Società

Rita Pavone: «In valle di Muggio ho trovato la tranquillità che stavo cercando»

La cantante – e da oggi anche scrittrice – si racconta: «Sarò per sempre grata al Ticino che mi ha accolta con affetto»
Cantante, cantautrice e ora anche scrittrice con un libro veramente sorprendente sull’universo femminile.
Andrea Bertagni
Andrea Bertagni
09.03.2025 09:00

La telefonata anticipa di un minuto l’orario concordato e Rita Pavone non si stupisce. «Lei è proprio svizzero», ironizza. Anche se in realtà, precisa subito dopo, «pure io mi sento svizzera per metà. Perché quando parlo di casa mia, parlo del canton Ticino. Poi, certo ho ancora un legame con la mia città, Torino, perché ci sono nata e cresciuta e c’ho ancora un fratello e alcuni zii. Ma è chiaro che il mio cuore è a Torino e in Svizzera, non altrove».

Settantanove anni, sposata da 57 con Teddy Reno, Pavone risiede con il marito dal 1968 a Lattecaldo in valle di Muggio, in una casa ai margini del bosco. «Mi sono subito trovata bene - continua - e ho sempre provato un grande senso di gratitudine per questo Paese perché mi ha dato l’opportunità di sposarmi, di trovare una serenità in questo bosco meraviglioso che c’è davanti a casa e una vita tranquilla dove posso tranquillamente estirpare le erbacce di fronte a casa senza che nessuno mi dica «ma perché la Pavone non ha un giardiniere»? La Pavone ha un giardiniere ma se vuole estirpare le erbacce davanti a casa lo fa tranquillamente e a nessuno frega nulla e questa la trovo una libertà di vita meravigliosa e bellissima».

La cantante per metà di Torino e per metà ticinese, che in carriera ha venduto circa 50 milioni di dischi in tutto il mondo, ha insomma trovato a Lattecaldo ciò che cercava e non se n’è mai pentita. Un «buen retiro» il suo, che assomiglia molto a quella di un’altra cantante italiana famossima che ha scelto il Ticino per vivere, Mina «Ho una grande ammirazione per lei, è una straordinaria cantante. Ma non ci siamo mai incontrate in Svizzera. Abbiamo avuto solo rapporti di lavoro. Ricordo in particolare la sua presenza al mio programma «Stasera Rita» del 1965, dove facemmo un duetto assieme, e poi una mia «ospitata» alla sua di trasmissione, «Sabato sera». Trasmissioni entrambe di Antonello Falqui. Mi ricordo che facemmo un duetto a cappella con soltanto una base di tamburi: fu una cosa bellissima».

L’ammirazione per Caterina Valente

E a proposito di cantanti «rifugiatisi» in Ticino, a Pavone viene subito in mente Caterina Valente, scomparsa nel settembre scorso a Lugano a 93 anni, dopo una carriera incredibile, con più di 1.300 brani musicali incisi e più di 15 milioni di dischi venduti. «Ho avuto una grande ammirazione per lei e mi sono sentita molto male quando ho visto che l’Italia non le ha dedicato una riga quando è morta. È stata una delle più grandi cantanti che abbiamo avuto, ha fatto delle cose meravigliose e non c’è stato uno che abbia scritto due righe su di lei. Per me è stata una musa ispiratrice perché il suo modo di lavorare mi ha ispirato a credere di voler fare delle cose che forse non mi sarei mai immaginata di riuscire a fare, come ballare, cantare, fare imitazioni, recitare».

E sì perché Pavone in 60 anni di carriera ha fatto un po’ di tutto: cantante certo, ma anche attrice, come ad esempio nella miniserie televisiva italiana del 1964, diretta da Lina Wertmüller, «Il giornalino di Gian Burrasca», che fece così tanto successo da affibbiarle anche il soprannome, Gianburrasca, appunto, ma anche presentatrice, cantautrice e anche coach nella recentissima trasmissione «Ora o mai più» su Rai 1, in coppia con Valerio Scanu. Ed è proprio da un album che l’ha vista cantare, scrivere i testi e anche arrangiare le canzoni del 1989, «Gemma e le altre» che Pavone esplora un’altra vena artistica; quella della scrittura.

In anticipo sui tempi

«Avevo già scritto un libro tanti anni fa che era andato molto bene - spiega - ma era su di me, era un’autobiografia, quindi era la mia vita e sapevo di cosa parlavo. Questo nuovo libro invece l’ha voluto Elisabetta Sgarbi che è l’editore de La Nave di Teseo. Un giorno mi ha detto «ma lo sai che canti dei brani che hanno dei testi molto belli?». Si riferiva appunto al disco del 1989, in cui trattavo tematiche inammissibili per quei tempi, come l’amore tra due donne. Ma io sono così. Ho sempre fatto delle scelte antesignane che solo in seguito hanno trattato tutti. Un altro esempio in questo senso sono le canzoni contenute nell’album del 1975 «Rita per tutti», dove interpretavo alla mia maniera e con ritmiche differenti versioni originali molto famose, come «Sapore di sale» di Gino Paoli. Un album che ebbe un successo in tutto il mondo. Solo dopo in Italia arrivarono gli altri».

Un libro dedicato alle donne

Oggi «Gemma e le altre» è dunque anche il titolo di un libro che prende spunto dalle canzoni scritte e interpretate nell’album del 1989. Un libro, ma soprattutto un viaggio nel mondo femminile «in tutte le sue sfaccettature, dalle contraddizioni alle rivalse, dalle ripicche alle frustrazioni». Perché «ci sono due tipi di donne - spiega Pavone - quelle ferme e quelle che camminano. Le prime sono quelle che si lasciano andare, che stanno con un uomo che magari detestano con tutta l’anima perché non le ama e non le rispetta, ma nello stesso tempo vogliono avercelo vicino, perché sanno che se lo perdono soffriranno molto di più di quanto le fa già soffrire lui nella vita e accettano questa dimensione di vita che è atroce». Molto diverse sono invece «le donne che camminano, che alzano il dito medio e dicono tu vai per i fatti tuoi che io vado per i miei. Queste sono le donne che amo di più, anche se provo grande infelicità per le altre che non sanno decidersi e che magari appunto detestano questo uomo ma poi lo esibiscono come fosse un trofeo davanti alle altre come dire «guardate che io un maschio ce l’ho», ed è una cosa io trovo terribile». Dal 1989 a oggi sono passati 36 anni. Le donne sono ancora così o nel frattempo si sono maggiormente emancipate?

La persona giusta

Pavone non ci mette più di tre secondi a rispondere. «Sentendo dei femminicidi che accadono tutti i giorni mi viene un grande spavento per il futuro. Quando una donna dice no a un uomo è un no, punto. L’uomo deve capirlo. Ma ci sono anche donne che sono passive e questo mi dispiace molto per loro, perché ognuno deve avere la capacità di poter agire e di poter scegliere. Quando ad esempio io mi sono innamorata di mio marito ed ero ancora minorenne, perché all’epoca la maggiore età era a 21 anni, mio padre mi schiaffeggiò e io gli dissi che era l’ultima volta che mi metteva le mani addosso. Lui mi rispose che quell’uomo non sarebbe mai entrato in casa sua, peccato che quella casa l’avevo costruita io con quel che avevo guadagnato e lo glielo dissi chiaramente. Anche perché sapevo che Ferruccio (Teddy Reno, ndr.) era la persona giusta per me, era fatta per me. Tant’è che ancora oggi ci capiamo al volo soltanto guardandoci negli occhi e questa secondo me è una benedizione divina, tanto che io non finirò mai di ringraziare Monsignor Cortella (il parroco che ha sposato la coppia a Lugano nel 1968, nel frattempo deceduto, ndr.) per aver creduto in noi».

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