Tanti volti, tanti slogan ma poca originalità
Tanti slogan, perlopiù banali, tante facce, quasi sempre con il sorriso, a volte impacciato, a volte fin troppo brillante per essere vero. «Alle ultime elezioni cantonali c’era una candidata che sui manifesti appariva bellissima, poi la incontravi alla Coop e neanche la riconoscevi», ricorda Carmela Fiorini, esperta in comunicazione.
Non è facile presentarsi agli elettori in maniera autentica, spontanea e accattivante. Lo si è visto ancora una volta durante questa campagna ormai agli sgoccioli per le elezioni comunali di oggi, domenica 14 aprile. I muri delle città sono stati tappezzati di manifesti. Ma nessuno di questi riesce veramente a catturare l’attenzione del passante.
Candidati o becchini?
«Non ho visto assolutamente nulla che mi colpisse per originalità - afferma Michel Ferrise, titolare di un’agenzia di comunicazione creativa -. Piuttosto, ho visto tanti manifesti riusciti male. Per esempio, a Locarno il PLR ha usato uno sfondo viola, il Centro uno sfondo nero, che fa quasi pensare a un’impresa di pompe funebri. Entrambi hanno voluto fare qualcosa di diverso, ma hanno sbagliato».
Allo stesso modo, Ferrise ritiene poco efficaci i manifesti in cui si sovrappongono troppi candidati. «Il problema delle elezioni comunali è che i candidati per il Municipio sono sette e ognuno di loro vuole farsi vedere - spiega -. In queste condizioni, la creatività è difficile. Spesso si finisce per realizzare manifesti dove i sette candidati sono presi a tre quarti, ciò che li rende difficilmente riconoscibili, considerando che il passante dà solo una rapida occhiata all’immagine».
Per trattenerlo più a lungo, ci vuole qualcosa che catturi l’attenzione. Ma in una campagna per le elezioni comunali, non è pensabile spingersi fino all’ardire di Oliviero Toscani.
Il profeta bellinzonese
«Siamo abituati a campagne elettorali un po’ mosce - osserva Lulo Tognola, grafico e vignettista grigionese che per oltre trent’anni ha insegnato al CSIA -. Anche per questa elezione tutto ciò che ho visto in giro è di una possezza micidiale, come sempre. C’è tuttavia un manifesto divertente, quello di un candidato bellinzonese dell’UDC, che dice di essere il Numero 1. Ecco, questo è un manifesto stravagante e coraggioso. Questa è una campagna fuori dagli schemi, che crea discussioni».
Non per forza però queste discussioni si traducono in un voto per chi le ha scatenate. Al contrario, qualcuno potrebbe anche sentirsi offeso da un candidato che si appropria dei manifesti con i versetti della Bibbia e li scopiazza per interessi personali. «L’umorismo ha sempre una doppia faccia - riprende Carmela Fiorini -. Su qualcuno può avere l’effetto desiderato, altri potrebbero interpretare tali messaggi come le ultime parole del profeta...».
Coerenza e preparazione
Se si vogliono evitare fraintendimenti, è sempre meglio andare sul sicuro. «La gente vuole vedere il candidato per quello che è, non per quello che vorrebbe essere - prosegue Fiorini -. Bisogna riuscire a far trasparire la propria persona, non un modello cui si ambisce. Inoltre ci vuole una coerenza tra la foto, lo slogan e il contesto in cui sono inseriti».
Un’armonia che non è sempre facile trovare. «Se un candidato dice di essere una persona dinamica e concreta, ma si presenta davanti a uno sfondo bianco e vestito come se fosse il giorno della sua prima comunione - dice Fiorini -, ecco che il suo messaggio farà fatica a passare».
Anche nel caso in cui la foto dovesse essere particolarmente bella o lo slogan curioso. «A volte manca la presa di coscienza che non si può improvvisare una campagna elettorale - sostiene Fiorini -. Io ritengo che sia sempre utile farsi consigliare da qualcuno che non sia solo un grafico, perché una campagna richiede un concetto che contempli molte variabili, sapientemente coordinate».
È il lavoro che paga
Non bisogna neanche riporre chissà quali aspettative nei manifesti, in particolare per una campagna di prossimità come quella per le elezioni comunali. «L’affissione è sicuramente lo strumento che offre la maggiore visibilità - riprende Michel Ferrise -. È importante che un candidato si mostri nello spazio pubblico, che faccia vedere la sua faccia. Però se non si è fatto niente per quattro anni, non si può pretendere di avere un risultato positivo solo grazie a una campagna a tappeto».
Anzi, esponendosi troppo, si rischia di suscitare una reazione di rigetto nell’elettore. «Ho già lavorato con candidati che avevano una disponibilità finanziaria non indifferente - spiega Ferrise -, ma abbiamo deciso di limitare la campagna. Perché l’eccessiva esposizione può essere un’arma a doppio taglio. Il cittadino si sente bersagliato e comincia a pensare che il candidato abbia troppi soldi da spendere».
Lo stesso discorso può valere per i social network, sebbene siano gratis. «Se una persona non usa abitualmente le reti sociali - riprende Carmela Fiorini -, è meglio che non inizi a utilizzarli sotto le elezioni. Perché una delle cose più antipatiche è ricevere richieste di amicizia in concomitanza con la campagna elettorale. Se si è già amici prima bene, altrimenti si rischia solo di dare fastidio».
Certi video scivolosi
Un altro strumento rischioso sono i video, cui sempre più candidati stanno facendo capo. «Sempre più candidati si cimentano con i video - osserva Fiorini -. Possono essere utili ma bisogna fare attenzione. Perché se a livello di cartellonistica è sempre meglio esserci che non esserci, un video improvvisato in cui si appare male può fare più danni che altro».
Si ricorderà ad esempio il filmato di un candidato UDC alle ultime elezioni federali, che si avvicinava a un bambino seduto al parco Ciani di Lugano per parlargli di politica. Il video era diventato un cult, ma non nel senso auspicato dal candidato. In questa tornata elettorale ha catturato l’attenzione un video del candidato PSCarlo Zoppi, apparentemente ispirato a una scena in cui il presidente argentino Javier Milei elimina i ministeri a colpi di «Afuera!». Il luganese Zoppi invece affronta le fatture a colpi di «Pagare!», in modo talmente convincente che i conduttori del tg satirico di TeleTicino Grant Benson e Filippo Süssli si sono chiesti se non portargli anche le loro, di fatture.
Perché l’ortografia conta
Ad ogni modo Zoppi si è fatto notare. Come si è fatto notare, forse involontariamente, Lukas Bernasconi, anch’egli in corsa a Lugano. Il capogruppo leghista, reduce da oltre dieci anni di Consiglio comunale, ha voluto coniare uno slogan che facesse valere il patrimonio politico accumulato in questo periodo. «Perché l’esperinza conta», ha scritto Bernasconi, omettendo una «E» e nel contempo dimostrando che nemmeno i politici più rodati possono ritenersi immuni dagli errori da pivelli.