«Tenere ordine in Parlamento non sarà facile»
A meno di improbabili colpi di scena, la Svizzera si appresta ad avere di nuovo una prima cittadina donna, l’argoviese Maja Riniker, 46 anni, madre di tre figli, economista aziendale, consigliera nazionale PLR dal 2019, membro della Commissione della politica di sicurezza, figlia di un noto architetto che, tra le altre cose, fu un esponente del PS. «Coesione attraverso la pluralità» è il motto scelto da colei che dovrebbe essere eletta domani, lunedì 2 dicembre, alla presidenza del Consiglio nazionale.
Signora Riniker, perché ha scelto questo motto?
«Perché mi sta molto a cuore la coesione del Paese. La coesione tra le regioni, tra le diverse lingue, tra le città e le campagne, tra le generazioni. È fondamentale impegnarci a favore della coesione nazionale se vogliamo avere una Svizzera prospera e orientata al futuro».
È per questo motivo che lei frequenta dei corsi di conversazione in francese?
«Sì, ho iniziato i corsi quando sono stata eletta la prima volta in parlamento. Ritengo essenziale poter dialogare con tutte le parti del Paese. La Svizzera non è solo la Svizzera tedesca».
E l’italiano?
«Per l’italiano ho avuto la fortuna di avere Alex Farinelli come vicino di posto in parlamento. È stata un’occasione fantastica di praticare un po’ la lingua. Mi mancano le parole ma ci tengo a esprimermi anche in italiano».
Le servirà per correggere i parlamentari indisciplinati?
«(ride). No, però è vero che mantenere l’ordine in sala è davvero una grande sfida».
Chi sono i parlamentari più difficili da contenere?
«Non farò nomi. Ma quello che ho potuto notare in questi due anni di esperienza come seconda e prima vicepresidente del Consiglio nazionale è che ci sono persone che non rispettano i tempi di parola, che si comportano in modo sgarbato o che fanno troppo rumore».
Come a scuola?
«Esatto, come a scuola. L’aspetto più impegnativo della presidenza è riuscire a mantenere la disciplina in quella grande sala e nel contempo consentire un dibattito vivace. Perché in democrazia è fondamentale che ci sia una discussione aperta e franca, pur nel rispetto di certi limiti. Mi sono esercitata per due anni e adesso sono felice di affrontare questa sfida».
Lei è membro della Commissione della politica di sicurezza. È una sua scelta o è stata obbligata?
«È stata assolutamente una mia scelta. Ho sempre ambito a entrare in quella commissione».
Perché si interessa di sicurezza?
«Perché penso che la sicurezza sia l’elemento fondamentale per avere un Paese che possa mantenere il suo benessere e svilupparsi ulteriormente. La sicurezza è alla base di tutto».
Quindi dobbiamo armarci?
«La sicurezza non è solo l’Esercito, non è solo proteggere i confini. La sicurezza include anche la difesa delle condizioni di lavoro, la garanzia di una solida previdenza professionale, la possibilità di mandare i bambini a piedi a scuola senza che incorrano in pericoli. La sicurezza è alla base della nostra prosperità».
Secondo lei la Svizzera sta bene?
«Noi come popolazione svizzera stiamo bene, siamo molto privilegiati. Però è chiaro che la Svizzera è confrontata con grandi sfide su temi come le finanze, la neutralità, i rapporti con l’Europa, come anche i nostri rapporti interni nell’ambito del federalismo».
Qual è la più grande minaccia che incombe sulla Svizzera? La guerra?
«Non parlerei di minacce bensì di sfide. Come detto, sono quelle di riuscire a dialogare con l’Unione europea, di tenere in ordine i conti. La guerra non è una minaccia diretta ma ci obbliga a riconsiderare i nostri rapporti con gli altri Paesi. Allo stesso tempo penso che sia fondamentale impegnarci per la nostra coesione interna, da qui il mio motto».
Lei da bambina voleva diventare astronauta. Ha ancora questa ambizione?
«No, era un sogno da bambina, oggi mi ritengo fortunata per tutti i bei panorami che ho potuto ammirare anche senza andare nello spazio. E sono felice che la Svizzera abbia un nuovo astronauta, Marco Sieber».
Ma se Elon Musk le offrisse un passaggio nello spazio?
«Speriamo che non accada. Altrimenti mi troverei di fronte a un dilemma».
Cosa pensa di lui?
«Dobbiamo per forza parlarne?».
Non per forza. Ma secondo lei se Elon Musk venisse in Svizzera sarebbe un PLR o un UDC?
«Penso che fonderebbe un suo partito (ride)».
Lei come mai ha scelto il PLR? Suo padre faceva politica nel PS.
«Io ho maturato le mie convinzioni politiche durante i miei studi. Io non condivido l’idea che ci si debba sempre rivolgere allo Stato, che lo Stato sia responsabile di tutto. Io voglio pensare a me stessa, non voglio che sia lo Stato a farlo. Per questo mi trovo molto bene nel PLR».
Suo padre era deluso?
«Era fiero che mi impegnassi in politica, al di là delle differenze d’opinione. Lui pensava, e lo penso anch’io, che in una democrazia sia importante mettersi in gioco, partecipare al dibattito. Ognuno porta il proprio contributo».
È in quest’ottica che ha assunto la presidenza della Federazione svizzera della protezione civile?
«Sì, tengo molto all’idea del servizio alla società».
Pensa che debba esserci un obbligo di servizio anche per le donne, non per forza al militare?
«Sì, ne sono convinta».
Lei ha fatto il militare?
«No, volevo farlo, ma a 17 anni ho avuto un grave incidente che mi ha tenuta ferma a lungo. Alla visita militare sarei stata ritenuta non ideonea. Purtroppo non è stato possibile».
Oggi lo farebbe?
«Sì, lo farei subito. Penso che sia importante che ognuno dia in qualche modo un contributo alla società».