Reportage

Strutture militari: ai posti di combattimento

In tempi di riarmo, in Ticino si rispolverano i fortini del 1940 e della Guerra Fredda: «Possono tornare utili»
©Chiara Zocchetti
Davide Illarietti
27.04.2025 10:30

Giorgio Piona si china su un vecchio generatore, tira la corda, la luce elettrica illumina il bunker del Mairano. «Ma è un vero cannone!» esultano i bambini in visita. Anche Piona è un vero artigliere: nel lontano 1973 è stato lui a esplodere gli ultimi colpi d’artiglieria a Iragna - «poi le esercitazioni sono state vietate per il rischio di incendi» - e maneggia la bocca da fuoco con perizia e un sentimento simile all’amore.

«Sono affezionatissimo a questo posto, è un po’ il mio rifugio» dice l’ex sottufficiale oggi 78.enne, che si prende cura di persona del fortino dal 1997: ha tagliato l’erba, pulito, riparato e arredato gli interni con cimeli e «militaria» raccattate qua e là per tutti questi anni. Finché nel 2022 è nata l’associazione Fortificazioni Lona, che ha come scopo il recupero e la valorizzazione delle strutture militari - una trentina - ancora presenti tra Lodrino e Iragna e più o meno abbandonate. Piana si è arruolato con entusiasmo.

©CdT/Chiara Zocchetti
©CdT/Chiara Zocchetti

Dismissioni in stand-by

La coincidenza temporale con lo scoppio della guerra in Ucraina forse è casuale, ma certamente è fortunata. Negli ultimi anni l’interesse per le strutture difensive svizzere e ticinesi è aumentato, non solo nella popolazione - l’Associazione organizza visite guidate sempre frequentate e due «open day» all’anno: l’ultimo ieri, sabato 26 aprile - ma anche da parte delle autorità. Le fortificazioni costruite tra le due Guerre Mondiali dal Monte Ceneri in su - «il Sottoceneri non è mai stato considerato veramente difendibile» sottolinea Piona - erano pensate per frenare un’invasione da sud oggi considerata improbabile: ma la corsa al riarmo in Svizzera ha fermato il processo di dismissione che era iniziato alla fine della Guerra Fredda.

L’ultima postazione di artiglieria «declassata» è stato il bunker di Lodrino, ceduto nel 2021 dall’esercito al Comune di Riviera, che lo ha affidato in gestione alla neonata associazione. Altre strutture difensive avrebbero dovuto essere smilitarizzate in seguito, ma il Dipartimento federale della Difesa guidato da Viola Amherd ha fatto dietrofront dopo l’invasione russa di due anni fa. In Ticino diverse fortificazioni, in particolare postazioni lancia-mine la cui ubicazione è più o meno nota - da Robasacco al Motto Bartola ad Airolo, passando per Valtrodo e Chironico - sono di nuovo considerate sensibili e rimangono per tanto classificate.

«È chiaro che esiste un concetto di difesa e questo viene aggiornato in rapporto alla situazione attuale» spiega il capo della Sezione del militare e della protezione della popolazione, Ryan Pedevilla. «Non vengono forniti dettagli sulle strutture classificate, ovviamente». Sono noti invece i dati sulle costruzioni protette, che continuano a venire costruite: 858 posti letto nella Gottardo Arena a Quinto, completati nel 2023, 592 a Terre di Pedemonte, 351 a Vernate. L’ultimo cantiere poco distante, a Biasca (600 posti protetti) è iniziato quest’inverno.

©CdT/Chiara Zocchetti
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«Un tesoro da valorizzare»

Quel che è certo è che, anche se le tecniche di combattimento e le possibili minacce sono cambiate rispetto alla Guerra Fredda, per non parlare della Guerra Mondiale - «oggi lo scenario non è quello di una linea di fronte ma di azioni puntuali contro infrastrutture critiche e installazioni di condotta, presenti in Ticino come in tutta la Svizzera» - è altrettanto vero che le caratteristiche del territorio rimangono le stesse, come anche i punti-chiave di difesa. «L’analisi del terreno oggi come un tempo porterebbe alle medesime conclusioni» concede Pedevilla. «Le decisioni dei comandanti in capo, in una situazione d’emergenza, probabilmente ricadrebbero sui medesimi settori».

A pochi kilometri dal bunker di Mairano, Giulio Foletti fuma la pipa davanti a un’enorme edera, che ricopre una struttura in cemento mimetizzata sotto le foglie. Il bunker di Lodrino è l’unico ancora dotato di un cannone - assieme a quello di Iragna - a essere aperto al pubblico. «È un patrimonio della comunità ed è importante valorizzarlo» sottolinea Foletti, ex funzionario dell’Ufficio dei beni culturali. Assieme ad altri appassionati di storia ed ufficiali dell’esercito in pensione - «io sono l’unico soldato semplice» sottolinea - ha fondato l’Associazione Lona per promuovere il recupero delle stesse strutture in cui molti di loro hanno militato da giovani. Fortini, bunker, nidi d’artiglieria: attorno alla linea difensiva di Riviera - di cui sono ancora visibili i «tobleroni» anticarro - le postazioni sono decine. «Molte più di quante la gente immagini».

Una donna a passeggio con il cane si ferma a poca distanza, e confessa di non conoscere la linea Lona. «Le giornate di porte aperte servono a rendere consapevole e attenta la popolazione» conclude Foletti. «Per fortuna queste strutture non sono mai state utilizzate, ma il pericolo è sempre all’orizzonte e viviamo in tempi bui».

©CdT/Chiara Zocchetti
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