Ulisse Albertalli inseguito dal fisco
La quiete del buen retiro spagnolo di Ulisse Albertalli è stata turbata negli scorsi giorni da una pubblicazione sul Foglio ufficiale. L’ex «re dei bordelli», oggi tranquillo pensionato in terra iberica, si è visto inserire nella lista dei destinatari di precetti esecutivi che risultano «irreperibili o che persistono a sottrarsi alla notificazione».
Gli importi che vengono chiesti all’ex gestore dell’Oceano di Pazzallo non sono indifferenti. L’Amministrazione federale delle contribuzioni pretende il versamento di oltre 1,1 milioni di franchi. Tasse non pagate che ora Berna vorrebbe finalmente incassare.
Lasciato «in mutande»
«E dove vado a prendere tutti questi soldi? - si chiede Albertalli -. Mi hanno sequestrato tutto, mi hanno lasciato in mutande. Se con mia moglie ci siamo trasferiti in Spagna è proprio perché con 3.800 franchi al mese di pensione non riusciremmo più a vivere in Svizzera. Ora con l’aumento dei premi di cassa malati saranno altri 80 franchi che mancheranno all’appello. Figuriamoci se posso pagare cifre così esorbitanti».
Tanto più che, secondo Albertalli, si tratta di richieste assolutamente ingiustificate, basate su stime esageratamente ottimistiche. «Questi qua pensano che all’interno dell’Oceano ci fossero le vacche che facevano il latte d’oro - afferma -. Hanno calcolato cifre assurde senza considerare che nell’attività a luci rosse ci sono anche dei periodi più calmi, per esempio sotto Natale o in estate. In Ticino io avevo fatto un accordo con il fisco e ogni mese mandavo loro 70.000 franchi. Sapevo che era troppo ma preferivo pagare di più che espormi al rischio di subire dei blitz, che avrebbero fatto scappare le ragazze e avrebbero avuto pesanti ripercussioni sull’attività. Da parte mia ho sempre fatto tutto correttamente. Mi è stato riconosciuto anche dalla giustizia. Se poi c’è qualcun altro che ha fatto il furbo, questo non dipende da me. Ma visto che all’epoca figuravo come amministratore unico, loro vengono a cercare me».
Le accuse e il proscioglimento
Sebbene siano ormai dieci anni che Albertalli non ha più nulla a che fare con il locale a luci rosse più grande del Ticino. Ne era stato estromesso in maniera burrascosa nel 2014, a seguito di dissidi interni. L’anno seguente fu rinviato a giudizio dall’allora procuratore generale John Noseda con le pesanti accuse di frode fiscale, usura aggravata e promovimento della prostituzione. Ma nel 2018 il giudice Amos Pagnamenta lo prosciolse da tutte le accuse e gli riconobbe un risarcimento danni. Da allora il 75.enne mesolcinese si è limitato a osservare la decadenza del settore a luci rosse da lontano, per buona parte dell’anno dalla Spagna.
Fastidioso fino a un certo punto
«Non è la prima volta che il fisco torna a bussare alla mia porta per questioni legate all’Oceano - spiega Albertalli -. È qualcosa che mi dà fastidio, perché io so di avere sempre pagato le imposte. Quando ero amministratore ho sempre fatto tutto il possibile per evitare rogne. La giustizia ha riconosciuto che ho agito correttamente. Ora non capisco perché dopo tutti questi anni la Confederazione venga ancora a cercare me. Se c’è qualcuno che ha sbagliato, non sono di certo io».
Il «fastidio» di essere inseguito dal fisco non scalfisce tuttavia più di tanto il proverbiale buonumore di Albertalli. «Io sono un ottimista, ho sempre guardato solo l’aspetto positivo di tutte le cose - afferma -. Ancora oggi non smetto di sorridere alla vita, nonostante stia diventando cieco da un occhio, abbia diversi problemi di salute e con mia moglie si faccia ormai una vita un po’ da reclusi. Ma va bene così. E se lo Stato vuole inseguirmi con le sue richieste insensate, veda un po’ lui. A me non cambia la vita».