Musica classica

Ritorno a Verbier

Il festival vallesano quest'anno punta sui giovani talenti – Siamo andati a sbirciare il programma
Giovanni Gavazzeni
14.07.2024 12:53

Archiviata l’edizione del Trentennale, Verbier Festival si appresta a varare la sua trentunesima edizione che si avvierà il 18 luglio con la Terza sinfonia di Mahler diretta da Simon Rattle per terminare il 4 agosto con il decano vodese Charles Dutoit. Alla sua guida, l’artefice di questa kermesse unica, Martin Engstroem, felice «della programmazione 2024, per la quale ho invitato numerosi giovani artisti come Yunchan Lim, Bruce Liu, Bomsori Kim e il direttore d’orchestra Tarmo Peltokoski, ingrandendo così la famiglia del Verbier Festival. Invito il pubblico a non venire per un solo concerto ma piuttosto a prolungare il loro soggiorno per potersi immergere pienamente nell’atmosfera unica del Festival».

Sì perché è proprio «l’atmosfera» che si è creata in questi decenni il fatto che rende di «unico» Verbier, dove gli artisti perdono ogni sacralità, abbandonano abiti e pose divistiche e possono vivere come e fra essere umani, dedicandosi al lavoro e allo svago analogamente agli spettatori. E la competizione artistica che si instaura fra allievi e docenti, fra senatori e debuttanti, fra giovani e sperimentati ha un carattere di sanità paragonabile ai tanti sport che nella perla delle alpi vallesane si praticano, dal parapendio alle discese in mountain-bike, dalle passeggiate, al nuoto o all’arrampicata.

Il pianista diciottenne sudcoreano

Nella sua legione artistica, quest’anno Engstroem ha aggiunto alcuni nomi sui quali puntare a occhi chiusi (e orecchie ben aperte), come quello del pianista diciottenne sudcoreano Yunchan Lim che ha sbaragliato tutti ad un concorso che è la vera olimpiade occidentale del pianoforte, il Van Cliburn di Forth Worth, Texas.

Lim viene da Siheung, nella parte nord-occidentale della Corea del Sud, antica terra di foreste e miniere, solita partorire negli ultimi decenni eburnei idoli del K-hip-hop. Di recente ha registrato le fantastiche due serie degli Studi, op. 10 e 25 di Chopin, affrontati con un coraggio leonino, con uno slancio esuberante e fresco, con una sintesi fra tecnica e ispirazione che ricordano come il compositore polacco li scrisse alla stessa età che oggi ha Lim («L’immaginazione aiuta le mie interpretazioni, ma cambiano ogni giorno. Domani avrò altre idee!»). Sarà protagonista, come accade a Verbier dove gli artisti sono spinti alla massima versalitilità, di un recital (sabato 20 luglio), di un «Incontro inedito» cameristico con Misha Maisky, Leonidas Kavakos, Kirill Gerstein (mercoledì 24 luglio) e di un concerto dove Antonio Pappano lo guiderà nel concerto Imperatore di Beethoven. Altro talento accolto nella famiglia di Verbier è quello del pianista Bruce (Xiaoyu) Liu, nato a Parigi da genitori cinesi, cresciuto al Conservatorio di Montréal (Canada) e vincitore del Concorso Chopin di Varsavia. Il pianista sino-franco-canadese dal nome e dalla forte rassomiglianza con l’iconico maestro delle arti marziali «Bruce» Lee, eseguirà il poetico primo concerto di Chopin (venerdì 31 luglio) sotto la guida e nella versione di uno dei Mentori di Verbier, Mikhail Pltetnev. Se la bacchette di Verbier sono sperimentate (Rattle, Pappano, Dutoit, Ion Marin), fra queste includiamo anche Klaus «Baby Face» Mäkelä.

Uno speciale virtuosismo pianistico

Il furore pianistico di Bruce Liu colpisce ancora. Il ventiseienne franco-canadese di origini cinesi ha dedicato il suo primo album in studio a tre comp ositori che coniugando genio tipicamente francese a personalità estreme, hanno creato un virtuosismo pianistico speciale dai titoli immaginifici. Si parte e si finisce nel segno del capostipite, Jean-Philippe Rameau, autore enorme che i grandi pianisti spesso hanno trascurato, lasciando le sue armonie inusitate e maestose all’ammirazione quasi unica dei colleghi francesi (Saint-Saëns, Debussy). Che profumo unico emanano i suoi pezzi: la Gavotta e suoi «doppi» (variazioni), i teneri compianti e il chiocciare spavaldo della gallina, i guizzi dei ciclopi e le galanterie dei selvaggi. Con un balzo bicentenario Liu salta agli specchi, i celebri Miroirs, di Maurice Ravel, in cui le bizzarrie dei clavicembalisti assumono magistrali riflessi, capricciosi ed inquietanti. Liu trionfa con tocco polposo e dinamiche decantate. Non meno sorprendente l’enigmatico, ipocondriaco, misantropo Charles-Valentin Alkan (1813-88), amico di Chopin e stimato da Liszt, che Bruce Liu affronta con una forza tecnica paragonabile a quella del Piccolo drago Bruce Lee quando faceva le flessioni sui pollici. Liu ha scelto lo studio intitolato il Festino d’Esopo, quell’episodio che narra di un banchetto dove agli ospiti viene servita solo «lingua», simbolo di tutte le emozioni e le conoscenze umana. Il tema musicale originale di Alkan, la sua lingua, viene sottoposto a 25 variazioni tanto concentrate quanto trascendentali che marciano, urlano, graffiano, saltellano, imitando corni e campanelli, preghiere e perpetui mobili, corse beffarde di elfi e titanici lamenti, stampando impavide orme leonine, cacciando volatili impazziti, per finire spazzate via da una tonante tempesta sonora.

Senza filtri sul palcoscenico

Il fanciullo prodigio Evgenij Kissin è oggi un prodigo pianista fuoriclasse, che ogni tanto nel mezzo di un recital declama a memoria poesie yiddish. Ironia, satira, denuncia, disperazione, vitalità, sono il filo rosso della sua antologia: Che disgrazia, l’ingegno! di Griboyedov e la spietata Famiglia di nobili di Schedrin-Saltykov, Puskin e Gogol, le favole distopiche di Zamjatin, i romanzi metafora di Bulgakov, i sonetti di Shaul Tchernikovsky. Nell’adorato yiddish dei suoi nonni scrive poesie ispirate; coraggiose come l’elegia per Boris Nemsov, illustre martire dell’evo putiniano; commoventi come l’epitaffio della gran ballerina Maja Plissetskaya (Ascolti? La vita canta il peana del tuo corpo! /Vedi? Ha dato sé stessa al mondo! / Non è danza ma trionfo di vita. / Ora dicono che il suo corpo è morto?! / Freddamente logico - assurdo! /Vero - senza senso). Adora musicisti quintessenza della cultura russa e di quella ebraica ‘del silenzio’, artisti rimasti in una loro speciale torre eburnea: Scriabin e il suo poeta pianistico Sofronitskij, Evgenij Svetlanov apostolo delle 27 sinfonie di Mjaskovskij, il misterioso beethoveniano Solomon e il sempre perseguitato Moiseij Weinberg. Coltiva le passioni personali come si presenta in pubblico, in maniera diretta, senza filtri intellettualistici o esibizioni tecniche.

I pezzi del superburocrate sovietico

Nel recital captato fra i paperoni di Salisburgo si diverte a mettere i pezzi del superburocrate sovietico, persecutore del genio musicale altrui, Tikhon Krennikov, tra i musicisti che bollava: l’erotismo sfuggente del «formalista» Berg e il jazz raveliano «decadente» del Genio nemico d’America, Gershwin. Poi infila un Chopin in crescendo: il notturno in si maggiore, tre improvvisi, due scherzi, la polacca «moderatamente» eroica. «Perché non sei come gli altri?» […] disse Terah con paura al figlio (Abramo). «Dopo tutto, è in nostro onore, per essere stati sempre fedeli a noi stessi, che hanno forgiato quel detto saggio: Se non sono come gli altri, chi sarà come me?» Evgeny Kissin - The Salzburg Recital.

In questo articolo: