Tra Trump e Harris vince l'incertezza
A poche ore dalle presidenziali americane l'unica certezza che abbiamo è che saranno le più contese di sempre. Nessuno dei due candidati, a quanto è emerso, ha un chiaro vantaggio nei sondaggi. Specie nei sette stati chiave dove le piccole differenze sono ben al di sotto dell'errore statistico, rendendo difficile fare previsioni.
Questo significa che è altamente probabile che mercoledì mattina non ci sarà ancora il nome del vincitore. Uno scenario che ricorda da vicino quello che accadde nel 2000, quando George W. Bush fu dichiarato vincitore più di un mese dopo le elezioni, a seguito di un intervento della Corte Suprema che stabilì la vittoria del candidato repubblicano in Florida per meno di 600 voti. Anche allora i sondaggi erano estremamente incerti, con Al Gore dato di poco in vantaggio. E non è sorprendente quindi che, alla fine, Bush riuscì a conquistare appena 271 grandi elettori, giusto uno in più del minimo, un risultato che non ha equivalenti nella recente storia elettorale americana (l’ultimo caso simile si era verificato nel 1876).
Si preannuncia quindi una battaglia all’ultimo voto e questa incertezza rallenterà inevitabilmente la proclamazione del vincitore. A complicare la situazione è l’assenza di un’autorità nazionale per il conteggio dei voti, che resta a discrezione dei singoli stati. Durante la notte elettorale, sono i media – inizialmente Associated Press, poi CNN e Fox News - a dichiarare informalmente un vincitore, basandosi sui dati disponibili. Tuttavia, ogni stato adotta regole di conteggio diverse, spesso privilegiando inizialmente i voti espressi ai seggi, e poi quelli arrivati via posta. Negli ultimi anni, queste modalità di voto si sono polarizzate in base all’affiliazione politica, con i repubblicani che preferiscono votare di persona e i democratici per posta. Di conseguenza, è plausibile che stati chiave come Pennsylvania, Wisconsin, Georgia e Michigan possano sembrare inizialmente favorevoli ai repubblicani, ma virare verso i democratici durante la notte con il conteggio dei voti postali, un fenomeno noto come miraggio rosso emerso nel 2020. In una corsa così combattuta, tuttavia, questo cambiamento di tendenza rischia di alimentare accuse di brogli.
Quando i rappresentanti dei due partiti nei comitati elettorali statali notificano irregolarità, allora il conteggio dei voti in intere circoscrizioni si blocca, causando ritardi che a volte si protraggono per settimane, specie se devono intervenire i tribunali amministrativi. Questi ritardi rischiano di alimentare le teorie complottiste, già molto radicate soprattutto tra i repubblicani, per oltre due terzi convinti che nel 2020 abbia vinto Donald Trump, nonostante l’inequivocabile vantaggio di Joe Biden.
In gioco c’è, ancora una volta, la tenuta democratica del paese: se il momento più alto della partecipazione politica è segnato da incertezze e accuse, il prossimo presidente rischia di non avere la legittimità necessaria per governare. Gli Stati Uniti si troverebbero così a fronteggiare non solo una divisione politica, ma anche una profonda crisi di fiducia nelle istituzioni, con ripercussioni che potrebbero riverberarsi ben oltre i confini nazionali.