Il reportage

Uber Eats: a Lugano c'è poco da «rider»

Ci siamo «infiltrati» tra i fattorini che cercano fortuna sul Ceresio, attirati dalle offerte di Uber - Molti arrivano da fuori Cantone, ma non sono qui per restare
© CdT / Chiara Zocchetti
Davide Illarietti
16.03.2025 06:00

In cima alla salita di Montagnola, gambe stremate e vestiti lucidi di pioggia, il telefonino squilla per l’ennesima volta. Alla proposta dell’App - Pazzallo-Paradiso, 9,63 franchi - la tentazione di disconnettersi è forte. Ma i secondi corrono, l’algoritmo incalza, e non c’è tempo per rispondere alla domanda che ogni rider fa a sé stesso, prima o poi: chi me lo ha fatto fare? Come sono arrivato fin qui?

Per le vie del centro di Lugano. © CdT /  Chiara Zocchetti
Per le vie del centro di Lugano. © CdT /  Chiara Zocchetti

Uber Eats è sbarcato a Lugano nel mese di febbraio e ha sconquassato non poco il piccolo mondo del delivery sul Ceresio. Mentre sindacati e Cantone discutono sul quadro legale, i fattorini fanno già avanti e indietro sulle strade luganesi con i loro zaini verdi. La Domenica si è unita a loro, candidandosi «in incognito» ed eseguendo una serie di consegne a domicilio nel corso della scorsa settimana. Per capire le condizioni di lavoro, e cosa succede tra il «click» e il pasto recapitato sulla soglia delle nostre case.

Il dito più veloce

Arruolarsi come fattorino non è particolarmente difficile: tutto si svolge tramite smartphone, il tempo di completare la trafila burocratica (casellario giudiziale, segnalazione al Laboratorio cantonale, moduli e firme digitali) e ordinare da Uber una borsa termica (costo: 43 franchi), dopodiché si è pronti per andare online.    

Da questo momento entra in azione l’algoritmo, a cui non fa differenza se il «corriere alimentare indipendente» è un fattorino a tempo pieno o tempo perso, un lavoratore dipendente (giornalista) o indipendente, se si muove in auto, moto o bicicletta come nel nostro caso: lavora di più chi è geo-localizzato meglio, e soprattutto chi è più veloce a muovere il dito sullo smartphone.

Assieme a un collega, in attesa di una corsa. © CdT / Chiara Zocchetti
Assieme a un collega, in attesa di una corsa. © CdT / Chiara Zocchetti

Il primo ordine arriva alle 13.02 di martedì. L’istinto è accettarlo (click) senza nemmeno guardare la destinazione. Dalla sede del Corriere del Ticino a Muzzano il navigatore di Uber conduce a un fast-food all’uscita autostradale di Lugano-Sud. Calcola un tempo di 11 minuti, sottovaluta molto la salita della Piodella. Ritirato il primo pasto (bibita, gelato, un hambuger) saliamo fino a via Ronchi, sopra l’abitato di Pazzallo. La pendenza è sfiancante anche con la pedalata assistita. Rossella, una mamma 50.enne in home-working, riceve sorridente il pasto sulla soglia. «Ero a casa da sola - si scusa - non avevo voglia di cucinare».

I trucchi del mestiere

Scendendo in centro a Lugano il pensiero va al guadagno (13.31 franchi) e al tempo terribilmente lungo impiegato (53 minuti) e scaturiscono propositi di maggiore rapidità. Fuori da una scuola un pallone da calcio attraversa la strada del rider-giornalista. Se non bastasse, sul lungolago i rimproveri degli automobilisti («imbranato, stai sulla destra») mettono in chiaro la regola numero uno dei fattorini: la velocità non deve andare a scapito della sicurezza, la concentrazione è vitale.

Il secondo ordine (10,23 franchi) è più felice e meno faticoso, senonché da Lugano-centro l’algoritmo ci rimanda a Lugano-Sud, nello stesso fast-food («Di nuovo qui? Ecco i tre gelati» sorride il commesso). Per effettuare la consegna a tre studentesse francesi in zona Paradiso - «non volevamo rischiare di arrivare tardi a lezione» - questa volta il tempo impiegato è 33 minuti in totale: un po’ meglio. 

Dislivelli e pendenze sono un problema non secondario, per i rider di Lugano. © CdT / Chiara Zocchetti
Dislivelli e pendenze sono un problema non secondario, per i rider di Lugano. © CdT / Chiara Zocchetti

Il bilancio del primo test tutto sommato è amaro (23.54 franchi in due ore di lavoro) ma non privo di utili lezioni. Il giorno dopo, su suggerimento di un collega-fattorino incontrato per strada, che arriva dal Vallese - «sì, dal Vallese, è un problema?» - aderiamo a una promozione lanciata da Uber tramite l’App. Due ore pagate a forfait: 50 franchi. Un altro trucco è posizionarsi fin dal mattino nei pressi di uno dei fast-food più frequentati del centro, in modo da essere «visti» dall’algoritmo e chiamati per primi.

Alle 10.06 arriva infatti la chiamata. Questa volta il cliente è Christian, un giovane informatico residente a Massagno, che per colazione ha ordinato hamburger, gelato e insalata («ieri sera non ho cenato») e ci svela come mai, dal suo punto di vista, Uber surclassa la concorrenza. «Con gli altri servizi di delivery avrei pagato la consegna cinque volte tanto» calcola. «Come cliente ricevo un sacco di offerte e promozioni. Immagino che non dureranno in eterno: quando finiranno valuterò se fare l’abbonamento o no».

Bisognerà vedere se, per allora, in Ticino esisteranno ancora altri servizi di consegne a domicilio. A Uber per ora non importa di rimetterci 11.65 franchi sulla consegna (il cliente ha pagato solo 2,99 franchi, su un totale di 14.64) e non importa granché neanche a Christian, che si allontana soddisfatto con la colazione. «Essendo un grande colosso - ragiona - evidentemente possono permetterselo».

Gli «stagionali» dalla Romandia

Anche i fattorini sono attirati sulle strade dalla promessa di promozioni appetitose. Tornati alla base in centro a Lugano, fuori da un grande fast-food troviamo tre colleghi in attesa, gli occhi incollati ai telefonini. Laurent, 65 anni, viene dal canton Vaud (dove a Uber è vietato operare direttamente). Dorme in una pensione ed è venuto in Ticino un mese fa appositamente per partecipare al lancio. «Nelle prime settimane in cui si inaugura il servizio in una nuova città, ci sono un sacco di offerte per i fattorini», conferma: «Lavorando sodo si racimolano buone somme, ma io lo faccio soprattutto perché mi piace».

Anche lui è attrezzato con una bici elettrica - molto più performante - e l’età e le salite del Luganese non sembrano preoccuparlo. Non è il solo venuto da fuori: Davide, 26.enne italiano, viveva a Zurigo fino a due mesi fa e anche sulla Limmat ha lavorato come rider per un’altra azienda. «Qui a Lugano il territorio è diverso e ho dovuto comprare una mountain-bike elettrica, altrimenti è un calvario» racconta. Ha speso circa mille franchi e conta di recuperarli «in una decina di giorni» pedalando sodo dall’ora di pranzo a mezzanotte. «È vero però che il guadagno maggiore si fa grazie alle promozioni - ragiona -. Quando finiranno anche per noi sarà molto meno conveniente stare qui. Non c’è abbastanza clientela».

L'acquisto della borsa termica è a carico del fattorino, come la benzina o la ricarica della batteria della bici. © CdT / Chiara Zocchetti
L'acquisto della borsa termica è a carico del fattorino, come la benzina o la ricarica della batteria della bici. © CdT / Chiara Zocchetti

Triiiin. I telefonini dei fattorini suonano quasi in contemporanea. Le dita si affrettano a cliccare («veloce, veloce, prima accetta l’ordine e poi leggi») ed esplodono abbracci di gioia. Grazie a una promozione nelle prossime due ore - dalle 11,00 alle 13.00 - saranno tutti pagati 25 franchi l’ora, eseguendo un minimo di una consegna. «Il problema è che poi l’algoritmo ci tempesterà di ordini per farci fare il maggior numero di corse» sussurra Manuel, un 50.enne rumeno arrivato dal canton Argovia. Divide una camera in un bed&breakfast con un altro rider di Losanna, e conta di rimanerci «giusto qualche settimana, finché non finiranno le offerte speciali». Anche qui c’è un trucco. «Dopo aver fatto un ordine vattene lontano dal centro, fuori città. Là l’algoritmo non ti trova e puoi riposarti». Gli altri annuiscono e sembrano legati da un patto. Imboscarsi è quasi un dovere morale. «Non tornare qui in zona prima della fine della promozione, altrimenti rubi il lavoro agli altri» intima Manuel, quasi minaccioso.

E allora via: l’algoritmo ordina di andare a Grancia, ritirare il pasto per il cliente Cheng che si trova in cima a Montagnola. Uber dice 10 minuti, Google Maps 20: entrambi omettono che la salita è da agonismo (via Civra, pendenza 50 per cento) e arriviamo dopo oltre mezz’ora. Cheng si scopre essere un inconsapevole studente alla scuola americana, che per compensare il sudore lascia una mancia di 6 franchi: la prima e ultima.

Magro bottino

E adesso? Chiedere a qualcuno di fare un’altra corsa a questo punto, o qualsiasi cosa che non sia un bagno caldo e una dormita, potrebbe sembrare disumano. Ma l’algoritmo non è umano. Con un trillo ci rispedisce a Pazzallo - il solito fast-food - e da lì di nuovo a Paradiso, nell’hotel dove soggiorna un cliente spagnolo. Poi è il turno di un ristorante cinese in viale Cattaneo, e da qui di nuovo a Massagno in una casa per anziani.

La batteria della bicicletta è ormai scarica. Torniamo in centro a salutare i colleghi e a fare i conti: la App riporta un guadagno di 114.19 franchi, sette consegne, in cinque ore di lavoro effettivo spalmate su tre giorni. Ma le ore diventano quasi il doppio contando i tempi morti e i pranzi saltati. I colleghi sono abituati: dicono che vanno avanti fino a mezzanotte. «Non fermarti - rimproverano - lavora sette giorni su sette, finché ci sono le promozioni». Meglio di no. Nei giorni successivi la App squillerà ancora, ma la lasciamo squillare. A ognuno il suo mestiere.

Numeri in crescita

Uber Eats è sbarcato in Ticino a febbraio con 10 corrieri e 14 ristoranti convenzionati. Oggi i corrieri sono 20 e i ristoranti 28. Il colosso, contattato, si dice molto soddisfatto della richiesta.

«Sosteniamo l’economia locale»

La piaffatorma permette di «guadagnare in modo flessibile e secondo le proprie preferenze» sottolinea un portavoce. «Prendiamo sul serio la questione delle loro condizioni lavorative. Il nostro impegno rimane quello di migliorare il lavoro indipendente in Svizzera, sostenendo al contempo l’economia locale». Quanto alle accuse di nascondere dei rapporti di lavoro dipendente, Uber stottolinea che i corrieri «sono liberi di accendere e chiudere l’app quando vogliono» e il 75% di loro lo usano meno di 15 ore la settimana.

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