Quel che resta delle Maldive
La casa di Carmelo Pinana è la più fotografata di Sonogno. «Se chiedessimo un centesimo a foto, saremmo ricchi. Lo diceva già mio nonno». Sotto i geranei del 64.enne le frotte di turisti coi bastoni da «selfie» sono aumentate negli ultimi anni. Prima gli italiani, poi cinesi e americani. Quest’estate ha contato molti arabi. «Siamo diventati le Maldive d’Arabia» scherza.
Ma in realtà per vedere casa sua, nessun viaggiatore ha fatto più strada di Pinana. Ex tecnico alla RSI, per 30 anni ha pendolato da Sonogno a Lugano: 2 ore e 40 d’auto al giorno senza traffico. «Volevo rimanere in valle senza rinunciare a un mestiere interessante» spiega. «È stato faticoso, ma non mi pento».
La sua fatica è quella di tutta una valle che, sovraffollata d’estate, il resto dell’anno combatte contro lo spopolamento. Mentre i turisti aumentano (9.597 pernottamenti l’anno scorso) gli abitanti sono scesi a 785 nel 2023 secondo l’USTAT: quando Pinana pendolava erano il 20 per cento in più (954 nel 2000). Per 406 economie domestiche ci sono 400 auto, in gran parte utilizzate per andare a lavorare fuori.
Calo demografico
Anche Patrizio Piazza conosce bene il problema. Ha solo 8 anni e assieme alla sorella più grande (13) è la ragione per cui i suoi genitori si sono trasferiti a Frasco 6 anni fa. «Volevano portarci lontano dal traffico» spiega armeggiando con una pistola ad acqua tra le galline in giardino. «Qui le auto non si sentono, con gli amici gioco al fiume e nel bosco e a scuola ci vado da solo, fino a Brione». Suo padre invece va fino a Locarno per il lavoro, mentre la mamma Isabelle Piazza (che prepara un caffè sulla terrazza) è municipale.
La scarsità di bambini dell’età di Patrizio è uno dei principali crucci del Municipio. Quando Piazza-madre ha assunto la delega alla scuola tre anni fa, alle elementari gli allievi erano «vicini al l limite di legge per mantenere aperto l’istituto» spiega la municipale. Grazie a una collaborazione con Gordola ora sono saliti a 32, divisi in due pluri-classi. È stato avviato un progetto di scuola nel bosco: puntare sul «valore aggiunto di un’educazione a contatto con la natura» secondo Piazza potrebbe essere la chiave per portare nuove famiglie in valle.
Non è una sfida facile. Ma con oltre un terzo di residenti sopra i 65 anni, la scommessa è cruciale. Il 2023 è stato un anno fortunato: cinque donne incinte, di cui tre hanno già partorito. «Sono numeri irrisori per altre realtà, ma per noi è già molto» sottolinea il sindaco Ivo Bordoli. Mantenere in valle le scuole medie (oggi hanno 5 allievi) così come l’ufficio postale di Brione, è una delle priorità sul tavolo del Municipio assieme alla necessità di attirare nuovi servizi. A fine anno sempre a Brione dovrebbe aprire una Coop, il primo supermercato della valle. «Un passo importantissimo» sottolinea il sindaco.
Croce, delizia e traino di ogni progetto è naturalmente il turismo, esploso con le limitazioni pandemiche e l’arrivo degli influencer: le acque della Verzasca benedette da YouTube («le Maldive di Milano») hanno portato linfa nelle casse dei sette ex Comuni, che prima dell’aggregazione erano in dissesto. Assieme ai turisti è arrivato anche il traffico (note le code chilometriche in alta stagione all’ingresso della valle) e altri effetti collaterali. I prezzi delle abitazioni restano più bassi che nel Locarnese, ma «molti proprietari di casa preferiscono affittare ai turisti per qualche settimana piuttosto che ai locali» sottolinea Bordoli. Il tema è stato trattato in una recente seduta di Municipio, ma le soluzioni scarseggiano così come i terreni edificabili in valle.
Tanti progetti
«L’offerta di abitazioni adatte alle esigenze di una famiglia che rimane tutto l’anno, e non solo poche settimane, è carente e questo sicuramente rappresenta un disincentivo per chi vorrebbe rimanere o trasferirsi stabilmente» conferma Alessandro Speziali. Come coordinatore dei progetti di sviluppo presso la Fondazione Verzasca, la lotta allo spopolamento è la sua missione. «È chiaro che non è facile invertire una tendenza demografica» ammette. «Ma ci stiamo dando da fare».
Dal 2018 le iniziative messe in campo dalla Fondazione con Comune e patriziati non si contano: dall’albergo diffuso di Corippo alla promozione dei prodotti locali (marchio Vera Verzasca), dai progetti ricettivi (il cantiere del campeggio di Brione, pronto a partire) a quelli legati allo sport (il centro polisportivo di Sonogno) o alle nuove professioni digitali (un co-working già aperto a Brione, un altro in arrivo). Senza contare il servizio di mini-bus elettrici su prenotazione - «funziona benissimo» assicura il piccolo Patrizio, che lo usa quotidianamente senza accompagnatore - e le offerte culturali come il Verzasca Foto Festival, la cui decima edizione si conclude oggi.
Radiografia di una valle
Mahmoud Khattab, 32 anni, ha affisso a due alberi un auto-ritratto scattato sulla riva del fiume. Gli escursionisti si fermano sul sentiero ad osservare la sua esposizione, alcuni lo conoscono di persona. Il fotografo egiziano ha abitato per tre mesi a Frasco grazie a una residenza d’artista. Ha conosciuto persone, pregi e difetti della valle. «È un posto molto armonioso e ordinato. Ma nei weekend al fiume ho visto anche spazzatura e maleducazione» esemplifica. «La vita è semplice e sana, e allo stesso tempo i costi sono alti e gli affitti proibitivi persino per la gente del posto». In passato Khattab si è occupato di valli «morte» a causa dell’inurbamento attorno al Cairo: spera che non diventi anche la Verzasca una «death valley».
Se ciò non avverrà, il merito potrebbe essere anche degli immigrati. Santiago Escobar-Jaramillo, 44 anni, è un artista colombiano e per il Festival ha realizzato diverse istallazioni sul tema dell’accoglienza. Nei mesi trascorsi in Verzasca ha fatto amicizia con la gente del posto - «molto accogliente» - e con diversi immigrati. «La valle è un luogo da cui la gente se ne va, ma anche un approdo per persone che vengono da lontano» sottolinea. Il rapporto tra autoctoni e stranieri è al centro del progetto fotografico di Escobar-Jaramillo, che ha coinvolto anche alcuni rifugiati giunti in Verzasca dall’Afghanistan. Tra questi una madre e una bambina di 9 anni che, l’anno scorso, sono state protagoniste di una raccolta firme contro la decisione di rimpatrio. Grazie alla mobilitazione popolare (2.400 firme) e a una sentenza del Tribunale amministrativo, entrambe sono rimaste in valle.
Chi viene e chi va
«La gente di qui ad alcuni può sembrare chiusa, ma in realtà è capace di grande apertura» assicura Maya Sonognini, guatemalteca da 23 anni abitante «adottiva» di Sonogno. Anche lei è stata coinvolta nel progetto di Escobar-Jaramillo con la sua attività: un antico forno riaperto assieme al marito, originario del paese. A pochi passi ci sono la casa-cartolina di Pinana, con i muri a secco e i geranei in fiore, e l’unico alimentari nel raggio di sette chilometri. La commessa Lisa conosce gli abitanti uno a uno - «il paese è piccolo, i clienti fissi saranno una ventina» - ed è preoccupata per l’apertura del supermarket a Brione. Per un negozio che arriva, ricorda, un altro potrebbe partire. Intanto l’effetto-Maldive come ogni anno è finito - «la stagione non è andata bene come l’anno scorso» è il ritornello in valle - e anche i turisti pian piano se ne vanno. Lasciando il posto a un vuoto da riempire.