentale, «lavorando» sulle opinioni pubbliche con giochi di influenza, fake news, pressioni, sponde di forze politiche amiche, sovversione.

L’Ucraina, indebolita e inferiore nei numeri, ha potuto solo contenere i danni, provando a reagire portando colpi nel lungo raggio con il binomio missili/droni, azioni mirate nella Crimea occupata dove sono state centrate una base dell’aviazione e installazioni petrolifere. A Kiev non sono mancati i rilievi polemici, rilanciati da osservatori stranieri, sulle carenze nel costruire difese, su decisioni errate da parte degli ufficiali, su vecchie abitudini dell’esercito. La decisione di Zelensky di cambiare il comandante di Kharkiv, sempre esposta alla minaccia, ha sintetizzato la conferma dei problemi.

Anche il neo-zar ha deciso di rimescolare le carte nel cerchio magico. Così ha affidato la Difesa ad un tecnocrate, esperto di questioni economiche, uomo di fiducia: Andrei Belousov. È lui ad avere preso il posto di Sergei Shoigu diventato segretario del Consiglio di sicurezza, carica che lo mantiene vicino al numero uno nonostante le accuse di incompetenza. Il rimpasto, in un momento così cruciale, è spiegato da una parte degli esperti con la volontà di riorganizzare il settore bellico al fine di avere maggiore efficienza, nel breve e lungo termine. L’invasione ha rivelato buchi, corruzione estesa, materiale scadente rispetto alla missione, sottovalutazioni, incrostazioni: ecco allora la necessità di ripartire con un passo nuovo. Secondo gli analisti è il segnale del desiderio di mantenere un’economia di guerra, di prepararsi ad un conflitto ad oltranza. Messaggio rivolto all’estero e all’interno, dove il regime proietta costantemente la narrazione di una Russia vincente contro l’intero Occidente. Con queste premesse Putin è poi volato a Pechino per una visita ufficiale, al suo fianco una delegazione robusta, con ministri e dirigenti (compreso Shoigu) responsabili di settori strategici. L’incontro con Xi Jiping, la firma di protocolli, le strette di mano sono l’aspetto visibile di una cooperazione in crescita, dal settore economico a quello bellico. Una nuova era, è stata la definizione del leader russo. Non è un segreto che la Repubblica popolare ha assistito la Russia con forniture, droni, tecnologia necessaria per numerosi equipaggiamenti. È altrettanto palese il gradimento del Cremlino per una «mediazione» dell’alleato orientale nell’arena internazionale, anche se è vista con scetticismo dall’Ovest.

Da qualche parte, però, bisogna pure iniziare a cercare il filo negoziale e qui entra la conferenza di pace in programma in Svizzera a metà di giugno con la partecipazione di quasi 50 paesi. Un forum per accorciare le distanze, favorire misure di fiducia, capire cosa si può fare per fermare la carneficina. La Russia non ci sarà, ma vi sono delegazioni che possono diventare un canale di dialogo riservato. È giusto provarci, non è mai troppo tardi esplorare qualsiasi sentiero.

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