Quegli aumenti con il contagocce
«Sono miglioramenti estremamente lenti, troppo lenti. Così non va, davvero». Tamara Merlo, giurista e deputata in Gran Consiglio per la lista «Più donne», non si accontenta, non si dice soddisfatta del fatto che dal 1994 a oggi la differenza salariale per lo stesso lavoro tra uomini e donne è passata da quasi il 25% a poco più del 10%, l’11,7% per l’esattezza, così come rilevato dall’Ufficio federale di statistica incaricato dal Consiglio federale di capire se uno degli obiettivi di legislatura , quello di eliminare le disparità di salario, appunto, è stato raggiunto. «La differenza è ancora altissima- riprende Merlo -. Sfido chiunque ad accettare una riduzione del proprio stipendio del 11,7% pur facendo lo stesso lavoro».
Vero è che negli ultimi 28 anni, stando alla rilevazione statistica, sono stati fatti passi avanti. Anche se, si annota, le differenze tra il 2006 e il 2012 sono rimaste relativamente stabili, fermandosi al 19% circa, e solo successivamente hanno continuato ad assottigliarsi. Questo nel settore privato. Nel settore pubblico, continua la statistica, le differenze sono minori. Dato che nel 2022 il salario mediano lordo standardizzato delle donne nell’intero settore pubblico ammontava a 7’723 franchi al mese, mentre quello degli uomini si attestava a 8’559 franchi, il che equivale a una differenza del 9,8%. Un dato, quest’ultimo, che inquieta ancora di più la deputata. «È drammatico che nel pubblico ci siano ancora queste disparità che non dovrebbero assolutamente esserci».
«Misure troppo blande»
Eppure ci sono. Ancora. Il motivo? Secondo Merlo è presto detto. «Le misure prese a livello federale per invertire la tendenza sono state troppo leggere - annota -. Nella pratica, si sono fatti solo dei controlli sulle aziende con più di 100 dipendenti. Abbiamo assistito insomma solo a una presa di coscienza. Davvero troppo poco». Eppure... eppure il Consiglio federale si è dato l’impegno di eliminare le disparità di trattamento basate sul sesso. Un impegno, quello oer raggiungere l’uguaglianza di diritto e di fatto tra uomo e donna, improntato su quattro campi d’azione. Il rafforzamento della parità nella vita professionale e pubblica. Il miglioramento della conciliabilità tra famiglia e lavoro. La lotta alla violenza di genere e la diminuzione della discriminazione.
Tutte misure ritenute da Merlo insufficienti. «Il problema è che non c’è una vera volontà di risolvere un problema che non è solo delle donne, ma di tutta l’economia che dovrebbe essere affrontato subito a spron battuto- spiega -. Per cominciare bisognarebbe iniziare a diffondere la coscienza che avere metà della popolazione pagata meno significa avere delle ripercussioni su tutti, perché vuol dire avere un impoverimento generale. Stipendi diversi e più bassi portano meno contributi alla previdenza sociale, meno tasse e meno soldi in circolazione. Tutto questo porta a un aumento dei soldi che escono sottoforma di aiuti sociali a causa dei deficit di guadagno. Non è un caso che a essere a rischio povertà sono in particolare le famiglie monoparentali che sono formate all’85% da madri sole con figli».
«Controlli con il contagocce»
Ecco perché, almeno a livello cantonale, secondo la deputata, sono state introdotte alcune norme in più, come «i controlli dei salari nei settori delle società di sicurezza privata e nell’ambito della legge sull’innovazione. Controlli che però costano e per questo sono purtroppo fatti con il contagocce». Da qui la convinzione di dover fare di più. Non soltanto per le donne e per eliminare le differenze salariali, ma per tutta la società. Che ancora oggi, nel 2024, sul versante degli stipendi è come se procedesse a due velocità.
Ad attestarlo sono sempre le statistiche. A parità di livello di formazione o di posizione professionale, il salario mensile lordo mediano standardizzato nel settore privato delle donne è sempre inferiore a quello degli uomini. A seconda del livello di formazione, si precisa, nel 2022 le donne guadagnavano tra il 9,7% (se in possesso del diploma di maturità) e il 20,6% (se diplomate nelle scuole universitarie professionali o nelle alte scuole pedagogiche) in meno rispetto agli uomini. Inoltre, a seconda della loro posizione professionale, il salario delle donne era inferiore rispetto a quello degli uomini del 7,4% (quadri inferiori) e del 16,1% (quadro medio e superiore).
Non va meglio quando si parla di età. Visto che nel settore privato la differenza salariale aumenta proprio con l’avanzare degli anni. Nel 2022 le donne tra i 20 e i 29 anni guadagnavano il 4,8% in meno, mentre quelle tra i 30 e i 39 anni e tra i 40 e i 49 anni rispettivamente il 6,4 e il 13,2% in meno rispetto agli uomini nella stessa fascia di età. Le donne tra i 50 e i 64 anni guadagnavano il 16,7% in meno rispetto agli uomini tra i 50 e i 65 anni.