Il commento

Se si consuma la fiducia nelle autorità

Dal consuntivo disastroso di Lugano al pasticcio del tram treno, i cittadini osservano perplessi e rassegnati agli errori delle istituzioni
Enrico Carpani
Enrico Carpani
13.04.2025 06:00

Che cosa si aspetta un cittadino dalle proprie autorità locali? In fondo, nemmeno troppo: prossimità con il territorio e conoscenza dei suoi problemi, buon senso e trasparenza nelle decisioni, determinazione nel metterle in pratica e nel farle rispettare. Oltre alla disponibilità ad ammettere qualche errore e se necessario persino a cambiare idea. Non dovrebbe essere poi tanto complicato riuscire almeno a dare l’impressione che le cose vadano proprio così, no? 

Succede invece che ci si debba ritrovare a rassegnarsi con crescente e fastidioso fatalismo di fronte ai sempre più frequenti esempi tagliati su misura per smontare ogni slancio di ottimismo e positività. Prendiamo il consuntivo di Lugano, il peggiore dell’ultimo decennio nonostante il solito miglioramento delle previsioni: a preoccupare non sono quel paio di milioni di disavanzo, e neppure il debito di quasi un miliardo, bensì certe dinamiche che affiorano con inquietante regolarità e che lasciano perplessi. Noi, i cittadini, ma talvolta anche chi sta sopra tutto e tutti, a Berna.

Non poteva andare altrimenti nel caso del clamoroso sorpasso dei costi previsti per il tram treno, progetto apparentemente votato all’obsolescenza precoce di cui appunto la Confederazione è la principale finanziatrice. Mi sia concesso però, con le dovute proporzioni, di traslare i dubbi degli amministratori federali anche a livello comunale per quanto riguarda le minuzie di spesa - si fa per dire, evidentemente, perché se è vero che sette milioni e mezzo non sono paragonabili alle centinaia per il tram che avevamo e abbiamo dismesso per poi accorgerci di averne assolutamente bisogno è anche vero che sono pur sempre soldi di tutti - che dovremo affrontare per la realizzazione del centro sportivo del Maglio. Un’estensione del PSE meritevole nei principi e di indubbio pregio formale ma che come è successo al fratello maggiore si sta rivelando non facile da tenere sotto controllo.

All’origine dell’imprevisto ci dovrebbe essere quello che in italiano corrente si definisce un errore. O se preferite un lavoro mal fatto. Non penso infatti che la conformazione geologica di un terreno possa mutare in pochi anni al punto da renderlo inadatto alla funzione cui era stata destinato. Mettiamoci poi - rieccoci alle analogie con lo stadio - le richieste supplementari per poter ospitare le partite della U21 e la frittata è fatta.

Metto comunque da parte gli aspetti tecnici ed economici, che non sono propriamente il mio pane quotidiano, per riflettere sulla materia che conosco appena un po’ di più: e dunque sul significato autentico di un centro sportivo cittadino. A ciascuno di noi spetterà uno spazio verde, importante e certamente ben organizzato; ad altri strutture e locali - un poligono, sale e uffici - per le loro attività. A tutti, poi, anche un parcheggio coperto di cui forse ci sarebbe stato meno bisogno che di una rete più efficace di trasporti pubblici. Non sarà poco, ma neppure troppo se paragonato a ciò che consentiremo di trasformare in una sorta di proprietà privata: quei campi su cui giocheranno in pochi, dai più piccoli sino a coloro che approderanno al limbo della U21. Questo è il calcio, nulla di nuovo: ma questo assomiglia più al centro di formazione di un club che a un’opera finanziata con fondi pubblici.

Non mi consola sapere che una parte di questi costi supplementari - tra l’altro messi in opera prima del voto del Legislativo sul credito - sarà garantita da un contratto d’affitto ventennale con la società poiché statisticamente nessuna proprietà straniera resta in sella tanto a lungo. Come dire che sarà una gatta da pelare per i prossimi padroni del calcio luganese. O per noi cittadini e per ciò che rimarrà del nostro capitale di fiducia.

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