L'editoriale

Tutti a spingere il Crus, collante per il territorio

Il terzo esodo consecutivo per la finale di Coppa Svizzera da Lugano verso il Wankdorf è quello più massiccio: dodicimila persone in sfolgorante bianconero...
Paride Pelli
02.06.2024 06:00

Il terzo esodo consecutivo per la finale di Coppa Svizzera da Lugano verso il Wankdorf è quello più massiccio: dodicimila persone in sfolgorante bianconero, dodicimila voci a incitare i propri beniamini, ventiquattromila mani pronte ad applaudire un gol e a alzare le braccia al cielo in segno di giubilo

La bruciante sconfitta di un anno fa contro i padroni di casa dello Young Boys non ha minato la fiducia del popolo bianconero, al contrario: c’è una gran voglia di rivincita, di cancellare quel KO di misura e di tornare dopo due anni - era il 15 maggio 2022 - a vedere il capitano Jonathan Sabbatini elevare la Coppa verso il cielo. Il giorno dopo il Corriere del Ticino intitolava la sua prima pagina «Eccola!», con la foto del trofeo in primo piano alzato dal Crus, a splendere tra il tripudio e l’incredulità generale, dopo aver annichilito il favorito San Gallo. Un Lugano che da quel momento in poi è cresciuto ancora e che è diventato una compagine per palati fini, che gioca bene a pallone, che ottiene risultati altisonanti come l’ennesimo atto conclusivo della Coppa appunto, ma anche il secondo posto in campionato e la conseguente qualificazione ai preliminari di Champions League. Difficile chiedere di più.

È, questo, il segnale inequivocabile che la società fa sul serio - l’abbiamo ormai capito, malgrado un certo scetticismo iniziale legato a retaggi del passato e a esperienze poco edificanti per i club ticinesi, non solo il Lugano - e che il Crus è il condottiero perfetto, un forte collante sul territorio oltre che un allenatore sempre più navigato ed esperto, che fa gola a tanti club.

Se l’assetto societario tra Zurigo e Chicago brilla per programmazione e capacità gestionali, ma non per empatia, il Crus ha invece lo straordinario potere di essere l’uomo-immagine perfetto. Il Crus è tutto, lo abbiamo già detto e lo ribadiamo: senza di lui, questo Lugano, pur forte, non sarebbe lo stesso. E malgrado il mister faccia l’unanimità tra il pubblico (caso più unico che raro), da parte dei dirigenti non si è mai andati oltre a un prudente «Siamo contenti del suo lavoro e dei risultati». Dovesse arrivare la vittoria oggi a Berna, chissà che qualcuno finalmente non si sbottoni un po’ di più e non si lasci andare ad un’esclamazione di entusiasmo e a un abbraccio caloroso all’allenatore, magari con tanto di prolungamento del contratto oppure - ancora meglio - facendogliene firmare uno senza scadenza, allontanando per sempre le voci di partenza di Croci-Torti.

Sarebbe un gesto doveroso nei confronti di un mister che non ha mai guardato altrove e che nutre una fedeltà verso i colori societari che appare incondizionata. Un vero tifoso del Lugano, che se non fosse lì in panchina tarantolato, mai seduto nemmeno per un secondo, sarebbe in curva con gli amici a incitare i giocatori. Un uomo semplice e un allenatore preparato che piace a tutti, e che partendo in sordina e a suon di risultati clamorosi sembra essere riuscito a scrollarsi di dosso il detto «Nemo propheta in patria, relativo alla difficoltà, per certi talenti, di emergere in ambienti troppo familiari. Sarebbe bello, presto, magari con il nuovo stadio (a proposito: l’anno prossimo si andrà a giocare a Thun, non esattamente dietro l’angolo, e qualcuno aveva pure il coraggio di opporsi alla costruzione di un nuovo impianto, attorno al quale è imperniato tutto il Polo Sportivo e degli Eventi) - sarebbe bello dicevamo dopo questa ennesima finale e un’altra stagione-capolavoro, non solo con Croci-Torti (in possesso di un contratto comunque valido fino al 2025) ma anche con capitan Sabbatini si trovasse l’accordo per prolungare l’accordo. Sarebbe il lieto fine di una bellissima favola, a prescindere dal Servette e dal risultato di oggi a Berna.