Quei sorpassi «rasociclista»

Ventidue centimetri, otto centimetri, in un caso addirittura sette centimetri. Le distanze concesse ai ciclisti dagli automobilisti in fase di sorpasso lasciano allibiti. Non soltanto perché in palese violazione dell’obbligo vigente in diversi Paesi europei (ma non in Svizzera) di lasciare uno spazio di almeno 1,5 metri. Ma anche perché, si sa, il ciclista non procede su una linea perfettamente retta. La pedalata implica una leggera oscillazione che, in caso di sorpasso troppo ravvicinato, può facilmente portare allo scontro.
Carriere e vite finite
«Io ho concluso la mia carriera di ciclista professionista dopo una caduta dovuta a un sorpasso - ricorda Marco Vitali, presidente di Pro Velo Ticino che ai tempi della carriera agonistica veniva chiamato ‘il filosofo’ -. Stavo pedalando sulle sponde italiane del Lago Maggiore quando un’automobilista mi ha stretto troppo in curva, sono caduto e ho dovuto restare fermo per tre mesi. Già stavo pensando di smettere a causa della crescente propagazione del doping. Quell’incidente, con la relativa pausa forzata, mi ha spinto a optare definitivamente per il ritiro».
A Marco Vitali è andata ancora relativamente bene. Altri suoi ex illustri colleghi - da Michele Scarponi a Davide Rebellin - non sono più qui a raccontare come il loro destino è stato travolto da un furgone, un’auto o un camion. Come loro, sono decine le persone che ogni anno perdono la vita mentre pedalano sulle strade svizzere. Nel 2024 le vittime sono state 45. Quasi quattro ciclisti morti al mese.
«Se si vuole veramente promuovere la mobilità ciclistica, come ha ribadito di voler fare anche il consigliere federale Albert Rösti, è fondamentale accrescerne la sicurezza - afferma Vitali -. Io ho una certa esperienza, so come comportarmi nel traffico. Ciò non toglie che su certe strade ho paura. A maggior ragione mi chiedo come devono sentirsi gli utenti più vulnerabili, bambini o anziani, quando si sentono sfiorare da automobili che corrono a tutta velocità».
La ricerca e le richieste
La distanza minima di 7 centimetri in fase di sorpasso è stata registrata nel corso di una ricerca finanziata dall’Ufficio federale delle strade (USTRA) insieme alle omologhe autorità di Austria e Germania. Tramite dei sensori sulle biciclette e dei dispositivi fissi, è stato misurato lo spazio concesso ai ciclisti nell’ambito di oltre 7000 manovre di sorpasso nei tre Paesi. I risultati sono stati ampiamente insufficienti, sebbene in Austria e inGermania sia in vigore l’obbligo di garantire almeno 1,5 metri di distanza. Una misura che di recente è stata adottata anche dall’Italia, mentre in Svizzera il Consiglio federale ha sempre respinto ogni richiesta in tal senso, l’ultima delle quali proveniente nel 2018 dall’allora consigliere nazionale PLR Rocco Cattaneo.
«Il Consiglio federale sostiene che l’obbligo di una distanza minima in fase di sorpasso sarebbe inapplicabile - spiega l’imprenditore ed ex ciclista professionista -. Ma io credo che sia una questione di volontà. InSpagna questa misura viene applicata e il rispetto per i ciclisti è molto cresciuto».
Cattaneo ne fa un discorso di pragmatismo. «Dobbiamo partire dal presupposto che sia il traffico motorizzato sia l’uso della bicicletta sono in aumento - osserva -. Vanno quindi trovate delle misure per migliorare la convivenza fra tutti gli utenti della strada. Perché lo vedo benissimo anch’io che la gente è sempre più stressata e spesso finisce per innervosirsi con il ciclista che gli fa perdere mezzo secondo nel traffico. Sulle strade c’è un clima di intolleranza crescente che non può che preoccupare».
Soprattutto il ciclista, che al contrario dell’automobilista non dispone di una pesante corazza di metallo. «L’ideale sarebbe poter separare i diversi utenti della strada, con la creazione di piste ciclabili e percorsi dedicati - sostiene Cattaneo -. Laddove ciò non è possibile, si può comunque migliorare la sicurezza attraverso la segnaletica o misure come la distanza minima in fase di sorpasso. Senza dimenticare che anche noi ciclisti dobbiamo fare la nostra parte, per esempio pedalando in fila indiana e non appaiati».
Tra le misure utili ad accrescere la sicurezza, Marco Vitali cita anche la riduzione del limite di velocità. «Nelle zone 30 il ciclista si sente molto più tranquillo», sottolinea il presidente di Pro Velo Ticino, associazione che a livello nazionale continua a battersi per l’introduzione della distanza minima in fase di sorpasso.
Il metro in tasca
Tra gli automobilisti e chi li rappresenta si preferisce invece confidare sul senso di responsabilità. «Le troppe regole deresponsabilizzano gli utenti della strada - sostiene Andrea Censi, coordinatore del Fronte automobilisti Ticino -. Lo si vede, per fare un esempio, con certi pedoni che si lanciano sulle strisce pedonali senza curarsi del traffico perché sanno di avere in ogni caso la precedenza. Non vorrei che l’ennesima nuova norma, seppur pensata a fin di bene, finisca per generare un senso di falsa sicurezza tra i ciclisti».
La parola d’ordine, per Censi, è buonsenso. «I ciclisti possono fare in modo di agevolare il sorpasso, gli automobilisti devono cercare di superare solo dove c’è spazio e visibilità - conclude -. Ma non servono nuove regole. Tanto più che non si può pretendere che la gente vada in giro con il metro...».