Ricchi in collina, poveri in pianura
Forse è eccessivo parlare di «segregazione», come ha fatto il Tages Anzeiger. Ma è pur vero che ricchi e poveri non condividono gli stessi quartieri, come dimostra l’ampia analisi realizzata dall’Istituto di medicina sociale e preventiva dell’Università di Berna tenendo conto del livello socio-economico degli abitanti di oltre 1,5 milioni di immobili in tutta la Svizzera.
Un lavoro mastodontico che permette di far emergere le disuguaglianze a livello nazionale ma anche all’interno dei singoli comuni. Per esempio si nota come a Lugano le persone più benestanti siano adagiate sulle pendici del Monte Brè, in pieno centro o direttamente sulle rive del lago, mentre le classi popolari occupano i quartieri di Molino Nuovo, Viganello e Pregassona, soprattutto quella bassa.
Quattro criteri (meno uno)
Nulla di sorprendente, per carità. Però è la prima volta che oltre 1,5 milioni di immobili in Svizzera sono stati vivisezionati in base al prezzo medio dell’affitto per metro quadro, al tasso di occupazione degli alloggi, al livello di formazione degli inquilini e alla loro professione. Manca il salario, che non ha potuto essere incluso nell’analisi per motivi di segretezza fiscale. Ma gli altri fattori permettono comunque di tracciare un profilo socio-economico degli abitanti di un immobile.
Si constata così che il benessere socio-economico si concentra principalmente in certe zone, come possono essere le rive del lago di Zurigo, Zugo o l’arco lemanico. Ma soprattutto emerge che anche all’interno di un singolo comune i ricchi e i poveri vivono raramente fianco a fianco. Ognuno tende ad avere come vicino di casa qualcuno della medesima classe socio-economica. La Svizzera è composta da tanti quartieri piuttosto omogenei al loro interno, che a volte si affiancano ma raramente si mescolano.
Attrattiva del territorio
«Non ne farei una questione di categorie sociali tantomeno di segregazione, bensì di attrattiva del territorio - commenta Ivano Dandrea, economista e amministratore delegato del Gruppo Multi -. Oggi si parla tanto di gentrificazione, ma già in passato abbiamo assistito a fenomeni che hanno portato un certo tipo di popolazione a stabilirsi in un medesimo territorio. Prendiamo per esempio certe zone del Locarnese, come Ascona o Orselina, che negli anni ‘60 e ‘70 hanno attratto una forte comunità di svizzero tedeschi. Non è stata una ghettizzazione ma una questione di attrattiva del territorio».
Il fenomeno Montagnola
Poi è pur sempre vero che ognuno tende a circondarsi di persone simili, nel limite del possibile. «È chiaro che gli svizzero tedeschi preferivano trasferirsi in zone dove c’era già una comunità di svizzero tedeschi - osserva Dandrea -. Esattamente come oggi le persone benestanti che arrivano dall’estero vogliono trasferirsi a Montagnola, perché lì trovano la TASIS, una scuola che è un fortissimo fattore di attrazione, che è il principale punto di entrata in Ticino per le famiglie internazionali. Di conseguenza è normale che sulla Collina d’Oro si crei una comunità di anglofoni, ma ciò non significa che il ticinese che vive lì da generazioni sia costretto ad andarsene».
Se il ticinese se ne va è per libera scelta, perché vede che la casa di famiglia ha moltiplicato il suo valore e decide di cederla a qualcuno di più danaroso. «È una questione economica di opportunità - prosegue Dandrea -. Poi è normale che chi può permetterselo preferisca andare ad abitare in collina piuttosto che nei quartieri popolari. Ma non mi risulta che sulla Collina d’Oro si sia creato un ghetto per ricchi né che ci siano problemi di convivenza tra le persone più o meno benestanti».
Quartieri popolari, non banlieue
Oltretutto le cartine create dai ricercatori dell’Università di Berna vanno relativizzate. Non per forza tutte le zone in verde assomigliano a Beverly Hills. Allo stesso modo, non tutte le zone contrassegnate in rosso sono necessariamente brutte o degradate. «Viviamo in un paese dove le infrastrutture e i servizi sono di buon livello per tutti - sostiene Dandrea -. Ogni città ha i suoi quartieri popolari, come possono essere i Saleggi a Locarno, Molino Nuovo a Lugano o le Semine a Bellinzona. Sono tutti quartieri ben serviti, dove si può vivere bene. Nulla di paragonabile a certe banlieue delle grandi città francesi».
Immigrati ieri, immigrati oggi
Lo stesso Dandrea ha vissuto, molto bene, alle Semine. «Già ai tempi era un quartiere popolare, ma non era affatto una realtà disagiata - ricorda -. Semplicemente ci arrivavano i nuovi immigrati poiché gli affitti costavano meno. I miei figli erano tra i pochi ticinesi della squadra di calcio. È lì, alle Semine, che sono cresciuti personaggi come Kubilay Türkyilmaz, Massimo Lombardi o Massimo Busacca».
Tutti figli di immigrati che non hanno scelto il loro quartiere. È stato il quartiere ad attirarli grazie ai suoi prezzi concorrenziali. Allo stesso modo oggi è ancora l’immigrazione a giocare un ruolo decisivo nello sviluppo socio-economico del territorio.
«Oggi il Ticino cresce solo grazie all’immigrazione - sottolinea Dandrea -, perché il saldo naturale è pesantemente negativo da anni. Però la Svizzera è un paese caro in cui vivere e quindi i nuovi arrivati sono solitamente persone abbienti, con un buon reddito. Queste persone vogliono tutte andare ad abitare nelle zone collinari del Luganese. L’americano o l’europeo del nord cercano casa a Montagnola o magari a Castagnola, non gli si può proporre Mezzovico o Tesserete, sebbene questi siano posti comodi e ben serviti dove un ticinese può vivere benissimo».