Sequestrata la Casa d'Italia a Zurigo: «Non c’entriamo niente»

La Russia non è l’unico paese i cui beni all’estero sono stati «congelati» negli ultimi anni in Svizzera. Anche la Casa d’Italia di Zurigo è stata sequestrata, di recente, ma non ci sono di mezzo sanzioni internazionali: la guerra qui, semmai, è finanziaria. A combatterla un imprenditore ginevrino, da una parte, e dall’altra lo Stato Italiano proprietario della storica scuola nel Kreis 4, il quartiere popolare da sempre cuore dell’immigrazione italiana sulla Limmat.
Il bubbone è scoppiato a metà febbraio, quando il tribunale civile di Ginevra ha deciso il sequestro dell’istituto - e dei diritti di sorvolo italiani in Svizzera - come garanzia del risarcimento dovuto dalla vicina Repubblica a una cordata di imprenditori, nell’ambito di un contenzioso che si trascina da anni.
La direttrice: «Non c’entriamo niente»
«È una vicenda che non conoscevo e ovviamente mi addolora, come scuola non c’entriamo niente» commenta al telefono Claudia Curci, preside dell’istituto che nel frattempo si è trasferito in Albisriederstrasse, in via provvisoria. Il trasloco è dovuto a dei lavori di ristrutturazione programmati da tempo - importo: 14 milioni di franchi - e che si concluderanno l’estate prossima. «Speriamo di poter rientrare tranquillamente nella nostra scuola» auspica la direttrice. «Un po’ di preoccupazione c’è, ai genitori e alle persone che chiedono informazioni non posso che rimandare alle autorità competenti».
Con il centinaio di bambini italiani e svizzeri che frequentano la scuola (d’infanzia e primaria) riconosciuta dal canton Zurigo, i promotori del sequestro assicurano di non avere «assolutamente nessun problema». Anche loro sperano «che il contenzioso si risolva al più presto» sottolinea Francis Louvard, imprenditore francese da tempo residente in Romandia che assieme ad alcuni soci ha gestito un grosso investimento nel settore fotovoltaico in Italia, tra il 2009 e il 2012. A seguito della riduzione «retroattiva» degli incentivi statali alle rinnovabili, decisa nel 2014 dal governo Renzi, Louvard e soci si sono trovati in difficoltà e hanno aperto un arbitrato internazionale, che gli ha riconosciuto il diritto a un risarcimento attorno ai 30 milioni.
A caccia di «asset»
«Abbiamo deciso di rivalerci in Svizzera perché nei tribunali italiani e dell’Unione Europea abbiamo capito che non c’era nulla da fare - sottolinea Louvard -. I tempi si sarebbero allungati molto e le probabilità di ottenere una sentenza esecutiva contro lo Stato Italiano erano scarse. Anche se siamo certi di essere dalla parte del giusto, e il diritto superiore si è già espresso in questo senso».
I fatti hanno dato loro ragione, finora. Forti della sentenza di primo grado del tribunale civile di Ginevra, Louvard e soci hanno ottenuto non solo il sequestro della Casa d’Italia, ma anche dei diritti di sorvolo generati dal traffico aereo sulla vicina Penisola: l’Associazione Internazionale del Trasporto Aereo (IATA), che ha sede a Ginevra, dal mese scorso ha ne ha trattenuto i proventi in attesa di un chiarimento definitivo.
Ricciardi: «Una grande figuraccia»
«Indubbiamente si tratta di una grande figuraccia per l’Italia, dovuta a un’insipienza nella gestione di questa pratica da parte dell’amminitrazione e dei governi che si sono succeduti nel tempo» commenta il deputato italiano Toni Ricciardi (PD), docente di storia delle migrazioni all’università di Ginevra. «Fa specie vedere che questa triste vicenda si sia abbattuta su un istituto scolastico, che nulla ha a che vedere evidentemente né con le leggi né con le cause legali in corso». A livello operativo, in ogni caso, le attività scolastiche sono proseguite finora normalmente e dovrebbero proseguire anche in futuro, a prescindere dall’esito del contenzioso. «L’auspicio è che a livello politico si crei una pressione bipartisan per una risoluzione veloce di questo pasticcio» conclude Ricciardi.
Anche perché i tempi stringono. Louvard alla Domenica anticipa che, tramite i propri avvocati, sta esaminando la presenza di altri «asset» di proprietà dello Stato italiano in Svizzera, per valutare la possibilità di ulteriori sequestri. Non ha precisato se alcuni di questi beni si trovino, magari, anche in Ticino.